Una canzone di Alchemist
Di quelle tenute insieme da una trovata sola piccola
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Ieri Giorgia Meloni ha citato – in mezzo a mille altre cose-nomi-città che ha citato nel suo discorso alla Camera – Roger Scruton, con cui ho un vecchio rapporto sentimentale: scrissi di lui, essendone fino ad allora molto ignorante, uno dei miei primi articoli quando ero appena arrivato a Milano 23 anni fa, per Panorama. Parlava di lui e della causa che gli avevano fatto i Pet Shop Boys, che poi la vinsero .
Andrew Bird, stimato cantautore di Chicago quasi cinquantenne di cui una volta parleremo meglio, ha fatto una bella canzone ispirata a una poesia di Emily Dickinson, e l’ha cantata assieme a Phoebe Bridgers (che invece ne ha 28 ed è andata molto forte negli ultimi anni: forte come può andare una cantautrice rock, eh, non stiamo parlando di Taylor Swift).
Anche Philip Selway, batterista dei Radiohead , ha pubblicato una nuova canzone (il disco uscirà a febbraio).
Invece Adele aveva paura ci fossimo già dimenticati di lei e ha messo online un altro video dal disco di un anno fa, peraltro di una delle canzoni migliori, I drink wine .
È uscito un libro di Trevor Horn , una sua biografia professionale piena di storie, dischi, aneddoti e canzoni: per coincidenza con l’articolo di cui sopra, c’è un capitolo su Left to my own devices , il disco dei Pet Shop Boys che fu prodotto da Horn.
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Stasera una cosetta, di quelle tenute insieme da una trovata sola piccola, e vorreste che fosse stata più elaborata, o che almeno durasse il doppio: capita con molti pezzi hip-hop, che non solo recuperano buone cose altrui, ma le tirano fuori dal loro contesto e le esaltano, piccole come sono.
Questa era proprio piccola: il passaggio orchestrale che si ripete per due minuti è una citazione di The long and winding road che fu registrata all’inizio della cover di un’altra canzone famosa ( Laughter in the rain ). Ma appunto, prendiamola dall’inizio.
Neil Sedaka fu un cantante americano di enorme popolarità negli anni Sessanta e Settanta: da ragazzo lo sentivo nominare e lo confondevo con Paul Anka, ma quelle desinenze simili per due famosissimi del tempo che facevano cose abbastanza simili (precoce rock’n’roll e ballate da crooner) si spiegavano – un po’ – con l’essere entrambi discendenti di famiglie immigrate negli Stati Uniti dal Medio Oriente. Sedaka si scriveva le canzoni (per esempio Oh, Carol , video stupendo ) e nel 1974 pubblicò Laughter in the rain , che andò fortissimo (lui è ancora vivo , eh).
Nel frattempo, altrove geograficamente e musicalmente, si erano fatti largo la musica giamaicana e lo ska, che con varie evoluzioni avrebbero occupato un pezzo di tre decenni del pop-rock occidentale: tra le band più precoci e illustri c’erano gli Skatalites, con cui nel tempo hanno suonato molti musicisti, ma uno dei fondatori si chiamava Jackie Mittoo , e pubblicò anche molti dischi da tastierista da solo sempre tra la fine dei Sessanta e i Settanta: all’inizio di un suo disco del 1975 mise una cover di Laughter in the rain che iniziava con una breve elaborazione del tema di The long and winding road , una canzone di una band di Liverpool che aveva avuto un gran successo negli anni precedenti grazie a una grande creatività pop.
E arriviamo all’anno scorso, quando pubblica un disco (con bellissima copertina ) il musicista, deejay, produttore, rapper che si fa chiamare The Alchemist, e che è uno dei più stimati nei giri hip-hop americani: lui ha 45 anni, è californiano, ha fatto musica con questo e quello, molto con Eminem. Il disco è breve, ha dentro una decina invenzioni che durano sì e no due minuti ciascuna con altri illustri coinvolti, e inizia con Nobles , che a sua volta – sovrapponendola al passaggio che abbiamo celebrato fin qui – inizia con una citazione dalla Storia infinita , il film (quello della canzone di Limahl , se oggi vogliamo metterci dentro proprio di tutto, e mi fermo prima di arrivare ai Kajagoogoo ).