Fotografie da una cittadina in Wisconsin
Un po' sinistre e fuori dal tempo, scattate in bianco e nero da Alessandra Sanguinetti per esplorare il legame tra fotografia e morte
Black River Falls è una cittadina in Wisconsin di poco più di 3mila abitanti che nel 1973 fu il soggetto di Wisconsin Death Trip, un libro di successo di Michael Lesy in cui lo scrittore e saggista mise insieme ritagli di giornale e fotografie di fine Ottocento per parlare della durezza della vita rurale della zona. Questo libro ha a sua volta avuto un ruolo nella vita della fotografa Alessandra Sanguinetti, che ispirata da quel lavoro è tornata a Black River Falls per scattare fotografie un po’ sinistre e fuori dal tempo alla cittadina e ai suoi abitanti. Le foto sono ora raccolte nel libro Some Say Ice, pubblicato da MACK.
Nel libro di Lesy, i ritagli di giornale parlavano di incidenti, notizie bizzarre o tragiche nei dintorni di Black Rivers Falls. Le foto, scattate dal fotografo locale Charles Van Schaick, mostravano la gente del posto e includevano anche una serie di ritratti post mortem di bambini nelle loro bare. Ebbe un successo tale da essere citato e aver più volte ispirato vari prodotti culturali, tra gli altri un film di successo omonimo del 1999, del regista James Marsh.
Sanguinetti si imbatté per la prima volta in Wisconsin Death Trip da bambina, libro a cui attribuisce la responsabilità non solo di averla introdotta alla fotografia, ma di averla anche spinta a pensare per la prima volta alla connessione tra vita, morte e fotografie (non a caso il libro di Lesy inizia dicendo: «Le immagini che stai per vedere sono di persone che un tempo erano effettivamente vive»). Da qui la scelta di andare a Black River Falls più volte a partire dal 2014 per esplorare quel legame.
Il titolo della raccolta che ne è seguita è ispirato alla poesia Fire and Ice di Robert Frost, che si interroga sulla fine del mondo e la morte di ciascuno.
La fotografa ha spiegato al New Yorker che un altro merito del libro è stato di averla introdotta al fatto che la storia di ciascuno sia soggettiva, non sempre limitata a fatti e date, ma anche a stati d’animo e sensazioni che in Some Say Ice emergono da fotografie misteriose e fuori dal tempo, in un’atemporalità ricercata. Come spiegato nella presentazione del volume, «portando nella superficie delle sue immagini un sentore di dubbio e oscurità, Sanguinetti allude a cose assenti o invisibili, giocando su atmosfere reali e immaginarie, nonché sulla possibilità spettrale di annullare la morte attraverso l’atto della fotografia».
Il photoeditor Kenneth Dickerman ha scritto sul Washington Post: «Quando sfoglio Some Say Ice sono avvolto da un’atmosfera misteriosa e oscura, non dissimile dal guardare un film horror».
Inizialmente Sanguinetti si è approcciata al lavoro andando a matrimoni, funerali, recite scolastiche e eventi della comunità, per ricreare l’unicità delle fotografie di una volta, quando farsi fotografare era un evento raro che sanciva momenti importanti e la prova tangibile dell’esistenza delle persone ritratte. Tra le foto ci sono una bambina con una frangetta arricciata, famiglie, ragazzini del coro, ma anche zoccoli e animali, interni ed esterni di case e altre immagini che danno una visione più estesa del contesto della cittadina. Nel caso di questa foto di due sorelle, Sanguinetti ha anche ricreato lo sfondo di alcune delle foto di Van Schaick.
Alessandra Sanguinetti è nata a New York nel 1968 ed è cresciuta in Argentina, dove ha vissuto dal 1970 al 2003. Dal 2007 fa parte dell’agenzia Magnum e le sue pubblicazioni precedenti includono On the Sixth Day (2005), Sorry Welcome (2013), Le Gendarme Sur la Colline (2017), The Adventures of Guille and Belinda e The Illusion of An Everlasting Summer (2020), questi ultimi due sulla storia di due cugine e del loro diventare grandi insieme.