Il governo di Giorgia Meloni ha ottenuto la fiducia anche al Senato
Come ampiamente previsto: i voti favorevoli sono stati 115, i contrari 79 e gli astenuti 5
Il Senato ha approvato la mozione di fiducia al governo di Giorgia Meloni presentata dalla maggioranza: i voti favorevoli sono stati 115, i voti contrari 79 e gli astenuti 5. I senatori presenti erano 200 (su 206, compresi i senatori a vita).
Dopo aver ottenuto martedì la fiducia alla Camera dei deputati con 235 voti favorevoli, oggi al Senato Meloni non ha tenuto un nuovo discorso con le dichiarazioni programmatiche di inizio mandato: dalle 13 alle 17:30 circa si è tenuta direttamente la seduta con gli interventi dei senatori sul discorso già fatto davanti ai deputati (martedì Meloni era andata al Senato per depositarne il testo, subito dopo aver finito di parlare).
Non ci sono stati interventi particolarmente notevoli. Tra i senatori di maggioranza si è fatta notare la senatrice Licia Ronzulli di Forza Italia: si era parlato molto di lei durante le trattative per la formazione del governo, per un presunto veto imposto da Meloni sulla sua nomina a ministra. Ronzulli ha garantito a Meloni che «non sarà mai sola» e che Forza Italia la sosterrà «con lealtà»: un modo per mostrare la maggioranza unita, dopo settimane di scontri interni soprattutto fra il suo partito e quello di Meloni, Fratelli d’Italia.
Tra gli interventi dell’opposizione uno dei più commentati è stato quello della senatrice Ilaria Cucchi, eletta con l’alleanza Verdi-Sinistra, che ha parlato degli scontri avvenuti martedì all’università La Sapienza di Roma tra alcune decine di studenti e la polizia: gli studenti manifestavano contro un convegno organizzato da Azione Universitaria – un’associazione di studenti ideologicamente vicina alla destra – a cui sarebbero dovuti intervenire esponenti di Fratelli d’Italia. Cucchi ha contestato i metodi violenti della polizia, dicendo che gli studenti sono stati «affrontati come terroristi».
Nella sua replica, iniziata intorno alle 17:45, Meloni ha risposto direttamente a Cucchi, criticando la manifestazione degli studenti «che facevano un picchetto per impedire ad altri di dire la loro». Non ha però risposto sull’azione delle forze dell’ordine, che dai video che sono circolati è apparsa molto violenta, come Cucchi aveva sottolineato.
Meloni ha poi risposto a molte altre critiche che le erano state mosse durante la giornata, attaccando i precedenti governi su molte delle questioni sollevate. Ha detto per esempio che sulla pandemia sono state prese decisioni senza sufficienti evidenze scientifiche, arrivando ad affermare che i giovani sono stati costretti a fare un vaccino sulla cui efficacia «la comunità scientifica internazionale non era d’accordo»: in realtà le agenzie per i medicinali nazionali e internazionali hanno sempre ribadito che i benefici dei vaccini approvati contro il coronavirus superavano di gran lunga i rischi, in ogni caso molto bassi.
In generale Meloni ha cercato di essere un po’ più specifica su alcuni temi, come già aveva fatto durante la replica alla Camera: ha detto per esempio di non essere d’accordo sul salario minimo come misura di contrasto al «lavoro povero» e di voler invece puntare sull’estensione dei contratti di lavoro nazionali e sulla contrattazione collettiva dei sindacati. Ha ribadito la volontà di realizzare la cosiddetta “flat tax” e di voler alzare il tetto del contante, cioè il limite dei pagamenti che si possono fare in contanti: attualmente la soglia è di duemila euro, ma la Lega ha già depositato una proposta di legge per alzarla fino a diecimila.
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Meloni e i ministri del suo governo sono formalmente entrati in carica già dopo la cerimonia ufficiale di giuramento, che si è tenuta sabato, ma per svolgere la propria attività hanno bisogno della fiducia delle camere, dove ci sono i rappresentanti eletti dai cittadini. Il passaggio del nuovo governo dalle camere per ottenere la fiducia è stabilito dall’articolo 94 della Costituzione, che lo prevede entro 10 giorni dalla loro formazione: in entrambe le camere c’è bisogno della maggioranza dei voti.
Il voto di fiducia avviene per appello nominale dei parlamentari, che esprimono pubblicamente la propria preferenza: è un meccanismo pensato per avere una maggioranza politica stabile, garantendo che chi vota la fiducia si assume la responsabilità di sostenere il governo. La fiducia chiesta dal governo al momento dell’insediamento è infatti fondamentale per la sua tenuta: se non la ottiene, o se la perde a un certo punto, il governo cade.
Dopo i voti di fiducia, il primo compito del parlamento dal 27 ottobre sarà quello di formare le commissioni permanenti, gli organi collegiali del parlamento che hanno specifiche competenze su una materia e sono incaricati di esaminare i disegni di legge prima che vengano discussi in aula. Le commissioni dovrebbero eleggere i rispettivi presidenti nella settimana che inizia il 7 novembre.
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