Il prezzo del gas sta scendendo
Per la prima volta da mesi è sotto ai 100 euro al megawattora: le prossime bollette potrebbero essere più basse, ma non è detto duri
Il prezzo del gas è sceso sotto i 100 euro al megawattora e lunedì ha chiuso a 99,6 euro: è un calo molto forte rispetto al picco di agosto, quando le quotazioni sorpassarono i 300 euro. Al di là delle oscillazioni di giornata, il prezzo del gas sta ormai scendendo da mesi, ed è arrivato al livello di giugno, quando la Russia iniziò a destabilizzare il mercato tagliando le forniture ai paesi europei.
I motivi di questo calo sono vari e tutti ugualmente validi. L’autunno è per ora insolitamente mite, cosa che ha consentito di ritardare l’accensione dei riscaldamenti, i consumi di gas ad agosto e settembre sono stati sotto la media degli scorsi anni, e gli stoccaggi europei, accumulati durante l’estate, sono quasi pieni. In Europa c’è quindi più gas di quanto ne serva al momento, cosa che ha fatto abbassare la domanda. Inoltre sembra essere ormai piuttosto concreta la prospettiva che l’Unione europea applichi un meccanismo che limiti il prezzo della materia prima, e questo in minima parte tiene al ribasso le aspettative sulle quotazioni.
Questa nuova condizione del mercato dovrebbe riflettersi sulle bollette, con rincari più bassi del previsto o anche con una riduzione delle tariffe, a seconda dei contratti. Tuttavia, è probabile che con l’arrivo del freddo le quotazioni torneranno a salire.
Sul Title Transfer Facility (TTF), il mercato olandese di riferimento per le contrattazioni in Europa, il prezzo è calato di oltre la metà rispetto a fine settembre e del 70 per cento rispetto ai massimi toccati in agosto.
In Europa c’è fin troppo gas, tanto che, come fa notare Sissi Bellomo sul Sole 24 Ore, sul mercato olandese il prezzo orario, quello ossia che garantisce la consegna immediata del gas, lunedì è addirittura sceso brevemente in negativo, a circa meno 15 dollari per megawattora. Di fatto chi aveva gas a disposizione per qualche momento della giornata si è offerto di pagare pur di liberarsene. Un po’ come era successo al prezzo del petrolio durante il primo lockdown del 2020.
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La domanda di materia prima è debole
L’andamento delle quotazioni del gas è guidato da una domanda che nell’ultimo periodo è stata piuttosto debole. Innanzitutto a causa di condizioni climatiche favorevoli. La prima parte dell’autunno è stata molto mite e sta consentendo di rimandare l’accensione dei termosifoni. I consumi di gas sono quindi notevolmente più bassi rispetto alla media degli scorsi anni e lo resteranno finché non si accenderà il riscaldamento. A tenere ancora più bassa la richiesta di gas si è aggiunto anche un aumento dei venti nel Nord Europa, che ha consentito di sfruttare di più l’energia eolica e di ridurre la necessità di gas da bruciare nelle centrali termoelettriche.
La seconda ragione per cui la domanda di gas è bassa è che le aziende hanno davvero iniziato a consumarne molto meno e a operare politiche di razionamento. I consumi di gas dell’industria italiana registrati da Snam attualmente sono il 22 per cento in meno rispetto all’anno scorso. A questi livelli di prezzo della materia prima le industrie cosiddette energivore, come quelle della carta, del vetro e della ceramica, hanno spesso più convenienza a fermare la produzione che altrimenti sarebbe in perdita.
Qui il calo dei consumi di gas diretti da parte dell'industria italiana.
Come si può notare, il calo si allarga nel corso del tempo. A ottobre siamo ormai a -22% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso.Non sono buone notizie, ovviamente. pic.twitter.com/XfRvcEYkjg
— Matteo Villa (@emmevilla) October 24, 2022
Gli stoccaggi sono pieni
Altro elemento che contribuisce non poco a tenere più basse le quotazioni è da ricondurre al fatto che i paesi europei hanno quasi tutti riempito gli stoccaggi di gas. Si tratta di vecchi giacimenti di gas che, dopo essere stati sfruttati, da vuoti vengono riutilizzati per depositarvi il gas acquistato nel corso dell’estate da usare come riserva per l’inverno. Il gas dei depositi viene poi messo in rete a seconda dei bisogni del mercato.
In quasi tutti i paesi europei gli stoccaggi sono pieni per oltre il 90 per cento: è un obiettivo che a livello europeo avrebbe dovuto essere raggiunto entro novembre. La media nell’Unione europea è del 93 per cento di riempimento degli stoccaggi. Durante l’estate i paesi europei hanno acquistato consistenti quantità di gas per il riempimento delle scorte, motivo per cui hanno contribuito in larga parte a tenere i prezzi molto alti. Ora che gli stoccaggi sono pieni, e il clima mite, gli acquisti sono notevolmente rallentati.
In Italia sono operativi 13 punti di stoccaggio di gas, pieni al 94 per cento, poco sopra la media europea. Queste riserve hanno un ruolo chiave per la sicurezza energetica perché garantiscono l’approvvigionamento e consentono di bilanciare il mercato tra domanda e offerta. Il ricorso agli stoccaggi in tempi normali serve per attingere alla materia prima che è stata pagata meno rispetto ai prezzi correnti di mercato, soprattutto durante i picchi di consumo dell’inverno quando le quotazioni tendono a essere più alte.
La capacità italiana è di circa 17 miliardi di metri cubi di gas, che comprendono anche le cosiddette riserve strategiche nazionali per le emergenze, pari a circa 4,5 miliardi di metri cubi. In teoria, il complesso delle scorte potrebbe offrire oltre un terzo del consumo invernale (pari a circa 50 miliardi di metri cubi di gas, per un totale annuo di circa 76), ma in condizioni normali si usano per non più del 25-28 per cento del fabbisogno. La restante parte è garantita dalle importazioni e dalla produzione nazionale, la quale però è residuale e pari circa al 4 per cento del fabbisogno.
Questo inverno invece è possibile che le riserve vengano usate molto di più. Dall’inizio dell’anno ad oggi, l’Italia ha importato dalla Russia solo 10 miliardi di metri cubi, contro i circa 23 degli anni passati. Ne mancano quindi 13. In questi mesi la differenza non si è sentita: le importazioni sono state costanti anche grazie al lavoro di diversificazione delle fonti, che stanno fornendo gas già alla massima capacità. Ma ora che la domanda aumenterà, l’ISPI (Istituto per gli Studi di politica Internazionale) stima che potrebbero arrivare a mancare fino a 3 miliardi di metri cubi.
Secondo questi calcoli, se le importazioni e il consumo dovessero restare come quelle attuali, l’Italia potrebbe trovarsi a dover attingere alle riserve strategiche. Tutto dipenderà da quanto sarà freddo l’inverno, e quindi da quanto sarà alta la domanda per il riscaldamento.
Ma dipenderà anche dal buon senso nell’uso dell’energia da parte dei cittadini, che devono comunque seguire le linee del piano italiano per il risparmio energetico (che aveva già ritardato per legge l’accensione del riscaldamento). Se la riduzione che si prevede non dovesse rivelarsi realistica o non dovesse bastare, se per esempio la Russia tagliasse ulteriormente le forniture, si potrebbe arrivare a un razionamento.
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Le prossime bollette saranno più basse?
La speranza dei consumatori e delle aziende è che i ribassi degli ultimi mesi portino a bollette più basse. A inizio novembre l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) definirà le nuove tariffe del gas, che per la prima volta si baseranno sui consumi effettivi (e non sulle stime di consumo), e saranno su base mensile (e non su base trimestrale come avveniva fino a settembre).
Nel calcolo del prezzo del gas, saranno considerate tutte le quotazioni di ottobre, che sono state più basse rispetto ai mesi scorsi. È lecito quindi attendersi che le bollette del gas dovrebbero ridursi già a novembre. Sarà però difficile confrontare le nuove tariffe con quelle dei trimestri precedenti, che venivano calcolate in modo diverso.
Il calcolo delle tariffe dell’elettricità, invece, resterà trimestrale: quindi le eventuali riduzioni si vedranno solo a gennaio, visto che l’ultimo ricalcolo è stato fatto a inizio ottobre.
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