Xi Jinping è diventato ancora più potente
Al Congresso Nazionale del Partito comunista cinese ha rinnovato la dirigenza con uomini a lui molto vicini, avviando il suo terzo mandato
Sabato in Cina si è concluso il ventesimo Congresso Nazionale del Partito comunista cinese (PCC) e domenica, come previsto, Xi Jinping è stato riconfermato per un inedito terzo mandato come Segretario generale, presidente della Repubblica Popolare e capo delle Forze Armate. Al Congresso sono stati anche rinnovati i sette membri del Comitato permanente del Politburo, l’organo esecutivo ristretto attraverso cui il Partito governa la Cina: ora sono tutti uomini molto vicini a Xi Jinping, che è ormai il leader cinese più longevo e potente dai tempi di Mao Zedong.
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Il Congresso Nazionale del Partito comunista cinese si tiene ogni cinque anni a Pechino ed è un momento fondamentale per la leadership del paese, sia per quanto riguarda il proprio indirizzo che per la propria composizione. Al congresso partecipano circa 2.300 delegati da ogni parte della Cina e vengono selezionati tutti i dirigenti che guideranno il partito per il quinquennio successivo.
La riconferma di Xi Jinping come leader per un terzo mandato è piuttosto inusuale: le norme e le regole che negli ultimi quarant’anni avevano garantito la stabilità della politica cinese prevedevano che il presidente in carica venisse sostituito dopo dieci anni (quindi due mandati). Il limite dei due mandati era stato eliminato proprio durante la leadership di Xi Jinping, con una riforma del 2018: Xi Jinping è in carica da esattamente dieci anni, quindi dal 2012, ed era dato per scontato che con questo Congresso non venisse sostituito, anche alla luce del potere accumulato nei primi due mandati.
Già nel discorso di apertura del Congresso il presidente cinese aveva fatto capire molto chiaramente di essere intenzionato a governare e di volerlo fare coi mezzi e i metodi usati finora: tra le altre cose Xi Jinping ha ribadito la propria linea molto rigida sulla strategia “zero-COVID” e confermato di voler procedere come ha fatto finora anche sulle relazioni internazionali. Xi Jinping ha lodato l’operato del governo cinese a Hong Kong, la regione su cui la Cina ha progressivamente guadagnato sempre più controllo e smantellato organi e istituzioni democratiche, e ha ribadito di essere intenzionato a perseguire la «riunificazione» con l’isola di Taiwan.
Xi Jinping ha anche insistito sull’importanza della sicurezza prima ancora che sulla crescita economica, descrivendo la prima come una condizione necessaria alla seconda: su Project Syndicate l’analista cinese Yuen Yuen Ang ha scritto che anche questo tipo di retorica è piuttosto inusuale per il Partito comunista cinese, e che va letta come uno degli strumenti di Xi Jinping per rafforzare il proprio potere.
Uno degli eventi più attesi del Congresso – e un’altra chiara conferma di quanto Xi Jinping stia consolidando il proprio controllo – è stata poi la nomina dei sette membri del Comitato permanente del Politburo, l’organo più potente del partito.
Come previsto, Xi Jinping ha rimosso i dirigenti più moderati e meno allineati, includendo invece quelli che negli ultimi cinque anni avevano attuato con più convinzione le sue linee politiche. I nuovi membri del Comitato permanente del Politburo sono «tutti fedeli a Xi», ha detto ad Associated Press Jean-Pierre Cabestan, esperto di politica cinese della Hong Kong Baptist University, secondo cui «non c’è alcun contrappeso, controllo e bilanciamento» nel sistema politico cinese.
Una delle sostituzioni più commentate è stata quella di Li Keqiang, attuale primo ministro cinese, che su alcuni temi soprattutto di gestione economica aveva posizioni piuttosto distanti da quelle di Xi Jinping: Li Keqiang è stato sostituito con Li Qiang, 63 anni, il capo del partito a Shanghai, la città in cui nei mesi scorsi c’erano state grosse e partecipate proteste contro il governo cinese per le durissime restrizioni imposte (proprio attraverso Li Qiang) per il coronavirus. È stato rimosso dal Comitato permanente del Politburo anche Hu Chunhua, vice primo ministro considerato in bilico come membro del Comitato anche nei giorni scorsi, e Wang Yang, altro moderato.
Secondo Victor Shih, specialista di politica e finanza cinese all’Università della California a San Diego, dal Comitato centrale è uscita soprattutto «la generazione di tecnocrati che hanno sia una formazione professionale che profondi legami con la comunità finanziaria globale», e sono stati rimpiazzati da «banchieri provinciali di carriera che hanno un passato di esecuzione delle politiche del partito».
Oltre a rinnovare i membri del Comitato Xi Jinping ha anche fatto approvare alcune modifiche alle norme del partito per concentrare ancora di più il potere su se stesso: l’idea di molti analisti è che resterà al potere a vita.