I parchi giochi per bambini non ci sono sempre stati
Nacquero a metà Ottocento e diventarono fondamentali qualche decennio dopo, quando sulle strade cominciarono a diffondersi le auto
I parchi giochi sono spazi integrati nell’architettura delle città e dei centri abitati più o meno in tutto il mondo e sono luoghi in cui i bambini possono giocare e fare movimento, ma anche socializzare, imparare e sviluppare nuove abilità quando non si trovano a casa o a scuola. Secondo molte ricostruzioni i primi spazi progettati appositamente per questo scopo risalgono a metà Ottocento: si sono poi evoluti e diffusi grazie a uno dei cambiamenti più importanti della società moderna.
I bambini hanno sempre giocato all’aperto in gran parte delle culture, normalmente per strada. L’idea che quelli in età prescolare dovessero avere a disposizione un posto in cui farlo e al tempo stesso esprimersi e imparare fu dello psicologo tedesco Friedrich Fröbel. Attorno al 1840 Fröbel ideò e mise in pratica il concetto di “kindergarten”, letteralmente giardini per bambini dedicati all’apprendimento, in cui potessero sviluppare le proprie abilità attraverso il gioco, la danza e varie altre attività (ancora oggi in tedesco e in inglese le scuole dell’infanzia sono conosciute con questo nome).
Negli anni seguenti sempre in Germania si diffusero anche i cosiddetti giardini di sabbia, che erano appunto delle specie di recinti all’aperto in cui i bambini potevano giocare con la sabbia. Questi giardini si possono considerare i primissimi parchi giochi: si diffusero anche negli Stati Uniti, dove erano conosciuti come “sand gardens” o “sand boxes” ed erano concentrati soprattutto nelle aree più povere e abitate dalle famiglie di immigrati. In qualche caso avevano anche delle altalene e servivano più in generale come spazi per organizzare giochi di vario tipo tra i bambini.
Si ritiene che il primo parco giochi di questo tipo negli Stati Uniti fu aperto nel 1885 a Boston. Negli anni successivi ne furono costruiti di sempre più attrezzati anche nelle altre città del paese. Una legge dello stato di New York approvata nel 1895 prevedeva per esempio che tutti gli edifici scolastici dovessero avere un parco giochi annesso.
Sempre a metà dell’Ottocento erano apparsi i primi parchi pubblici attrezzati per far fare attività fisica ai bambini anche in Inghilterra. Come ha raccontato lo storico dell’Università del Kent Jon Winder, in questi parchi si potevano trovare per esempio campi di volano, sbarre, corde per gli esercizi e strutture per arrampicarsi. Non erano tuttavia spazi pensati specificamente per il gioco, bensì per fare in modo che i bambini delle fasce più povere della popolazione crescessero sani e forti e diventassero adulti robusti, per poter poi lavorare. Un po’ come succedeva negli Stati Uniti, era frequente che questi spazi si trovassero nei quartieri più poveri delle città, e nella gran parte dei casi le aree per bambine e bambini erano separate.
Le cose cominciarono a cambiare a inizio Novecento, quando l’imprenditore e filantropo inglese Charles Wicksteed creò un parco pubblico con un parco giochi attrezzato dedicato allo svago di bambini e adulti a Kettering, a est di Birmingham, dove aveva stabilito la sua azienda di componenti meccaniche. Le prime giostre – tra cui altalene, caroselli e scivoli – furono prodotte dalla stessa azienda di Wicksteed e installate nel 1917. Il parco fu aperto quattro anni dopo e ne ispirò molti altri in tutta l’Inghilterra. L’azienda ebbe grande successo e vendette le proprie giostre a circa 4mila parchi giochi in varie città del paese, racconta Winder.
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Secondo le ricostruzioni citate nel libro L’azione delle società di Croce Rossa estere in Italia nella Grande Guerra, curato dal medico psichiatra Filippo Lombardi, fu proprio tra il 1917 e il 1918 che aprì il primo parco giochi per bambini in Italia.
Nel libro si racconta che tra le varie attività di assistenza rivolta ai militari e alla popolazione civile in Italia durante la Prima guerra mondiale la Croce Rossa Americana aprì un parco giochi dove i bambini di Milano potessero giocare e riposarsi, fornendo anche i giochi e attrezzature varie. Il parco poteva ospitare fino a un migliaio di bambini ogni giorno e aveva anche l’obiettivo di insegnare loro «il rispetto delle regole del gioco e le dinamiche di gruppo», spiega il libro. Era sempre presente anche un’infermiera per curare i bambini in caso di infortuni.
Nei decenni successivi comunque i parchi giochi si diffusero moltissimo anche per un altro motivo: la presenza sempre più massiccia delle automobili, che rendevano pericolose le strade dove per secoli avevano giocato in tranquillità i bambini.
Nel 1901, dopo la pubblicazione di uno dei primi rapporti sugli incidenti mortali provocati dalle automobili sulle strade, nelle città degli Stati Uniti per esempio cominciarono a crescere movimenti che chiedevano di costruire aree sicure dove i bambini potessero giocare all’aperto. Grazie anche alla spinta di altre associazioni che sostenevano il ruolo educativo dei parchi giochi, nel 1906 a Washington fu fondata la Playground Association of America, che contribuì ad aumentarne la diffusione in tutto il paese. Oggi solo a New York l’agenzia incaricata della manutenzione dei parchi pubblici in città gestisce quasi mille parchi giochi.
Winder racconta che nel periodo tra le due guerre mondiali cominciò ad affermarsi l’idea che i parchi giochi dovessero tornare a essere spazi in cui i bambini potessero esprimersi, oltre che giocare. Dagli anni Cinquanta e Sessanta cominciarono a vedersi strutture fatte di materiali di scarto, come i copertoni delle automobili, che dagli anni Ottanta si fecero via via più creative ed elaborate, simulando per esempio animali, castelli o navi di pirati. Tra le altre cose, nell’Unione Sovietica spuntarono anche le installazioni a forma di razzo, che esaltavano i cosmonauti e le loro imprese.
Quale debba essere lo scopo principale dei parchi giochi per i bambini e che importanza abbiano nella loro formazione è una questione su cui i media e gli esperti si interrogano ancora oggi, dice Winder.
È opinione condivisa che il gioco sia una parte fondamentale dell’apprendimento dei bambini, ma non si può dire lo stesso per gli spazi in cui si gioca. I folcloristi britannici Iona e Peter Opie, che studiarono per decenni le dinamiche del gioco nell’infanzia, sostenevano per esempio che i bambini riuscissero ad adattarsi piuttosto facilmente a svariati tipi di situazioni e a creare sempre occasioni di gioco. In questo senso, secondo loro, i parchi giochi erano solo uno degli innumerevoli luoghi in cui i bambini riescono a giocare, socializzare e sviluppare le proprie capacità.
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