L’acqua di lusso degli skater americani
Si chiama Liquid Death e promette di "uccidere la sete" rinunciando alle bottiglie di plastica, ma piace sostanzialmente per il marketing aggressivo
Se negli Stati Uniti esiste storicamente una maggiore possibilità di scelta in tantissime categorie di prodotti industriali, c’è un settore che negli ultimi anni è diventato particolarmente affollato: quello delle bevande analcoliche che promettono, in un modo o nell’altro, di migliorare la salute.
Nonostante l’acqua del rubinetto sia poco costosa e potabile nella maggior parte degli Stati Uniti, è particolarmente fiorente il mercato dell’acqua in bottiglia, che nel 2017 è diventata la bevanda più consumata nel paese, superando per la prima volta le bibite analcoliche. Da una parte, la tendenza è aiutata dalla retorica, diventata particolarmente martellante online, che ripone un’importanza esagerata nel bere tanta acqua per la salute. Dall’altra, c’entra il disinnamoramento degli statunitensi nei confronti delle bevande molto gassate e zuccherate, di cui molte aziende hanno approfittato per mettere sul mercato prodotti venduti come più sani.
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La maggior parte di questi nuovi marchi viene esplicitamente pensata per un pubblico principalmente femminile e attento al peso forma. Uno dei casi di maggiore successo negli ultimi anni, però, ha funzionato tantissimo proprio perché ha individuato una nicchia di consumatori molto specifica a cui nessun altro marchio d’acqua si era interessato fino a quel momento: quello dei giovani appassionati di skateboard, tatuaggi e concerti, che spendevano già tanti soldi in bevande poco sane, come birra ed energy drink.
Si tratta dell’acqua Liquid Death (“Morte liquida”), marchio che ha recentemente raccolto 70 milioni di dollari di nuovi investimenti e che è valutato 700 milioni di dollari. Soltanto nel 2022, l’azienda prevede un fatturato di 130 milioni di dollari, e a tre anni da quando è stata aperta può già vantare un impatto culturale notevole.
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Le lattine di Liquid Death sembrano disegnate da un adolescente ribelle: il logo sembra quello di un gruppo metal, ed è accompagnato dall’immagine di un teschio che si squaglia. Il motto è «Uccidi la tua sete». Non a caso, Liquid Death deve gran parte del suo enorme successo al suo marketing aggressivo. Nel 2017, ancora prima che l’azienda fosse fondata e che si fosse anche solo trovata una sorgente da cui prendere l’acqua, presentò la prima pubblicità che diceva: «La maggior parte delle acque sono progettate per essere degli accessori per chi fa yoga. Non questa. Fatta della cosa più mortale del pianeta. Uccidi la tua sete».
Da allora, il team creativo guidato da Mike Cessario, graphic designer che aveva già lavorato con Netflix, ha coltivato un pubblico devoto che va dai cosiddetti “straight edge” – ovvero i giovani che preferiscono non bere, fumare o drogarsi, ma che frequentano comunque scene alternative, come quella punk – a musicisti e skateboarder.
Oggi, Liquid Death si può trovare nella maggior parte dei supermercati statunitensi, ma i primi posti a distribuirla furono bar, studi di tatuaggi e negozi di liquori. Live Nation, società promotrice di grandi concerti e festival come l’Austin City Limits e il Governors Ball di New York, l’ha scelta per essere l’acqua ufficiale dei propri eventi. Nel 2020, Liquid Death ha collaborato con membri di band come Alkaline Trio, Anti-Flag e Rise Against per realizzare un intero album punk inspirato ai commenti lasciati dagli “hater” del loro prodotto. La pagina Instagram dell’azienda ha pubblicato le foto di decine di persone che si sono tatuate il loro logo. E Tony Hawk, leggendario skater, ha collaborato con loro per una serie a edizione limitata di tavole da skateboard, stampate con il suo sangue, per raccogliere fondi per beneficenza.
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Cessario, oggi CEO della compagnia, contesta però il fatto di dovere tutto a una trovata pubblicitaria. «Anche la Red Bull si basa su una trovata pubblicitaria. In fin dei conti, è soltanto una bibita, una cosa che esiste da sempre, ma hanno costruito il proprio marchio attorno al collegamento con gli sport estremi», ha detto ad Eater. «Cosa c’entra andare in bici da cross con una bevanda energetica? Quelle persone sono atleti professionisti, non bevono quella roba. Ma sicuramente bevono acqua».
Un punto a cui Cessario e il suo team tengono molto è, piuttosto, il significato ambientale del proprio progetto. Il motto dell’azienda è «morte alla plastica», e il loro sito sottolinea fortemente il fatto che, al contrario delle bottiglie di plastica, le loro lattine di alluminio sono «infinitamente riciclabili». Le lattine di alluminio contengono spesso anche più del 70% di materiali riciclati, ma lo stesso può dirsi per le bottiglie di vetro e recentemente anche per quelle di plastica.
Liquid Death fa arrivare la sua acqua dalle Alpi austriache, invece che da una sorgente da qualche parte negli Stati Uniti, perché «il trasporto marittimo è di gran lunga la forma di trasporto più efficiente in termini di emissioni di carbonio per libbra, perché una nave gigante può spostare una quantità folle di carico. Avresti bisogno di qualcosa come 500 camion per spostare la stessa quantità di merci». L’azienda afferma anche di donare cinque centesimi da ciascuna lattina acquistata a favore di progetti per salvare gli oceani.
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Sul New Yorker, Helen Rosner ha però contestato il fatto che Liquid Death possa essere considerata un’azienda ambientalista. «I vantaggi degli imballaggi in alluminio sono relativi. L’alluminio può essere leggero da trasportare e facile da riciclare, ma i costi industriali dell’estrazione e della lavorazione sono considerevoli. Poi c’è il costo ambientale del trasporto di migliaia di galloni di liquidi da un continente all’altro, e il costo sociale del trattamento dell’acqua come merce privata», scrive. «L’opzione più etica è evitare del tutto i contenitori monodose e bere dal rubinetto utilizzando filtri e recipienti riutilizzabili».
«Nulla nell’acqua in bottiglia la rende intrinsecamente superiore al rubinetto. La maggior parte dell’acqua del rubinetto negli Stati Uniti è sicura, così come essenzialmente tutta l’acqua del rubinetto del Regno Unito, ed è regolamentata più strettamente per i contaminanti rispetto a quella imbottigliata. Nei blind test, i soggetti non riescono a distinguere l’acqua in bottiglia con quella del rubinetto. E quella del rubinetto, ovviamente, è quasi gratuita. Allora perché continuiamo a comprarla?», si è domandata invece Adrienne Matei sul Guardian. «Beh, l’accesso all’acqua di lusso è stato per secoli uno status symbol (si pensi alla mania della classe agiata del XIX secolo per le vacanze nelle “città termali” o alla devozione dei reali storici europei ai presunti effetti delle sorgenti termali sulla salute). E poi c’è il movimento salutista, responsabile di un disprezzo collettivo verso alcol e bibite, e che promuove un interesse più fervente per l’acqua “di lusso”».
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