La storia dell’amicizia tra Berlusconi e Putin
Si conobbero nel 2001 al G8 di Genova e si piacquero subito: negli anni successivi tentarono di impressionarsi a vicenda, fecero affari e si regalarono molte cose
Le venti bottiglie di vodka che Silvio Berlusconi ha detto di aver ricevuto in dono dal presidente russo Vladimir Putin, accompagnate da una lettera molto affettuosa e ricambiate con altrettante bottiglie di pregiato lambrusco, sono solo l’ultimo regalo che i due si sono fatti in 21 anni di amicizia e affari. Uno dei più celebri è il copripiumino che il 7 ottobre 2007 l’allora ex presidente del Consiglio italiano (aveva lasciato la carica nel 2006, l’avrebbe ripresa nel 2008) consegnò al presidente della Federazione russa per il suo compleanno: c’era impressa la fotografia di una stretta di mano tra loro due. Il copripiumino era stato realizzato dall’imprenditore Michele Cascavilla, fondatore dell’azienda Lenzuolissimi e autore del libro Le lenzuola del potere con prefazione dello stesso Berlusconi.
Tra i regali che hanno accompagnato il rapporto tra Berlusconi e Putin è spesso citato anche un “lettone”, donato dal presidente russo e menzionato nelle testimonianze di Patrizia D’Addario nell’inchiesta sul cosiddetto “caso escort” condotta dalla procura di Bari.
La storia del rapporto tra Berlusconi e Putin non è solo quella di una amicizia. Secondo tutte le informazioni disponibili i due leader si piacciono, indubbiamente, e hanno anche tratti caratteriali in comune. Ma oltre alle fotografie dei due con il colbacco, o di Putin che lancia la pallina a Dudù, uno dei barboncini bianchi di Berlusconi, c’è altro. Quello tra Berlusconi e Putin è stato infatti anche un legame d’affari e di visione politica.
Nei giorni scorsi Berlusconi ha attribuito la responsabilità dell’invasione russa in Ucraina al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, è emerso in un audio molto compromettente registrato durante una riunione privata di Forza Italia e diffuso dall’agenzia LaPresse. Nel 2003, ai giornalisti che gli chiedevano un commento sulle documentate atrocità commesse dall’esercito e dai servizi segreti russi in Cecenia, rispose: «Non diffondiamo leggende, per favore», e definì la repressione russa in Cecenia come «un’operazione antiterrorismo in atto nel Caucaso».
Nel settembre del 2015, un anno dopo l’annessione della Crimea da parte della Federazione russa, condannata dalla comunità internazionale, Berlusconi andò in visita privata da Putin a Sochi. Poi insieme, a bordo di un elicottero bianco, raggiunsero Sebastopoli, città nei territori annessi dai russi. Pochi giorni dopo il Consiglio nazionale per la sicurezza ucraino vietò a Berlusconi l’ingresso nel paese per i tre anni successivi. La procura di Kiev aprì anche un’inchiesta, perché Putin e Berlusconi durante la visita in Crimea avevano aperto e bevuto una bottiglia di sherry datata 1765 del valore di 150mila dollari, proveniente dalle cantine del palazzo di Massandra, ex residenza degli imperatori russi. Quella bottiglia era considerata dagli ucraini un bene pubblico.
Prima che Putin conquistasse il potere in Russia, Berlusconi aveva già intrecciato rapporti economici nell’ex Unione Sovietica. Alcuni mesi fa sui giornali era stato riportato il racconto del banchiere Antonio Fallico a Catherine Belton nel libro Putin’s People. Aveva detto che negli anni tra il 1986 e il 1988 «Berlusconi, che aveva una sua casa editrice, Silvio Berlusconi editore, mi ha contattato perché interessato ad allargare le sue attività economiche anche nel mondo sovietico. Così diventai consulente di Fininvest. Quando nel 2004 aprimmo a Mosca la nostra sussidiaria, Zao Banca Intesa, Berlusconi ci fece la gradita sorpresa di presenziare all’inaugurazione».
Berlusconi e Putin si incontrarono per la prima volta nei giorni del G8 di Genova, nel 2001. L’ex ambasciatore Umberto Vattani ha raccontato, nel corso della trasmissione L’aria che tira di La7: «Putin non sorrideva, aveva uno sguardo gelido. Berlusconi gli chiese come mai un paese importante come il suo non fosse nell’Unione Europea. L’ambasciatore russo mi chiese se avesse sentito bene». Pochi giorni dopo la fine del G8 Putin chiamò Berlusconi per ringraziarlo dell’ospitalità: iniziò così una serie di telefonate e di contatti. L’allora ministro dei Beni e delle Attività culturali Giuliano Urbani disse: «La frequenza dei contatti tra Berlusconi e Putin è molto alta, decisamente molto alta».
Meno di un anno dopo, a Pratica di Mare, 19 paesi aderenti alla Nato e la Russia firmarono una dichiarazione (la cosiddetta Dichiarazione di Roma) in cui si impegnavano a creare un consiglio di venti stati in cui, da quel momento in poi, si sarebbero discussi i problemi riguardanti nove temi: lotta al terrorismo, gestione delle crisi, non proliferazione delle armi di distruzione di massa, controllo degli armamenti e misure di rafforzamento della fiducia reciproca, difesa contro i missili di teatro, operazioni di salvataggio in mare, cooperazione militare e riforma dei sistemi di difesa, piani a fronte di emergenze civili, sfide e nuove minacce. Berlusconi, che ospitò l’incontro, ha spesso descritto quell’evento come il suo più grande successo diplomatico, sostenendo che abbia rappresentato la fine della Guerra fredda. Chiama quegli accordi «lo sposalizio di Pratica di Mare».
Poco tempo dopo la firma di quegli accordi, Berlusconi andò per la prima volta in visita a Soči sul Mar Nero, nella Bocharov Ruchey, la residenza dei presidenti russi. Partendo da Roma disse: «Mi sento come se andassi a fare visita a un vecchio amico». Poi fu Putin a fare visita a Berlusconi in Sardegna, ospite a Villa Certosa, una sua residenza privata. Nell’estate del 2002 con il presidente russo c’erano anche le due figlie, Katya e Masha, che fino ad allora nessuno aveva mai visto. Putin tornò in Sardegna anche nel 2003, e fecero amicizia anche le rispettive mogli, oggi entrambe ex, Veronica Lario e Lyudmila Putina. In occasione della visita, l’allora presidente del Consiglio italiano organizzò un grande spettacolo di fuochi d’artificio. Qualcosa andò storto, alcuni dei fuochi sfiorarono la terrazza sulla quale si erano accomodati Putin, Berlusconi, le mogli e i loro ospiti. Berlusconi ci rimase malissimo.
Negli anni seguenti le visite e gli incontri si intensificarono. Quando Berlusconi arrivava a Mosca, all’aeroporto ad aspettarlo c’era un’auto Zil, le auto usate dall’apparato sovietico, lunga sei metri e mezzo. Nel 2007 la visita fu a San Pietroburgo, in una villa sul lago Valdai dove Putin fece allestire per il leader italiano uno spettacolo di cosacchi e danzatrici del ventre. Pochi mesi dopo Berlusconi ricambiò a Villa Certosa, in Sardegna, facendo esibire per Putin l’intero cast del Bagaglino, la compagnia di comici romana. Un’altra volta si esibì il cantante lirico Andrea Bocelli.
Berlusconi ospitò Putin anche sulla sua barca, Principessa VaiVia. Quella volta al largo della Sardegna navigava, di scorta, il cacciatorpediniere Smetlivy. Berlusconi disse che «Putin è un uomo della provvidenza» e «Vladimir è il più grande leader del mondo». Il presidente russo ricambiò dicendo: «Sono tutti invidiosi di Silvio» e «Berlusconi è uno dei più grandi leader politici europei del dopoguerra».
Il rapporto tra i due a tratti è sembrato anche una gara a chi faceva più colpo sull’altro. Berlusconi mostrò con orgoglio, in Sardegna, le oltre 400 specie di cactus che collezionava. Un altro aneddoto dai contorni leggendari, e inverificabile, lo raccontò Mattia Feltri sulla Stampa. In una casa di campagna in Russia (una dacia), secondo questa storia Berlusconi e Putin andarono a caccia senza «scorta né bracci destri. Avvertirono un’ombra. Volodia [cioè Putin, ndr] fece fuoco. Aveva abbattuto un cervo sul colpo. Prese il coltello, gli estrasse il cuore ancora caldo e lo porse all’ospite come gesto supremo. Silvio stramazzò».
Nell’aprile 2008, durante una conferenza stampa seguita a una visita di Putin a Porto Rotondo in Sardegna, una giornalista russa domandò a Putin: «È vero che vuole divorziare?». Chi era presente raccontò che nella sala ci furono secondi di silenzio, poi Putin rispose: «Si sa che mi piacciono le donne russe, solo le donne italiane possono competere. Per il resto non tollero intrusioni nella mia vita privata». Berlusconi fece allora un gesto che probabilmente voleva essere scherzoso: unì le due mani come se avesse in mano un mitra puntato contro la giornalista.
Soltanto due anni prima, il 7 ottobre 2006, giorno tra l’altro del compleanno di Putin, a Mosca era stata assassinata a colpi di arma da fuoco la giornalista Anna Politkovskaja, che aveva raccontato la guerra in Cecenia e la Russia di Putin. La Federazione nazionale della stampa italiana pubblicò una nota: «Il comportamento di Berlusconi è imbarazzante, soprattutto se si considera che negli ultimi dieci anni in Russia sono morti più di duecento giornalisti e non sono mai stati trovati gli assassini».
Qualche anno dopo, durante la vicenda nota come “scandalo Ruby”, Putin fece una dichiarazione a sostegno di Berlusconi. Disse: «Se fosse stato gay nessuno lo avrebbe toccato con un dito. È sotto processo perché vive con le donne». Fu la volta in cui si fece fotografare mentre giocava con il cane Dudù.
Assieme all’amicizia e alla simpatia personale c’erano gli accordi economici e politici. Nel 2008 l’ambasciatore americano in Italia, Ronald Spogli, all’interno di un’informativa comunicata al Dipartimento di Stato e alla Cia e poi resa nota da Wikileaks, scriveva: «Berlusconi ammira lo stile di governo macho, deciso e autoritario di Putin, che il premier italiano crede corrisponda al suo. (…) L’ambasciatore georgiano a Roma ci ha detto che il governo della Georgia ritiene che Putin abbia promesso a Berlusconi una percentuale dei profitti da eventuali condotte sviluppate da Gazprom in coordinamento con Eni». Berlusconi in quell’occasione negò tutto mentre l’ambasciatore georgiano non smentì mai quelle affermazioni.
Nel 2005, come ha ricordato La Stampa alcuni mesi fa, la compagnia petrolifera italiana Eni firmò un accordo che avrebbe consentito a quella russa, Gazprom, di rivendere gas russo direttamente ai cittadini italiani. Secondo ricostruzioni giornalistiche era stata costituita a Vienna la holding Centrex con vari soci tra cui Bruno Mentasti Granelli, ex socio di Berlusconi in Telepiù, e altri nomi che riconducevano a società cipriote. L’amministratore delegato di Eni era Paolo Scaroni, scelto nel 2005 al posto di Vittorio Mincato.
Ha detto a Repubblica Salvatore Carollo, ex dirigente di Eni: «Dalla sera al mattino un amministratore delegato dell’Eni, che aveva espresso resistenza a firmare certi accordi russi, fu rimosso e sostituito da un altro, che invece firmò. Da quel giorno, sarà probabilmente una pura coincidenza, l’import di gas russo è aumentato e la produzione italiana è calata vistosamente». Il consiglio d’amministrazione dell’Eni fece comunque importanti rilievi sul ruolo della Centrex e il ruolo di Mentasti venne cancellato, ma gli accordi tra Eni e russi divennero più solidi e di più lunga durata.
Fu quindi Berlusconi a volere Scaroni all’Eni e fu sotto il suo governo che venne preparato l’accordo che però fu siglato il 15 novembre del 2006, quando presidente del Consiglio italiano era diventato Romano Prodi. L’intesa stabilì la creazione di un’alleanza internazionale che avrebbe permesso a Eni e Gazprom di realizzare progetti comuni. Gazprom estese fino al 2035 la durata dei contratti di fornitura di gas a Eni, che in questo modo si confermò il primo cliente mondiale della società russa. Nell’ambito di questo nuovo schema contrattuale, Gazprom avrebbe venduto a partire dal 2007 direttamente sul mercato italiano quantitativi crescenti di gas fino a un potenziale di circa 3 miliardi di metri cubi all’anno, dal 2010 e per tutta la durata del contratto. Scaroni lo definì un «accordo storico». Secondo il quotidiano economico Italia Oggi quell’accordo «di fatto consegnò mani e piedi l’Italia al gigante sovietico del gas».
Il 12 novembre 2011 Berlusconi diede le dimissioni da presidente del Consiglio. Lo era diventato nuovamente, per la terza volta, il 15 maggio 2008 dopo aver vinto le elezioni anticipate dopo la caduta del governo Prodi. Il 27 novembre 2013 il Senato sancì la sua decadenza da senatore in seguito alla condanna per frode fiscale nel processo sulla compravendita dei diritti Mediaset. Negli anni successivi, in cui fu molto meno centrale nella politica, le frequentazioni con Putin continuarono, come prova il viaggio in Crimea del 2015. Raramente Berlusconi è mancato a una festa di compleanno di Putin, il 7 ottobre di ogni anno. E ogni fine anno i due si sono sentiti per farsi gli auguri ma anche, diceva sempre l’ufficio stampa di Forza Italia, per «parlare della situazione internazionale».
Il 9 aprile, due mesi dopo l’inizio della guerra in Ucraina, Berlusconi disse
Io Putin l’ho conosciuto vent’anni fa. Mi era sempre parso un uomo di gran buon senso, di democrazia, di pace, peccato davvero per quel che è successo… Oggi siamo di fronte a un’aggressione senza precedenti messa in atto dalla Russia ai danni di un paese neutrale come l’Ucraina, che sta combattendo con valore e determinazione per la propria libertà. Un’aggressione che anziché portare la Russia in Europa l’ha portata nelle braccia della Cina… Peccato, davvero peccato. Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente addolorato dal comportamento di Vladimir Putin che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero.
Da allora la posizione di Berlusconi è cambiata. Uno dei primi episodi in cui ha difeso Putin è stato in un intervento con la trasmissione Porta a Porta nella quale aveva fornito una versione sconclusionata delle cause della guerra, attribuendone la responsabilità alle pressioni della popolazione russa e delle repubbliche separatiste del Donbass più che a Putin, che a suo dire avrebbe provato a sostituire il governo ucraino «con un governo di persone perbene». Nella riunione di Forza Italia questa settimana ha aggiunto elementi falsi alla sua ricostruzione, sostenendo che Putin avesse provato a resistere alle pressioni perché invadesse l’Ucraina e ribadendo che le sue intenzioni fossero di insediare un governo di «persone perbene e di buon senso».
Nella stessa situazione ha parlato delle venti bottiglie di vodka e della lettera molto affettuosa, sostenendo di aver «riallacciato un po’ i rapporti con il presidente Putin, un po’ tanto» e di essere «il primo dei suoi cinque veri amici».