La nuova maggioranza ha già fatto diverse proposte antiabortiste
Al primo giorno della legislatura sono stati presentati tre disegni di legge, in parte già visti
Durante la campagna elettorale Giorgia Meloni aveva detto di non voler né abolire né modificare la legge 194 che in Italia consente l’interruzione volontaria di gravidanza. Lo scorso 13 ottobre, il primo giorno della legislatura, sono stati comunque depositati tre disegni di legge che, senza toccare direttamente la 194, ostacolerebbero comunque l’accesso e il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.
Non è la prima volta che vengono presentate proposte simili, e in alcuni casi anche da parlamentari del centrosinistra. Ma è significativo che tali proposte siano state depositate nel giorno dell’insediamento del nuovo parlamento composto da una maggioranza che non solo ha espliciti legami con i movimenti che in Italia e nel mondo si oppongono all’aborto, ma che ha anche portato avanti, a livello locale, regionale e nazionale, progetti concretamente antiabortisti e contro la libertà di scelta delle donne.
La prima proposta è stata depositata in Senato dal senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri. Non è la prima volta che Gasparri presenta un disegno di legge simile: come ha detto lui stesso, «è un lascito morale di Carlo Casini, fondatore del Movimento per la vita», cioè il primo movimento antiabortista italiano che venne fondato subito dopo l’approvazione della 194. La proposta di Gasparri, che dovrà ora essere assegnata a una Commissione, prevede il riconoscimento giuridico del feto attraverso la modifica dell’articolo 1 del Codice Civile.
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L’articolo 1 del Codice Civile dice che «la capacità giuridica si acquista dal momento della nascita» e che «i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita». Il ddl Gasparri chiede che il riconoscimento della capacità giuridica avvenga già all’atto del concepimento e non solo dopo la nascita. Se il feto acquisisse diritti giuridici potrebbe dunque diventare vittima di un reato, come l’omicidio volontario, e ogni interruzione di gravidanza potrebbe configurarsi come tale.
Il secondo disegno di legge che è stato depositato il 13 ottobre è sempre di Gasparri. Anche in questo caso, nel recente passato ne sono stati depositati altri, praticamente identici, anche a firma di parlamentari del Partito Democratico o del Movimento 5 Stelle. Il testo di Gasparri prevede di istituire la “giornata della vita nascente” e fa riferimento a una serie di associazioni cattoliche che fanno storicamente parte del movimento antiabortista italiano, come “Family Day-Difendiamo i nostri figli”, “CitizenGo” o “Giuristi per la vita” o che, tra le altre cose, si occupano della sepoltura dei feti senza il consenso delle donne coinvolte.
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Il testo di questo secondo ddl presentato da Gasparri non è ancora disponibile, ma sul sito del Senato ne risulta il deposito ufficiale. Le richieste di istituire una “Giornata per la vita nascente” fatte fino a qui non toccano direttamente la 194, ma pur ponendo tutta la questione in termini positivi di tutela e incentivo alla maternità, in realtà facilitano il lavoro (anche all’interno delle scuole pubbliche) delle associazioni che sono esplicitamente contro il diritto di interrompere una gravidanza.
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La terza proposta presentata il 13 ottobre è del senatore della Lega Massimiliano Romeo e si intitola “Disposizioni per la tutela della famiglia e della vita nascente, per la conciliazione tra lavoro e famiglia e delega al Governo per la disciplina del fattore famiglia”. Il ddl era stato presentato, sempre da Romeo e sempre con lo stesso titolo, anche nel 2021: diceva che «il concepito è riconosciuto quale componente del nucleo familiare a tutti gli effetti», chiedeva di istituire un «fondo per il sostegno della maternità (…) finalizzato all’erogazione di aiuti e contributi per evitare che le donne in stato di gravidanza ricorrano all’interruzione volontaria della medesima» e prevedeva che lo stato delegasse alcune «funzioni pubbliche in particolare nel campo educativo» ad associazioni che promuovono «iniziative volte alla conservazione, alla valorizzazione e alla tutela della famiglia». Infine, il ddl si occupava di riforma dei consultori.
Stabiliva, in particolare, che i consultori dovessero «assicurare la tutela della vita umana fin dal suo concepimento» e «assicurare interventi di mediazione familiare in caso di conflittualità in presenza di figli minori o disabili anche di maggiore età». Quest’ultima proposta era di fatto contenuta anche nel contestato disegno di legge presentato dall’ex senatore della Lega Simone Pillon. Come già allora scrissero al governo italiano le relatrici speciali delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne, la mediazione familiare può «essere molto dannosa se applicata ai casi di violenza domestica». La mediazione viola poi la Convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato nel 2013 e che è il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne. La mediazione familiare privatizza il conflitto e, in caso di violenze a abusi domestici, costringe la vittima a negoziare con il proprio aggressore.
Infine, la proposta di Romeo sottolinea come l’obiettivo principale dei consultori sia la tutela della maternità e che dunque i consultori si possano avvalere «di personale medico e ostetrico anche obiettore di coscienza».
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