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  • Martedì 18 ottobre 2022

Al posto di una delle vele di Scampia ora c’è l’università

Una nuova sede della facoltà di medicina è stata inaugurata dove si trovava un edificio simbolo dei problemi di Napoli

La nuova sede dell'università Federico II a Napoli, nel quartiere Scampia
(ANSA / CIRO FUSCO)
La nuova sede dell'università Federico II a Napoli, nel quartiere Scampia (ANSA / CIRO FUSCO)
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Nel quartiere napoletano di Scampia è stata inaugurata la nuova sede della facoltà di medicina e chirurgia dell’università Federico II. La sede universitaria è stata costruita dove fino al 2003 si trovava la vela H, una delle sette vele, gli enormi edifici che per molti anni sono stati luoghi di degrado, centri di spaccio di droga e zone quasi inviolabili sotto il controllo della camorra, simbolo di molti dei problemi di Napoli.

Nella nuova sede dell’università si terranno i corsi triennali per le professioni sanitarie. Una seconda fase, che dovrebbe essere completata entro l’inizio del 2023, prevede l’attivazione dei servizi di medicina territoriale mentre l’inaugurazione dei laboratori di ricerca, all’ultimo piano dell’edificio, è prevista per la prossima primavera. Il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi ha detto che l’inaugurazione della sede universitaria «cambia la narrazione di questi luoghi».

La decisione di costruire una sede universitaria nel quartiere è di oltre 20 anni fa e fu presa dal sindaco Antonio Bassolino. I lavori di costruzione sono avvenuti nel corso dei due mandati di Luigi De Magistris mentre l’inaugurazione, con la ministra dell’Università e della Ricerca Cristina Messa, è stata gestita dall’attuale sindaco Manfredi. La sede universitaria, un edificio cilindrico di sette piani di cui due interrati, progettata da Vittorio Gregotti, è stata finanziata con 50 milioni di euro dalla regione Campania e con circa sette milioni dal comune di Napoli.

L’inaugurazione del polo universitario non risolve certamente tutti i problemi della zona di Scampia, che è tuttora una delle più problematiche di Napoli. È però un nuovo capitolo del tentativo di sottrarre il quartiere al controllo della criminalità organizzata. A Scampia operano decine di associazioni impegnate in molti progetti culturali e di assistenza ai cittadini in difficoltà.

Scampia, nella parte nord della città, è il quartiere più popoloso di Napoli, con un tasso di disoccupazione che supera il 60%. Ci vivono ufficialmente 39 mila abitanti, ma in realtà sono molti di più: un gran numero di case è occupato illegalmente e un censimento del numero reale di abitanti è pressoché impossibile. 

Le vele furono progettate dell’architetto Francesco Di Salvo nell’ambito di un piano di edilizia economica e popolare del primo dopoguerra. Le sette vele vennero realizzate tra il 1962 e il 1975. Il progetto, secondo Di Salvo, si ispirava ai vicoli del centro storico di Napoli con unità abitative ridotte per dimensioni ma molti spazi comuni per aiutare la socializzazione. L’idea era quella di dotare il complesso di numerosi servizi, asili, spazi giochi per bambini, centri sportivi e culturali, plessi scolastici.

Non fu così: una volta costruite le sette vele non vennero realizzati i servizi previsti. Dopo il terremoto del 23 novembre 1980 in Irpinia moltissime famiglie sfollate occuparono abusivamente le case: le occupazioni e l’assegnazione degli alloggi furono gestite dalla camorra. Le organizzazioni criminali riuscirono a indirizzare e a gestire nel complesso gran parte della ricostruzione successiva al terremoto, a Napoli e nei comuni limitrofi. Si rivelò un enorme affare per la criminalità organizzata. I progetti di ricostruzione costarono 55 mila miliardi di lire, molti dei quali finirono ai vari clan camorristici che si rafforzarono e si insediarono così ancora più stabilmente nel territorio napoletano.

A Scampia, tra l’altro, il primo presidio di polizia si insediò solo nel 1987 quando il complesso delle vele veniva già definito dai quotidiani “fortino della camorra”. Quando andarono in onda nel 2014 le prime puntate della serie Gomorra, ispirate a un libro di Roberto Saviano, ci furono molte polemiche per la rappresentazione che veniva data di Napoli e soprattutto del quartiere di Scampia e del complesso delle vele. In realtà la serie, al di là degli aspetti romanzeschi, descriveva una realtà esistente da molto tempo. 

A comandare a Scampia e nella limitrofa Secondigliano è da molti anni il clan Di Lauro, guidato a lungo da Paolo Di Lauro, detto ciruzzo o’ milionario, che sta scontando due ergastoli in regime di 41-bis. Di Lauro ha dieci figli maschi e una sola femmina. A gestire per conto del padre il clan era il figlio Cosimo, morto a giugno nel carcere di Opera, a Milano. Un altro figlio, Marco, anche lui boss del clan e latitante fino al 2019, dopo l’arresto è diventato collaboratore di giustizia e ha annunciato di voler interrompere i rapporti con l’organizzazione di cui faceva parte.

Le vele di Scampia (ANSA / CIRO FUSCO)

L’abbattimento delle vele fu deciso già a metà degli anni Novanta, data la situazione di degrado che veniva considerata ormai irrecuperabile. La prima a essere abbattuta fu la vela F nel 1998: venne utilizzato esplosivo che però lasciò metà dell’edificio in piedi, in bilico e pericolante. Nel 2000 fu abbattuta la vela G e nel 2003 la vela H, quella al cui posto è stata costruita la sede universitaria. Le vele rimaste avevano assunto il nome, dato dagli abitanti del quartiere, di vela rossa, vela celeste, vela gialla, vela verde. Nel 2016 una delibera comunale decise l’abbattimento di tre ulteriori vele mentre nel 2019 è stato deciso lo stanziamento di 27 milioni di euro per la riqualificazione del quartiere e la ristrutturazione della vela celeste che ospiterà uffici comunali. La vela verde è stata abbattuta nel 2020, restano da abbattere quella rossa e quella gialla.