La Cina non ha comunicato i dati sulla sua economia
La loro pubblicazione era molto attesa e si temeva una crescita economica deludente: ma è stata rimandata senza spiegazioni
La Cina ha ritardato la pubblicazione dei dati economici relativi al terzo trimestre: era previsto che sarebbero stati resi pubblici nella mattina di martedì, nel pieno del Congresso del Partito comunista, ed erano molto attesi da analisti ed esperti, che prevedevano un calo della crescita dell’economia del paese. La loro pubblicazione tuttavia è stata ritardata, e per ora non sono state fornite spiegazioni.
In Cina è in corso da domenica il 20° Congresso nazionale del Partito comunista cinese (PCC), appuntamento fissato ogni cinque anni e che in questa occasione confermerà per un terzo mandato Xi Jinping come presidente, segretario generale del partito e capo delle forze armate. Le comunicazioni sugli indicatori economici, primo fra tutti l’andamento del PIL, erano attese nel discorso del premier Li Keqiang, a cui vengono usualmente delegate le comunicazioni sui risultati dell’economia.
Li Keqiang ha fatto invece un discorso programmatico, ha parlato di un generico «miglioramento» e ha ribadito l’obiettivo di aumentare il benessere generale già promesso nel discorso di apertura dal presidente Xi Jinping, che a sua volta si era tenuto lontano da indicazioni più precise sullo stato dell’economia. L’inusuale rinvio delle comunicazioni e l’assenza di riferimenti possono essere, secondo gli analisti, il segno di risultati al di sotto delle aspettative o comunque poco aderenti ai toni molto celebrativi con cui si sono aperti i lavori del Congresso.
È possibile, comunque, che il ritardo sia soltanto un fatto tecnico e che i dati saranno resi pubblici a breve.
Secondo le stime degli economisti, raccolte da Reuters e Bloomberg, il PIL cinese (il prodotto interno lordo, la principale misura con cui si valutano le dimensioni di una economia), dovrebbe crescere nel trimestre del 3,2-3,4 per cento. Un risultato simile segnerebbe un’attesa inversione di tendenza rispetto al secondo trimestre, quando crebbe di pochi decimi percentuali, ma rappresenterebbe una crescita molto rallentata, nonostante le misure economiche di impulso varate negli ultimi mesi.
Il tasso di crescita annuo si collocherebbe fra il 2,4 e il 2,8 per cento, di molto inferiore rispetto agli obiettivi dichiarati a inizio anno (5,5 per cento): sarebbe la crescita più bassa (escluso il 2020, anno della prima ondata di COVID) dell’economia cinese dal 1976, l’ultimo anno della Rivoluzione culturale di Mao: allora il grande movimento di mobilitazione violenta voluto dal leader comunista provocò non solo milioni di morti ma anche un rallentamento dell’economia.
Il premier Li Keqiang nel suo discorso al Congresso non ha indicato obiettivi, parlando di una crescita “ragionevole” e sottolineando invece il dato relativo all’inflazione, molto contenuta rispetto alla gran parte dei paesi occidentali: secondo molti economisti anche questo potrebbe però essere interpretato come il segno di una economia dall’attività limitata.
La mancata pubblicazione dei dati non ha riguardato solo il PIL ma anche altri indicatori, attesi sempre per martedì: avrebbero dovuto riguardare la produzione industriale, la vendita al dettaglio, la disoccupazione nelle città e il prezzo delle case. La crisi del settore immobiliare è una delle cause di “lunga durata” della contrazione dell’economia, mentre i rigidi lockdown ancora in vigore in alcune parti del paese per perseguire la strategia zero-COVID sono forse la principale causa contingente di una ripresa più lenta del previsto.
Cinque anni fa, durante l’ultimo Congresso nazionale del 2017, i dati economici erano stati regolarmente comunicati. Oggi nessuna data è stata fissata per una nuova pubblicazione: le fonti più vicine al governo cinese parlano di questioni tecniche.
I limiti e le distorsioni dell’economia cinese emerse negli ultimi anni, in corrispondenza della pandemia ma non completamente imputabili a questa, hanno portato molti economisti a rivalutare le prospettive economiche del Paese a lunga scadenza. La crescita continua e generalizzata del benessere è la principale promessa del Partito comunista cinese e del presidente Xi Jinping alla popolazione: il modello non-democratico e con limitazioni di alcune libertà di base sono funzionali, nella retorica del governo, a un raggiungimento della stessa, nella cosiddetta “via cinese”.
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