I fornitori di luce e gas che chiudono i contratti in anticipo
Per via dei costi eccessivi: ma i clienti sono tutelati dalla fornitura di ultima istanza, che garantisce di non restare senza energia
Nelle ultime settimane varie aziende fornitrici di energia elettrica e gas naturale hanno comunicato ai propri clienti la chiusura anticipata dei contratti, a causa dell’aumento dei costi dovuto alle conseguenze della guerra in Ucraina e ai meccanismi di funzionamento del mercato di questa materia prima. Le disdette unilaterali dei contratti tuttavia non comportano che case e aziende rimangano immediatamente senza luce e gas: una procedura chiamata servizio di fornitura di ultima istanza (FUI) evita che questo accada.
La chiusura dei contratti è prevista da una clausola di «risoluzione per eccessiva onerosità», che salvaguarda le aziende del settore energetico in caso di avvenimenti straordinari e imprevedibili. Un contesto come quello degli ultimi anni, che ha fatto aumentare notevolmente i prezzi dell’energia, ha reso molte forniture eccessivamente costose rispetto ai contratti stipulati con i clienti (spesso a prezzi molto bassi, prima della crisi) all’interno del mercato libero dell’energia, in cui operano centinaia di società diverse.
Il servizio di fornitura di ultima istanza prevede che a chi sia rimasto senza contratto, per disdetta unilaterale, o anche per fallimento dell’azienda fornitrice, venga garantita la fornitura tramite un’altra società distributrice. Quest’ultima è generalmente una delle aziende più grosse che operano in questo ambito e viene decisa per ogni territorio dall’Autorità di regolazione per energia, reti e ambiente (ARERA), l’ente statale che regola il funzionamento del mercato dell’energia. Le condizioni economiche previste per il servizio di fornitura di ultima istanza sono legate ai prezzi del mercato tutelato fissati dall’ARERA, ma dipendono anche dal cliente e dal fornitore: potrebbe convenire cercare da sé un nuovo contratto di fornitura più conveniente di quello di ultima istanza.
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I casi di chiusura anticipata dei contratti si devono anche al decreto “Aiuti Bis”, che aveva vietato le modifiche unilaterali dei contratti fino all’aprile 2023, paradossalmente proprio per tutelare i consumatori da eventuali rincari in un periodo in cui i prezzi della luce e del gas sono notevolmente aumentati. Diverse aziende fornitrici hanno quindi aggirato questo vincolo appellandosi al diritto di risoluzione.
Per evitare eventuali abusi e uno sfruttamento improprio del decreto “Aiuti Bis”, l’ARERA e l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) hanno ricordato che un avviso di risoluzione unilaterale del contratto non può essere utilizzato per trattare una rinegoziazione delle tariffe con il cliente: significa che una società fornitrice non può cercare di trattare un aumento delle tariffe minacciando la chiusura della fornitura.
Inoltre il diritto di recesso dal contratto che spetta al venditore – e che è una cosa diversa dalla risoluzione – non può essere esercitato con effetto praticamente immediato. In particolare, per i cosiddetti clienti di piccole dimensioni, di cui fanno parte le utenze domestiche, i fornitori del mercato libero hanno facoltà di recesso se questa è espressamente contemplata nel contratto di fornitura «prevedendo un periodo di preavviso non inferiore a sei mesi». La risoluzione invece ha effetto immediato ma deve essere preceduta da una pronuncia giudiziale che confermi la condizione di «eccessiva onerosità».
Le chiusure hanno riguardato sia utenze domestiche sia aziendali: per queste ultime, ha spiegato Il Sole 24 Ore, la maggior parte dei contratti chiusi in anticipo ha riguardato piccole aziende, limitando la sicurezza di fornitura «ai soli stabilimenti di taglia maggiore, ai rari consumatori industriali con le più solide garanzie di pagamento». Anche per le aziende come per i comuni cittadini, non ci sono preoccupazioni di restare senza luce e gas d’improvviso, data la salvaguardia prevista dalla fornitura di ultima istanza.
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