L’Iraq ha un presidente, infine
La nomina di Abdul Latif Rashid è il primo accordo tra le forze politiche dopo oltre un anno di crisi e violenze, ma potrebbe non bastare
Dopo un anno di stallo politico e numerosi tentativi, giovedì il parlamento iracheno ha finalmente trovato un accordo per eleggere un presidente: è il primo passo per formare un governo e superare lo stallo e la crisi che ne è seguita, che ha portato tra le altre cose a due assalti del parlamento e a gravissime proteste in cui sono morte almeno una ventina di persone. Il voto, tra l’altro, si è tenuto poche ore dopo un attacco con nove razzi, ancora non rivendicato, alla “Zona verde” di Baghdad, quell’area della capitale protetta e militarizzata dove si trovano gli edifici governativi.
Il nuovo presidente si chiama Abdul Latif Rashid, ha 78 anni e ha già avuto diversi incarichi governativi. Come gli altri presidenti iracheni è curdo (in Iraq il presidente è convenzionalmente un membro della minoranza curda). Rashid è stato eletto con 162 voti favorevoli e 99 contrari: il suo ruolo è cerimoniale, ma necessario a nominare il primo ministro, che a sua volta deve formare il governo.
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Rashid ha già nominato il primo ministro: è Mohammed al Sudani, ex ministro per i Diritti umani del governo di Nouri al Maliki, tra il 2010 e il 2014. Ora al Sudani ha 30 giorni per formare un governo e potenzialmente porre fine alla crisi politica iniziata esattamente un anno fa, con le elezioni di ottobre 2021.
Le elezioni erano state vinte dalla coalizione guidata da Muqtada al Sadr, noto e potente leader politico e religioso sciita che nel corso della crisi di quest’anno ha incitato varie proteste, ma senza la maggioranza necessaria a nominare un presidente e procedere con la formazione di un governo. Ne era seguita una paralisi politica durata fino a oggi e caratterizzata da una dura lotta di potere tra Sairoon, la coalizione la cui componente principale era il Movimento Sadrista, guidato proprio da Sadr, e lo schieramento contrario, il cosiddetto “Quadro di coordinamento”.
Sono due schieramenti sciiti divisi soprattutto sui rapporti con l’Iran, che condivide un lungo confine con l’Iraq e per diverse ragioni ha grande influenza nella politica irachena: il “Quadro di coordinamento” è filo-iraniano, mentre la coalizione Sairoon è nazionalista e anti-iraniana (e più in generale contraria a qualsiasi ingerenza esterna).
Che la nomina del presidente e poi del primo ministro risolva le cose è tutto da vedere: il primo ministro nominato da Rashid, al Sudani, è stato proposto dal “Quadro di coordinamento” ed è un nome molto contestato. Lo scorso luglio, quando la coalizione lo aveva proposto come potenziale candidato alla guida del governo, centinaia di sostenitori di al Sadr avevano assaltato e occupato il parlamento iracheno. Al Sadr continua a godere di ampio consenso e del sostegno popolare e potrebbe cercare di ostacolare la formazione del governo e le sue attività.
Nel frattempo alcuni governi occidentali, tra cui quello degli Stati Uniti, hanno espresso soddisfazione per la nomina del presidente e l’auspicio che la formazione del governo ponga fine alla crisi politica irachena.
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