Come sta andando il doppio cognome dopo la sentenza della Corte Costituzionale
Sono usciti i primi dati sulla possibilità di dare ai figli anche il cognome materno, ma è presto per dare un giudizio
Poco più di quattro mesi fa sulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la sentenza della Corte Costituzionale che stabiliva la possibilità di scegliere il cognome dei figli o delle figlie abolendo l’automatismo del cognome paterno. La Stampa ha comunicato alcuni dati sulla scelta del doppio cognome (materno e paterno) in alcune città italiane, e assieme ad altri media ha definito deludente il tasso di adozione del doppio cognome.
Forse però è ancora presto per fare un bilancio: soprattutto perché le indicazioni date nella sentenza non si sono poi tradotte, come invece era stato richiesto con urgenza, in una legge che superasse alcuni problemi aperti dalla sentenza stessa. Per questo, l’attribuzione del doppio cognome continua a presentare incertezze legislative, problemi burocratici e vari tipi di ostacoli che probabilmente ne rallentano l’adozione.
La sentenza pubblicata in Gazzetta lo scorso giugno era stata pronunciata dalla Corte Costituzionale in aprile: stabiliva l’illegittimità delle norme che imponevano di dare automaticamente ai figli il cognome del padre e che i genitori potessero decidere se dare ai figli solo il cognome del padre, solo quello della madre, oppure entrambi, nell’ordine che preferivano.
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Con la pubblicazione della sentenza, la Corte aveva anche sollecitato il parlamento a occuparsi con urgenza delle leggi che avrebbero dovuto recepire il provvedimento, indicando i princìpi da seguire e chiarendo alcuni degli aspetti e dettagli derivanti dall’applicazione della sentenza. Per esempio, sarebbe stato necessario regolamentare l’eventuale moltiplicazione dei cognomi man mano che le persone con il doppio cognome avranno figli, così come l’eventuale differenza tra fratelli o sorelle con un cognome diverso.
Un altro aspetto da chiarire era la possibile modifica dei cognomi assegnati in passato adeguandosi alle nuove leggi, visto che tutte le norme dichiarate costituzionalmente illegittime riguardavano le persone appena nate, a cui non era ancora stato attribuito il cognome. Un intervento legislativo in questo senso non è però mai arrivato.
A pochi mesi dalla sentenza, La Stampa ha analizzato i dati di alcune città. Dice che a Milano tra il primo giugno e il 4 ottobre sono nati 3.900 bambini: 680 hanno ricevuto il doppio cognome, prima quello paterno, poi quello materno, 25 prima quello materno e 20 hanno solo il cognome materno. Il 19 per cento dei nuovi nati e delle nuove nate non ha dunque ricevuto solo il cognome paterno. A Varese si arriva al 15 per cento, a Bologna e a Lecco a circa il 12, a Torino, Como e Brescia al 10 per cento circa, a Modena, Genova, Pavia si va dall’8,5 al 6,7 circa, mentre Firenze e Bari restano al di sotto del 10 per cento.
Nell’articolo della Stampa – in cui si dice che la modifica introdotta dalla Corte Costituzionale è stata un «flop» – alcune coppie intervistate citano proprio le preoccupazioni e le possibili complicazioni burocratiche derivanti, oggi, dall’assegnazione del doppio cognome. Complicazioni che appunto non sono state ancora risolte con una legge.
Rete per la Parità, associazione di promozione sociale, aveva segnalato questo rischio fin dall’inizio: «Spetta ora al legislatore dare corso, senza ulteriori ritardi, a quanto indicato nella sentenza»: in assenza di una specifica legge e in presenza solo di indicazioni fornite dalla stessa Consulta, sebbene importantissime, la situazione avrebbe continuato a non essere chiara, a causare perplessità e non diventare effettiva.
La riforma del cognome, dice ancora Rete per la Parità, è una vicenda molto lunga (la prima sentenza contro l’automatismo del cognome paterno risale al 1982). E non solo non si è ancora conclusa, ma sulla modifica non è stata fatta da lì in poi né un’adeguata informazione alla cittadinanza, né un’adeguata formazione del personale degli uffici anagrafici dove, nelle pratiche riguardanti le registrazioni sia di nascita che di adozione, continuano ad esserci problemi e difficoltà.
Sempre La Stampa spiega che la sentenza della Corte Costituzionale era stata accolta con favore, e definita «storica», soprattutto tra chi ha meno di 35 anni. L’età media al parto, secondo i dati ISTAT riferiti al 2021, ha raggiunto i 32,4 anni.