I ritratti e le foto di moda di Richard Avedon
In una grande mostra a Palazzo Reale a Milano, visitabile fino a gennaio
Richard Avedon è uno dei fotografi più conosciuti e celebrati al mondo, noto soprattutto per i suoi ritratti ai grandi personaggi del suo tempo e per il suo lavoro per le riviste di moda, per le quali ha fotografato alcune delle modelle più famose in scatti che hanno fatto la storia della fotografia. I suoi ritratti non si limitavano a mostrare un abito o un costume ma cercavano di andare oltre la superficie, portando alla luce in qualche modo la personalità dei soggetti e le reazioni che instaurava con loro. Tutto questo costituisce il corpo della mostra Richard Avedon, Relationships, che fino al 29 gennaio sarà visitabile a Palazzo Reale a Milano.
La mostra è curata da Rebecca Senf, che ha scelto centosei immagini provenienti dalle collezioni del Center for Creative Photography di Tucson, di cui è responsabile, e dalla Richard Avedon Foundation. Ha contribuito in modo significativo alla realizzazione dell’esposizione Versace, grazie alla proficua collaborazione che l’azienda ha avuto con il fotografo a partire dal 1980 con la collezione primavera/estate di Gianni Versace e fino al 1998 con la prima collezione di Donatella Versace. A questa è dedicata la sezione finale della mostra.
Avedon, che nacque nel 1923 a New York (e morì nel 2004 mentre era al lavoro per il New Yorker), iniziò la sua formazione arruolandosi nell’esercito e facendo fotografie per i documenti d’identità. Cominciò a dedicarsi alla fotografia di moda grazie a Alexey Brodovitch, che lo introdusse alla rivista Harper’s Bazaar quando aveva 22 anni facendolo diventare velocemente il fotografo più importante del giornale. Nel 1965 arrivò a Vogue, per cui scattò un gran numero di copertine, alcune delle quali hanno uno spazio appositamente dedicato all’interno dell’esposizione.
I filoni che distinguono i lavori esposti sono appunto i due capisaldi del lavoro di Avedon: le fotografie di moda e i ritratti, esplorati in dieci sezioni ciascuna introdotta da una citazione del fotografo.
Le fotografie di moda spiegano l’evoluzione dello stile di Avedon negli anni: da un lato ci sono le immagini realizzate prima del 1960, scattate in location in cui le modelle impersonano un ruolo e sono calate in una scena di cui la fotografia propone una narrazione. È come se Avedon mettesse insieme degli attori per creare immagini cinematografiche, realizzate soprattutto per le riviste. Tra le altre, c’è la foto di Audrey Hepburn davanti al bancone di un bar, circondata da altri figuranti che hanno lo scopo di creare un contesto in cui mettere in risalto lei e i vestiti. La più famosa e cinematografica di tutte è Dovima with elephants, scattata nel 1955 per la rivista Harper’s Bazaar: realizzata al Cirque d’Hiver a Parigi, la foto ha il valore aggiuntivo di mostrare il primo abito disegnato per Dior dall’allora 19enne Yves Saint Laurent.
Nelle immagini successive a quel periodo invece al centro ci sono solo la modella e gli abiti che indossa, su uno sfondo più neutro dove il soggetto è ritratto in pose dinamiche e movimenti il cui scopo è far risaltare la forma e la materialità degli abiti indossati.
Per quanto riguarda i ritratti, Avedon è noto per l’uso dello sfondo bianco, che gli consentiva di eliminare i potenziali elementi di distrazione ed enfatizzare le qualità della posa, dei gesti e dell’espressione. Per farlo lavorava principalmente con una fotocamera di grande formato e riprendeva i suoi soggetti abbastanza da vicino affinché occupassero un’ampia sezione dell’inquadratura. La possibilità di vedere i dettagli del volto, anche quelli minimi, serviva a porre l’osservatore a una distanza intima. Uno dei suoi ritratti più famosi è la fotografia del 1981 scelta per la locandina della mostra, in cui la modella Nastassja Kinski è distesa nuda sul pavimento intrecciata a un serpente, con la lingua del rettile che le sfiora l’orecchio
Una delle scelte più efficaci dell’allestimento è la proposta di scatti multipli dello stesso soggetto. Sia che siano foto della stessa persona fotografata a distanza di anni, sia che il protagonista sia ritratto prima da solo e poi in coppia per cogliere il rapporto tra le persone ritratte. Ci sono Jasper Johns nel 1965 e nel 1976, la scrittrice Carson McCullers nel 1956 e nel 1958, il politico George Wallace nel 1963 e nel 1976, il poeta Allen Ginsberg nel 1963 e nel 1970. E Marilyn Monroe ritratta prima con uno sguardo assente, affiancata a una foto con il marito Arthur Miller con tutt’altra espressione.
Anche se probabilmente il dittico che spiega meglio la forza di questi accostamenti è quello dedicato allo scrittore Truman Capote, ritratto prima nel 1955 e poi nel 1974. Nella prima lo scrittore aveva solo trentun anni, è svestito, gli occhi chiusi e le braccia dietro la schiena, il mento rasato. Nella seconda è ormai cinquantenne, non c’è più la sensualità della foto precedente e gran parte dell’inquadratura è occupata dalla testa dello scrittore.
Il lavoro di Avedon è complesso e vastissimo e ha intercettato anche notizie e attualità. Una sezione della mostra è dedicata ai ritratti degli esponenti dei movimenti americani per i diritti civili, a persone comuni o ai membri del Congresso americano, questi ultimi confluiti nel portfolio The Family, realizzato nel 1976 per la rivista Rolling Stone, che documentava l’élite del potere politico statunitense di quel tempo.