I droni iraniani usati dalla Russia in Ucraina
Sono stati usati nel grave attacco di lunedì: l'esercito ucraino li ritiene molto pericolosi, per diversi motivi
Durante il gravissimo bombardamento effettuato lunedì dall’esercito russo contro vari obiettivi civili in Ucraina, oltre a missili e razzi sono stati utilizzati anche diversi droni telecomandati di fabbricazione iraniana. Si chiamano Shahed-136 e secondo varie testimonianze sono una delle innovazioni più significative adottate dall’esercito russo nelle ultime settimane.
I droni Shahed-136 sono fabbricati dalla HESA, una compagnia di stato iraniana. Sono lunghi circa 3 metri e hanno un’apertura alare di 2,5. Possono volare per più di duemila chilometri in maniera autonoma, cioè seguendo delle coordinate GPS, e trasportare fino a circa 50 chili. L’esercito ucraino dice che fanno parecchio rumore, «come quello di una motosega o di uno scooter». Gli Shahed-136 appartengono alla famiglia dei cosiddetti “droni kamikaze”: si schiantano contro un obiettivo facendo detonare il proprio esplosivo, se armati, e quindi autodistruggendosi.
Il fatto che siano grossi, lenti e molto rumorosi, quindi piuttosto facili da distinguere, non li rende meno pericolosi. L’esercito russo li utilizza a gruppi in modo che sia difficile abbatterli tutti. Li fa anche volare a bassissima quota affinché risultino invisibili ai principali sistemi di difesa aerea. Gli Shahed-136 hanno anche un costo molto contenuto: sono costruiti con plastica e metallo economici, e montano dei sistemi GPS simili a quelli che si trovano sugli smartphone. Possono quindi essere utilizzati in grandi quantità, e non centellinati come certe costosissime armi da artiglieria.
Secondo Bloomberg a fine agosto l’Iran ha fornito alla Russia circa un migliaio di Shahed-136. Ufficialmente, il governo iraniano ha smentito la notizia.
The big change in the last decade has been the ballooning availability of cheap consumer micro-electronics with ample processing power and GPS-based navigation (e.g. smartphone components). This has given even non-state groups access to reasonable accuracy vs fixed targets (5/20) pic.twitter.com/Uz2Zkh43sW
— Justin Bronk (@Justin_Br0nk) September 26, 2022
Ormai da anni l’Iran è uno dei principali produttori di droni in Medio Oriente, grazie a investimenti e ricerche sui rottami di droni statunitensi lanciati negli ultimi vent’anni in Iraq e Afghanistan. Gli Shahed-136 sono fra i suoi prodotti più sofisticati. Li fornisce da anni ai ribelli Houthi nella guerra civile in Yemen, li ha usati l’anno scorso per attaccare una petroliera israeliana al largo dell’Oman, e li lancia sistematicamente dalle sue basi in Siria per attaccare obiettivi in territorio israeliano.
Ma mentre Israele è dotata di sistemi di difesa aerea all’avanguardia, in grado di intercettare anche gli Shahed-136, l’esercito ucraino fa molta più fatica a fermarli. «Sono una nuova minaccia per tutte le nostre forze di difesa, e dobbiamo usare tutti i mezzi a nostra disposizione per provare a contrastarli», ha detto la settimana scorsa Yuriy Ihnat, portavoce dell’aviazione militare ucraina. Uno dei principali problemi che deve affrontare l’Ucraina, sul contrasto ai droni ma anche in altri ambiti della guerra, è che il fronte con la Russia è lungo centinaia di chilometri. L’esercito ucraino non è in grado di difenderlo tutto con la stessa intensità e deve scegliere con attenzione dove utilizzare alcune tecnologie di difesa.
A metà settembre il Wall Street Journal aveva scritto che fino a quel momento l’esercito russo aveva utilizzato gli Shahed-136 soprattutto nella regione di Kharkiv, dove sta tuttora cercando di contrastare l’offensiva ucraina. A inizio ottobre sei Shahed-136 si erano schiantati su un palazzo a Bila Tserkva, una cittadina circa 50 chilometri a sud di Kiev. Gli Shahed-136 sono stati utilizzati anche nei bombardamenti di lunedì, ma non è chiaro esattamente su quali città.
Per fermare gli Shahed-136 prima che colpiscano l’obiettivo, l’esercito ucraino potrebbe usare dei dispositivi elettronici per mandare in confusione i sistemi GPS, oppure parte dei 26 carriarmati muniti di sistemi di difesa aerea Gepard, forniti di recente dalla Germania. Anche i Gepard in dotazione all’esercito ucraino però sono ben pochi, in confronti al territorio che dovrebbero difendere.