Le violente proteste contro il governo ad Haiti
Sono iniziate per la rimozione dei sussidi sul carburante e contro le bande criminali che controllano parte del paese: una donna è morta negli scontri
Lunedì 10 ottobre a Port-au-Prince, la capitale di Haiti, ci sono state violente manifestazioni contro il governo durante le quali una donna è stata uccisa. Le manifestazioni ad Haiti, che è uno dei paesi più poveri al mondo, proseguono da circa metà settembre: da quando cioè il governo provvisorio ha annunciato la fine dei sussidi sui carburanti. I manifestanti chiedono le dimissioni del primo ministro Ariel Henry.
Durante la manifestazione di lunedì ci sono stati scontri e saccheggi, e la polizia ha usato gas lacrimogeni per disperdere la folla. Il corrispondente di AFP ha riferito di alcune persone che sono state ferite e di una donna che è stata uccisa. I manifestanti hanno accusato della sua morte la polizia, ma non è ancora chiaro che cosa sia successo: «Questa ragazza non rappresentava una minaccia. È stata uccisa mentre esprimeva il suo desiderio di vivere con dignità», ha detto un manifestante.
Il 7 luglio del 2021 l’allora presidente haitiano Jovenel Moïse fu ucciso da un gruppo di persone che fecero irruzione nella sua residenza, in circostanze sospette. Poche settimane dopo, divenne presidente e primo ministro del paese Ariel Henry, che ancora oggi ricopre il suo incarico benché siano emersi alcuni legami con la persona sospettata di avere organizzato l’uccisione di Moïse. Henry ha respinto ogni tipo di accusa, sfruttando il proprio potere per difendersi.
Ha fatto dimettere alcuni inquirenti che lo avevano convocato per chiarire la propria posizione nella vicenda, dopo la scoperta di alcuni registri telefonici dai quali erano emersi contatti con Joseph Felix Badio, un ex funzionario del ministero della Giustizia sospettato di avere organizzato l’assassinio.
L’assassinio e i successivi sviluppi politici avevano comunque portato a nuova instabilità nel paese. Nei mesi scorsi, soprattutto tra aprile e maggio, in alcune zone compresa la capitale Port-au-Prince, ci sono state violenze organizzate da gruppi di persone armate che cercano di mantenere con la forza il controllo di parte di Haiti. Hanno assaltato numerose abitazioni, stuprando donne e bambine, hanno ucciso gli uomini adulti e rapito i più giovani, con l’obiettivo di arruolarli e di estendere il proprio potere su parte della popolazione.
Almeno 16mila persone sono dovute scappare dalle aree dove si stavano verificando gli assalti più gravi e almeno 1.700 scuole, diventate l’obiettivo dei gruppi violenti per condurre rapimenti e chiedere poi riscatti alle famiglie, hanno dovuto chiudere, lasciando a casa circa mezzo milione di bambini.
Le violenze, seppure con una minore intensità rispetto a quelle che si sono verificate tra aprile e maggio, sono proseguite e le autorità locali non hanno grandi risorse per contrastarle. La mancanza di una leadership forte e riconosciuta complica ulteriormente le cose. La scorsa settimana Henry ha fatto un appello per richiedere una serie di aiuti internazionali, tra cui una forza armata speciale per «fermare, su tutto il territorio, la crisi umanitaria» causata dall’azione delle bande. Domenica il segretario generale dell’ONU António Guterres «ha esortato la comunità internazionale a considerare urgentemente» questa richiesta e ha a sua volta denunciato le bande criminali che hanno «preso il controllo di alcune infrastrutture strategiche» del paese.
A questa situazione si aggiungono la mancanza di beni di prima necessità e la decisione del governo provvisorio di sospendere i sussidi per il carburante. Haiti sta inoltre cercando di riprendersi dal terremoto di magnitudo 7.1 che aveva interessato l’isola circa un mese dopo l’assassinio di Moïse e che aveva causato la morte di oltre 2.200 persone e danneggiato quasi 140mila edifici.
Alla crisi politica, sociale, umanitaria e economica si è aggiunta infine una crisi sanitaria. Nel paese ci sono stati già 32 casi confermati di colera, una grave malattia infettiva che si trasmette attraverso il contatto diretto o indiretto con feci umane o alimenti contaminati. Il ministero della Salute pubblica haitiano nel periodo di tempo che va dal primo al 9 ottobre ha parlato anche di 224 casi sospetti e di sedici morti. I nuovi casi di Haiti sono stati riscontrati in particolare all’interno di due comunità nella parte sud e nella parte ovest della capitale dove migliaia di persone vivono a stretto contatto in condizioni igieniche precarie.
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