L’FMI ha rivisto al ribasso le stime sulla crescita dell’economia mondiale, e sostiene che «il peggio deve ancora arrivare»
Le nuove stime del Fondo Monetario Internazionale confermano per il 2022 una crescita globale del 3,2 per cento, mentre quella stimata per il 2023 è stata rivista al ribasso, al 2,7 per cento dal 2,9 stimato a luglio. Quella del 2023 sarebbe la crescita più debole in oltre 20 anni, dal 2001, eccetto i periodi di recessione causati dalla crisi finanziaria e dalla pandemia da coronavirus.
L’FMI annuncia un ulteriore peggioramento delle prospettive per l’economia globale poiché gli sforzi per gestire l’inflazione potrebbero amplificare i danni già causati dalla guerra in Ucraina e dal rallentamento della Cina. Le banche centrali di tutto il mondo, da mesi, stanno alzando i tassi di interesse per fermare l’aumento dei prezzi, ma per farlo devono fare in modo che la crescita dell’economia rallenti.
«L’elevata inflazione nel 2021 e nel 2022 ha sorpreso molti analisti, compreso lo staff dell’FMI», riconosce il rapporto dell’istituto. L’inflazione dovrebbe raggiungere il suo picco verso la fine del 2022, con un tasso annuo dell’8,8 per cento. Rimarrà alta più a lungo del previsto, rallentando al 6,5 per cento il prossimo anno e al 4,1 entro il 2024.
Tra la fine del 2022 e il 2023, i paesi che rappresentano circa un terzo dell’economia globale registreranno un calo del Prodotto Interno Lordo (PIL) per due trimestri consecutivi e saranno quindi considerati in recessione tecnica. E anche quando ci sarà crescita, il clima sarà comunque negativo e sembrerà di essere in una fase di contrazione. «Il peggio deve ancora arrivare» ha scritto nella prefazione al rapporto il capo economista Pierre-Olivier Gourinchas.
Per l’Italia, l’Fmi prevede una recessione il prossimo anno, con un calo del PIL dello 0,2 per cento, rivisto al ribasso di quasi un punto percentuale rispetto alla crescita dello 0,7 per cento stimata a luglio. Nel 2022 la crescita dovrebbe essere del 3,2 per cento, 0,2 punti in più rispetto a luglio, grazie al contributo più che positivo registrato dal turismo e dalla produzione industriale.