Molti candidati non sanno ancora se sono stati eletti
A quasi due settimane dal voto non sono finiti i riconteggi e in bilico ci sono 13 seggi, 5 alla Camera e 8 al Senato
Aggiornamento del 9 ottobre: La Cassazione ha finito di controllare i voti e ha comunicato i nomi dei parlamentari eletti.
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A quasi due settimane dalle elezioni l’ufficio elettorale della Corte di Cassazione e il ministero dell’Interno non hanno ancora confermato l’elezione di molti parlamentari, che potrebbero lasciare il seggio ai candidati nei collegi plurinominali di altre regioni. I problemi sono dovuti alla lunghezza delle procedure necessarie per validare i risultati di ogni singola sezione.
Per come è stata pensata la legge elettorale, il cosiddetto “Rosatellum”, bastano infatti pochissimi voti per assegnare i seggi a un collegio invece che a un altro. L’incertezza, naturalmente, riguarda soltanto la parte proporzionale, che assegna i seggi alle forze politiche proporzionalmente alla percentuale che hanno preso. Al momento sembra che in bilico ci siano 13 seggi, 5 alla Camera e 8 al Senato. Invece gli eletti nei collegi uninominali, quindi con il sistema maggioritario, sono stati già definiti con sicurezza al termine degli scrutini.
Negli ultimi giorni la Corte di Cassazione ha analizzato i dati trasmessi dai presidenti di seggio al termine delle operazioni di scrutinio per individuare eventuali incongruenze. La verifica è indispensabile perché se una coalizione ha preso più voti di quelli che erano stati inizialmente calcolati, cambia anche il modo in cui i seggi vengono distribuiti sul territorio.
Il modo in cui avviene l’assegnazione non è casuale, ma si fa con il cosiddetto “calcolo dei resti”, che si può facilmente capire con un esempio: se un collegio assegna 10 seggi, e in quel collegio un partito prende il 22 per cento, quel partito ha diritto a 2,2 seggi. Gliene vengono assegnati 2 e lo 0,2 di resto viene messo da parte. Poi si mettono in fila i resti dei vari partiti in tutti i collegi, e chi ha i resti più alti ottiene i seggi da redistribuire. Lo spostamento anche di pochi voti da un partito all’altro può modificare il valore di tutti i resti e influire sul cosiddetto “effetto flipper”.
In sostanza, se una lista in un collegio ha preso più seggi di quelli stabiliti a livello nazionale deve cederli, mentre una lista che ne ha ottenuti di meno dovrà riceverli. Un seggio eccedente in Sicilia può compensarne un altro in Lombardia o altrove con un meccanismo che è stato definito “flipper” per la sua difficile prevedibilità. Il “flipper” avviene normalmente nei conteggi dei seggi proporzionali col “Rosatellum”, ma in questi casi specifici scatta per via di riconteggi. È lo stesso problema che aveva determinato la confusa assegnazione del seggio a Umberto Bossi.
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Oltre alle conseguenze sull’effetto “flipper”, quest’anno si è riproposto un problema già emerso nel 2018. Nella circoscrizione Campania 1 il Movimento 5 Stelle ha vinto tutti e 7 i collegi uninominali oltre a 6 seggi nella parte proporzionale. Ma molti dei candidati nei collegi plurinominali sono stati eletti anche altrove facendo scattare il seggio per gli altri candidati in posizione più bassa.
Il buon risultato del Movimento 5 Stelle ha fatto sì che il numero dei candidati non fosse sufficiente a coprire i 6 seggi vinti: ne mancano tre. Le regole prevedono che in questi casi si eleggano i candidati dello stesso partito perdenti nei collegi uninominali, ma nel caso del collegio Campania 1 non è possibile perché sono stati vinti tutti dal Movimento 5 Stelle. I voti degli elettori campani consentiranno quindi di eleggere parlamentari di altre regioni, ma non è ancora chiaro chi.
Sabato 8 ottobre è attesa una conferma dalla Corte di Cassazione sui riconteggi e sui nomi di tutti i parlamentari eletti. Secondo le ricostruzioni di diversi giornali, tra le possibili modifiche ci sarebbe l’elezione di Elisabetta Piccolotti dell’alleanza Verdi-Sinistra nel collegio di Bari al posto di Giovanni Paglia, candidato per lo stesso partito, ma nel collegio proporzionale di Bologna.
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