Cosa sta facendo l’Unione Europea sul prezzo del gas
Si discute di una promettente proposta italiana per cambiare il calcolo dei prezzi, ma ci vorranno ancora settimane per decidere
I forti rincari di gas ed energia sono ancora un grosso problema in tutta Europa e le discussioni per trovare una soluzione nell’ambito dell’Unione Europea sono proseguite venerdì in occasione di un Consiglio Europeo informale a cui hanno partecipato i capi di stato e di governo dei paesi membri a Praga, in Repubblica Ceca. Da mesi gli stati membri stanno provando a trovare una soluzione comune per calmierare il prezzo del gas, ma le sensibilità sono molto diverse e l’introduzione di un tetto, quindi di una limitazione del libero mercato, non convince tutti.
Alcuni, come la Germania, temono che l’introduzione di un limite al prezzo possa convincere i fornitori ad andare a vendere il loro gas altrove, altri invece temono che gli stati dovranno intervenire per compensare le aziende energetiche. I paesi membri stanno valutando soprattutto una proposta italiana per individuare un indice mobile anziché un tetto fisso, che sembra trovare consensi. Ma in sede europea le decisioni unanimi rimangono complicate, e per ora non è ancora stato raggiunto nessun accordo.
I 27 capi di stato e di governo si trovavano già a Praga da giovedì per la riunione inaugurale della Comunità politica europea, un nuovo formato di incontri internazionali promosso soprattutto dal presidente francese Emmanuel Macron e che allarga la cooperazione a 17 stati europei ma fuori dall’Unione Europea, tra cui Regno Unito, Turchia e Norvegia più altri stati dell’Europa dell’est. Il tema principale è stato il forte rincaro del gas, con tutte le conseguenze economiche che ha sul potere di acquisto di famiglie e imprese.
Da mesi si discute in sede europea di una possibile introduzione di un tetto al prezzo del gas, detto anche price cap, o in misura generalizzata o solo rivolto a quello russo. Sulla sua necessità ha spinto soprattutto il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, che è convinto del fatto che riuscire ad abbassare il costo dell’energia sia già un buon inizio per fermare l’aumento dei prezzi (l’inflazione a settembre ha toccato per la prima volta il 10 per cento nell’area dei paesi euro).
Un price cap prevederebbe in pratica di stabilire una cifra massima, più bassa dei prezzi attuali, che possa fare risparmiare i paesi europei ma che rimanga comunque conveniente per i fornitori. La proposta non è mai stata considerata sul serio per via di alcune difficoltà tecniche su come applicarla concretamente e per i timori di alcuni paesi, su tutti la Germania, che i fornitori possano decidere di esportare il loro gas altrove, dove potrebbero farlo a un prezzo più alto, cancellando così gli sforzi di mesi per trovare fornitori alternativi alla Russia.
Il ministro italiano per la Transizione ecologica Roberto Cingolani ha detto più volte che i tedeschi sono più preoccupati di non avere gas che del suo prezzo. Questo perché, a differenza di molti altri paesi europei, hanno un bilancio pubblico in ordine e la possibilità di spendere molto più di altri. Anche per questo il governo tedesco di Olaf Scholz ha presentato un piano da 200 miliardi di euro contro i rincari, a cui sono state mosse moltissime critiche.
L’ultima proposta della Commissione europea sul price cap risale a inizio settembre, quando aveva proposto di imporre un tetto al solo gas russo. Ma poi è mancato il successivo consenso dei ministri dell’Energia e non se n’è fatto più niente. C’è però un gruppo di 15 paesi, tra cui Italia, Spagna, Polonia e Belgio, che continua a fare pressione affinché se ne torni a parlare.
In una lettera inviata ai leader e resa pubblica mercoledì sera, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha dato una risposta a questi paesi e ha ribadito di nuovo, anche se in modo evasivo, la necessità di discutere di una temporanea «limitazione dei prezzi» del gas. Ed è proprio quello che è stato fatto a Praga.
Prima di tutto c’è la necessità di disegnare un nuovo meccanismo per stabilire il prezzo europeo del gas. Il mercato di riferimento in Europa ha sede nei Paesi Bassi ed è il Title Transfer Facility (TTF). Nell’Unione Europea esistono vari mercati simili (per esempio, in Italia c’è il PSV, il Punto di Scambio Virtuale), ma è il TTF olandese che fissa i prezzi di riferimento per l’intero continente, perché è dove avviene la maggior parte degli scambi. Molti danno la colpa degli alti prezzi alla speculazione che avverrebbe sul mercato olandese, ma in realtà molte distorsioni derivano dalle particolari caratteristiche di questo mercato.
A confronto con altre realtà internazionali, il mercato olandese è tutto sommato piccolo rispetto a tutto il gas consumato in Unione Europea, dove la maggior parte della materia prima arriva tramite gasdotto ed è regolata da contratti di fornitura di lungo periodo. Quindi, pochi scambi determinano il prezzo a cui si compra e vende in un intero continente, il che ha provocato notevoli distorsioni. Infatti, trattandosi di volumi relativamente ridotti, le oscillazioni dovute ai movimenti di pochi operatori possono essere molto ampie. Questo ha creato moltissimi problemi di volatilità, ossia di variazioni improvvise anche molto grandi.
È con l’obiettivo di ridisegnare il meccanismo che l’Italia ha fatto circolare durante la riunione un nuovo documento tecnico per intervenire sul mercato del gas. Non si tratterebbe più di un tetto al prezzo, espressione che ormai è diventata difficile da far accettare ad alcuni stati, ma di un “corridoio di prezzo dinamico”: il prezzo di riferimento del gas diventerebbe una media dei prezzi applicati su mercati internazionali di riferimento più grandi e stabili del TTF, a cui sarebbe concesso un margine di fluttuazione.
In questo modo, si verrebbe incontro sia ai fornitori di gas, a cui non verrebbe imposto un prezzo fisso amministrato, sia ai paesi preoccupati da interventi troppo dirigisti.
Il governo italiano al momento sembra poter contare sul sostegno degli altri stati che finora hanno fatto pressione per il price cap ed è convinto che anche la Commissione europea si stia posizionando su questa linea, agevolando così l’opera di convincimento di Germania, Paesi Bassi e degli altri stati sin qui scettici.
Durante il vertice informale di Praga i leader hanno affrontato la questione da un punto di vista più politico. I dettagli tecnici saranno discussi tra i ministri dell’Energia nella riunione in agenda martedì e mercoledì prossimi a Praga. La Commissione Europea dovrà presentare poi una proposta, che a quel punto dovrebbe includere un meccanismo simile a quello elaborato dall’Italia. Ed è possibile che si arriverà a un accordo al Consiglio europeo del 20 e del 21 ottobre, che peraltro sarà l’ultimo di Mario Draghi come presidente del Consiglio. Draghi, in un punto stampa al termine della riunione, ha detto che «sull’energia le cose si stanno muovendo». Ha poi aggiunto che non si è parlato «tanto in dettaglio delle questioni» perché i tecnicismi saranno definiti direttamente dai ministri europei dell’energia prima del prossimo Consiglio europeo.
Un’altra necessità che si è resa palese durante gli incontri riguarda la necessità di stringere rapporti più saldi e stabili con i paesi fornitori di gas all’Unione Europea, in modo di riuscire a ottenere prezzi che siano inferiori a quelli di mercato. Sempre a Praga i leader hanno discusso di energia anche con i paesi al di fuori dell’Unione Europea che hanno coinvolto nel contesto di una nuova Comunità politica europea.
Ursula von der Leyen insiste nel dire che la riduzione dei prezzi passerà per forza di cose da un negoziato con la Norvegia, che ormai è diventato il primo fornitore di materia prima all’Unione (arricchendosi parecchio, peraltro).
Von der Leyen ha reso pubblica una dichiarazione congiunta con il premier norvegese Jonas Gahr Støre secondo cui bisogna «sviluppare uniti uno strumento per stabilizzare i mercati energetici e limitare l’impatto delle manipolazioni del mercato e della volatilità dei prezzi». Nel suo discorso durante l’incontro Støre ha ribadito che la Norvegia continuerà ad aumentare il più possibile la produzione di gas, cercando allo stesso tempo una soluzione «per ridurre questi prezzi eccessivamente alti in modo significativo a breve e a lungo termine».