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  • Giovedì 6 ottobre 2022

Le proteste delle studentesse iraniane, raccontate con i video

Proseguono in diverse città del paese e mostrano centinaia di ragazze sventolare i loro hijab e urlare slogan a favore della libertà

Uno screenshot da uno dei molti video delle proteste delle studentesse nelle scuole iraniane
Uno screenshot da uno dei molti video delle proteste delle studentesse nelle scuole iraniane

Da venti giorni in diverse città dell’Iran vanno avanti le proteste per la morte di Mahsa Amini, avvenuta in circostanze poco chiare in un carcere di Teheran lo scorso 16 settembre: Amini era stata arrestata per aver indossato non correttamente il velo e l’ipotesi dei manifestanti è che sia stata uccisa in un successivo pestaggio da parte della polizia (in Iran le donne sono obbligate per legge a indossare il velo nei luoghi pubblici). Dal primo ottobre il centro delle proteste si è spostato prima nelle università e poi nelle scuole superiori, e quindi stanno partecipando anche studenti e soprattutto studentesse molto giovani. Le loro contestazioni sono senza precedenti nel paese, sia per le dimensioni che per la “sfrontatezza” con cui i manifestanti si stanno opponendo al regime teocratico iraniano, conservatore e profondamente autoritario.

Come le altre donne che hanno preso parte alle proteste, anche le studentesse stanno manifestando togliendosi il velo islamico (hijab), sventolandolo e intonando cori molto espliciti come «morte al dittatore» e «i mullah devono andare via», in riferimento al clero sciita che governa il paese e ad Ali Khamenei, la Guida suprema, cioè la figura politica e religiosa più importante dell’Iran, oltre che rappresentante dell’ala più intransigente del regime.

Sono frasi che è molto rischioso pronunciare in pubblico in Iran, dove il dissenso viene molto poco tollerato e la repressione del regime può essere feroce. I video che raccolgono queste proteste sono notevoli anche perché mostrano cose che i giornalisti internazionali fanno fatica a seguire, in un paese in cui la libertà di stampa è praticamente nulla.

Uno dei video circolati mostra per esempio quello che sta succedendo a Sanandaj, nella provincia iraniana del Kurdistan, dove negli ultimi giorni si sono tenute le proteste più intense perché è da lì che proveniva Amini.

Altri video simili mostrano decine di giovani donne con gli zaini in spalla protestare fuori da una scuola di Shiraz, nella zona centromeridionale del paese.

In molte città le studentesse stanno bloccando il traffico, marciando in grandi gruppi e cantando cori come «donna, vita, libertà», una formula che è diventata uno degli slogan più diffusi delle proteste. In altri casi cantano più semplicemente «libertà» sventolando gli hijab. Non ci sono solo donne, ma sono di gran lunga la maggioranza.

Un membro del Basij, la temuta forza paramilitare iraniana che sta aiutando l’esercito a reprimere le proteste di questi giorni, era stato mandato in una scuola femminile a parlare con le studentesse, che hanno cominciato a gridargli contro cose come «sparisci Basij» sventolando in aria i propri veli. C’è un video che testimonia la scena, pubblicato dal giornalista esperto di Iran della BBC Kian Sharifi: la scuola in questione dovrebbe trovarsi a Shiraz, ma la BBC ha detto di non essere riuscita a verificare con certezza questa informazione.

In una scuola di Teheran, alcune studentesse hanno filmato il momento in cui hanno spaccato un’immagine di Khamenei saltandoci sopra una alla volta, prima di strapparla e ridurla in pezzi. Alla fine del video cantano: «Non abbiate paura, restiamo unite. Donna, vita, libertà».

A Karaj, una città di un milione e mezzo di abitanti a poche decine di chilometri dalla capitale Teheran, un gruppo di studentesse ha costretto un funzionario iraniano a uscire dalla loro scuola inseguendolo in massa, tirandogli bottigliette d’acqua vuote e urlandogli «vergognati».

Naturalmente le proteste stanno mettendo anche in grave pericolo le studentesse: martedì si è diffusa la notizia della morte di una ragazza di 16 anni, Nika Shakarami, che era scomparsa il 20 settembre dopo aver partecipato alle manifestazioni. Una sua zia ha detto alla BBC che nel suo ultimo messaggio a un’amica la ragazza aveva detto di essere inseguita dalla polizia.

In molti casi le forze di sicurezza iraniane si muovono in moto per inseguire le manifestanti a piedi e picchiarle: un video di un altro giornalista della BBC mostra come il suono delle moto sia diventato familiare a chi protesta e assai temuto, tanto che alcune studentesse scappano con maggiore vigore e panico non appena sentono il rombo di una moto.

È difficile dire se le proteste attuali avranno qualche conseguenza sul regime o sulle rigide regole imposte dal clero sciita soprattutto alle donne. Di certo c’è che sono proteste definite «eccezionali» da molti, e che negli ultimi giorni hanno cominciato a coinvolgere anche la classe media iraniana, stanca di subire le gravi conseguenze delle sanzioni economiche imposte dalla comunità internazionale. C’è comunque molto scetticismo, perché già in passato c’erano state ampie proteste anti-governative che però erano state represse dal regime con la forza.

 

– Leggi anche: Anche le studentesse delle scuole superiori stanno protestando in Iran