Quest’anno sarà uno scrittore famoso a vincere il premio Nobel per la Letteratura?
Il favorito secondo le agenzie di scommesse è Michel Houellebecq, ma si parla anche di Annie Ernaux e Salman Rushdie
Il premio Nobel per la Letteratura sarà assegnato giovedì e, come ogni anno, l’annuncio è stato preceduto da molte speculazioni e ipotesi su chi lo vincerà. Nel Regno Unito c’è anche l’abitudine di piazzare scommesse, e in passato è capitato che tra i nomi su cui si era puntato di più ci fosse effettivamente quello del vincitore o della vincitrice.
Il giornalista americano Alex Shepard, che dal 2015 scrive su New Republic un divertente articolo umoristico su queste scommesse, dice che quest’anno, diversamente dal solito, i nomi che circolano di più da Ladbrokes, una società di gioco d’azzardo britannica, non sono gli stessi più citati dai suoi contatti nel mondo dell’editoria scandinava, cioè quella che ha più dimestichezza con l’ente che assegna il premio, l’Accademia Svedese. Da quelle parti si dice che quest’anno verrà scelto uno scrittore molto conosciuto, «anche se forse non una superstar come Bob Dylan o Kazuo Ishiguro», vincitori rispettivamente del 2016 e del 2017.
Il Nobel per la Letteratura dovrebbe essere dato a una persona che «nel campo della letteratura mondiale si sia maggiormente distinta per le sue opere in una direzione ideale»: è in sostanza un premio alla carriera, che quindi viene dato a persone non più giovani, e che per via della vaghezza della definizione può essere assegnato ad autori e autrici molto diverse. Molto spesso comunque le scommesse vengono fatte tenendo conto di chi ha vinto il riconoscimento negli anni appena precedenti, e ipotizzando che in qualche modo la successiva persona a ottenerlo sarà diversa.
L’anno scorso era toccato ad Abdulrazak Gurnah, un professore di letteratura tanzaniano molto poco conosciuto e mai comparso tra i nomi su cui si scommetteva, e nel 2021 alla poeta americana Louise Glück, più nota ma decisamente non un’autrice di bestseller. Forse dunque le cose che si dicono a Stoccolma e dintorni riguardo alla fama del prossimo vincitore o della prossima vincitrice potrebbero trovare una conferma. Le scommesse delle ultime ore si sono peraltro orientate in questa direzione: il nome che garantisce una vincita inferiore in caso di vittoria – cioè quello ritenuto più probabile dalle agenzie di scommesse – è quello di Michel Houellebecq: forse il più celebre scrittore francese vivente.
Houellebecq ha 66 anni ed è uno scrittore molto noto e discusso, sia in Francia che in Italia, per gli aspetti misogini e islamofobici dei personaggi dei suoi romanzi. Il valore letterario di alcuni di quelli più vecchi, come Le particelle elementari (1998), è ampiamente riconosciuto, mentre le critiche sono state più dure su quelli più recenti, come Serotonina (2019) e Sottomissione (2015), il romanzo uscito pochi giorni prima dell’attacco alla redazione di Charlie Hebdo in cui si immaginava che le elezioni presidenziali francesi del 2022 fossero vinte da un partito islamico. Ogni volta che esce un nuovo libro di Houellebecq comunque se ne parla molto.
Nel 2019 lo scrittore ha ricevuto la Legione d’onore, la più alta onorificenza della repubblica francese. Secondo Shepard è però improbabile che Houellebecq vinca il Nobel perché la sua visione del multiculturalismo è molto in contrasto con quella di Gurnah, che l’anno scorso è stato premiato «per la sua appassionata e risoluta narrazione degli effetti del colonialismo e del destino dei rifugiati tra culture e continenti».
La seconda persona su cui si scommette di più è meno famosa: è la poeta e professoressa universitaria di lettere classiche canadese Anne Carson. Ha 72 anni e le sue opere sono spesso sperimentali e difficilmente categorizzabili. In Italia alcuni dei suoi libri sono stati pubblicati recentemente, a distanza di tempo dall’edizione originale, da quando si è cominciato a parlare di lei come possibile candidata al Nobel. L’ultimo è La bellezza del marito. Un saggio romanzo in 29 tanghi: del 2001, è uscito in italiano a giugno, per La Nave di Teseo.
Anche Carson però sembra improbabile come vincitrice, almeno a volersi fidare delle statistiche sugli ultimi Nobel. Infatti di solito passano anni tra l’assegnazione del premio a un poeta e un altro, e quello a Glück, peraltro nordamericana come Carson, è del 2020. Nel caso invece vincesse sarebbe il secondo Nobel per la Letteratura assegnato a una donna canadese – la scrittrice di racconti Alice Munro lo vinse nel 2013.
Al terzo posto tra i nomi più quotati c’è quello di un’altra francese, la scrittrice di romanzi autobiografici Annie Ernaux, che negli ultimi anni ha ottenuto una certa popolarità (è stata “scoperta”, dicono gli addetti ai lavori) anche al di fuori della Francia e da allora è diventata una presenza costante tra le scommesse sul Nobel. Ha 82 anni e da uno dei suoi libri è stato tratto L’événement (L’evento), il film che ha vinto il Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia del 2021: pubblicato in Francia nel 2000, racconta la storia del suo aborto clandestino.
In italiano si possono leggere anche vari altri dei suoi libri, tutti pubblicati di recente dalla casa editrice L’orma. Tra questi ci sono La donna gelata, originariamente pubblicato nel 1981, dedicato agli squilibri tra moglie e marito in un matrimonio dell’epoca; Gli anni, in cui gli avvenimenti della vita della scrittrice sono contestualizzati nella storia della Francia; e L’altra figlia, che parla della scoperta da parte di Ernaux dell’esistenza di una sorella morta prima della sua nascita.
La Francia è il paese che nei primi 120 anni del premio Nobel per la Letteratura ne ha ottenuti di più: 15 in totale, tutti assegnati a uomini. L’ultimo è stato Patrick Modiano, vincitore nel 2014.
Altri nomi ritenuti più probabili dalle agenzie di scommesse sono quelli di Adonis, un poeta siriano, e Ngũgĩ wa Thiong’o, uno scrittore keniota: entrambi si vedono nelle liste delle scommesse da tempo e Thiong’o in particolare è un «eterno favorito» nella definizione di Shepard. Anche lui è uno di quegli autori di cui negli ultimi anni sono stati pubblicati o ripubblicati in italiano molti vecchi libri, forse proprio per via di questa sua costante presenza nelle liste dei “papabili”: dopo l’assegnazione del Nobel per la letteratura i libri del vincitore vengono molto venduti e quindi per le case editrici è un’ottima cosa esserne l’editore.
In caso di vittoria di Thiong’o, i fortunati sarebbero alcuni piccoli editori e La Nave di Teseo, che nel 2019 ha pubblicato Il Mago dei corvi (2004), che parla di un dittatore affetto da una misteriosa malattia (si è gonfiato, fluttua in aria e non riesce a parlare) che può essere guarita solo da un giovane stregone. Se invece fosse la volta di Adonis, andrebbe bene a Guanda.
Secondo Shepard, Thiong’o è «forse il più meritevole della lista» e l’Accademia Svedese «sa che sta finendo il tempo per dargli il premio, dato che ha 84 anni».
Altri autori e autrici su cui si è scommesso parecchio sia negli scorsi anni che quest’anno sono Maryse Condé, una scrittrice originaria della Guadalupa, territorio d’oltremare francese che si trova nei Caraibi, autrice di romanzi storici, Jon Fosse, scrittore e drammaturgo norvegese molto noto in Scandinavia, e il giapponese Haruki Murakami, ritenuto un vincitore improbabile per via del suo grande successo di pubblico, come Philip Roth – morto nel 2018 – prima di lui.
Fosse in particolare è ritenuto avere qualche possibilità da Shepard, anche perché è dal 2011 che il Nobel non va a un autore scandinavo, cioè a scrittori più vicini geograficamente all’Accademia Svedese; quell’anno andò al poeta svedese Tomas Tranströmer. Ci sono stati tre premi Nobel per la Letteratura norvegesi finora, ma l’ultimo risale al 1928: fu vinto dalla scrittrice Sigrid Undset.
In generale la possibilità che sia uno scandinavo a ricevere il premio (o anche un europeo in generale) è considerata verosimile per via dell’ultimo Nobel. Il ragionamento delle fonti di Shepard è questo: «Avendo corretto il suo più evidente errore (il non aver assegnato il premio a un autore africano nero per più di 30 anni) con Gurnah, l’Accademia continuerà a riparare ai suoi errori (stavolta lo scarso numero di premiati asiatici) oppure guarderà più vicino a casa».
L’unica vera novità tra i nomi su cui si scommette quest’anno è Salman Rushdie, il celebre scrittore indiano-britannico per oltre 30 anni minacciato da una condanna a morte del regime iraniano dovuta a un suo romanzo, e accoltellato durante un evento pubblico ad agosto. Alcuni intellettuali, come il direttore del New Yorker David Remnick e il filosofo francese Bernard-Henri Lévy, hanno detto che il premio dovrebbe essere assegnato a lui come simbolo della libertà d’espressione, oltre che per i suoi meriti letterari, e gli scommettitori hanno dato peso alle loro parole.
C’è comunque un fatto pregresso che riguarda Rushdie e l’Accademia Svedese che non gioca a favore di un’eventuale premiazione dello scrittore: nel 1989, quando Ruhollah Khomeini, allora leader politico e religioso dell’Iran, annunciò la condanna a morte di Rushdie, l’Accademia non volle prendere posizione in sua difesa. Tanto che uno dei suoi membri, la scrittrice Kerstin Ekman, smise da allora di partecipare alle riunioni dell’istituzione per protesta.
All’epoca le regole sull’appartenenza all’Accademia prevedevano che non si potesse rinunciare a farne parte, ci si poteva solo astenere dal partecipare alle riunioni. Per questo la contrarietà di Ekman di fatto rese monca l’Accademia, privandola di uno dei suoi membri. Solo dopo lo scandalo legato al #metoo, a causa del quale il premio del 2019 era stato assegnato con un anno di ritardo, le regole sui membri dell’Accademia sono state cambiate: ora i membri possono volontariamente uscirne. L’eventuale premiazione di Rushdie rievocherebbe questi trascorsi poco sereni per l’Accademia.