Putin userà l’atomica?
Da decenni non eravamo così vicini all'uso in guerra di armi nucleari: rimane improbabile, ma bisogna comunque prendere le minacce di Putin sul serio
di Eugenio Cau
Da quando la Russia ha invaso l’Ucraina, il presidente russo Vladimir Putin ha minacciato più volte, in maniera più o meno velata, di utilizzare armi nucleari. Già da sola, questa minaccia è eccezionale: è da decenni che nessun leader di una potenza nucleare minaccia o anche soltanto accenna alla possibilità di usare armi nucleari, e questo è stato sufficiente per destare enormi preoccupazioni, che sono andate approfondendosi man mano che la guerra andava avanti.
Queste preoccupazioni sono in parte giustificate, ma devono essere trattate con estrema cautela: benché la possibilità che una bomba nucleare sia effettivamente usata nel corso della guerra non sia mai stata così concreta da decenni, rimane piuttosto improbabile, e sono ancora molte le condizioni che devono verificarsi perché Putin decida di sganciarne una sull’Ucraina o su un paese della NATO (ancora più improbabile). Inoltre, la maggior parte degli analisti immagina scenari in cui potrebbe essere usata un’arma nucleare cosiddetta “tattica”, cioè molto meno potente e distruttiva rispetto alle armi “strategiche” che siamo abituati a immaginare quando si parla di nucleare: cosa che sarebbe comunque molto grave.
Putin fa velate minacce sull’uso del nucleare dall’inizio della guerra, ma i suoi toni si sono fatti più concreti man mano che il suo esercito incontrava difficoltà maggiori, fino alle grosse perdite territoriali delle ultime settimane. La minaccia più grave e circostanziata è arrivata a fine settembre, quando Putin ha detto che gli Stati Uniti, avendo sganciato due bombe atomiche sul Giappone nel corso della Seconda guerra mondiale, hanno «creato un precedente», lasciando così intendere che anche la Russia potrebbe farlo sull’Ucraina.
Contestualmente Putin ha messo in atto «la più grave escalation dall’inizio della guerra», annettendo al territorio russo quattro regioni ucraine che l’esercito russo occupa solo parzialmente. In questo modo, come ha scritto l’Economist, Putin «ha trasformato una “operazione militare speciale”, a cui può porre fine in qualunque momento, in una guerra per il suolo russo, che è obbligato a vincere o a perdere».
Annettendo le quattro regioni ucraine, Putin sta cercando di trasformare una guerra di conquista in una guerra per la difesa dei confini nazionali russi, che devono essere protetti «con tutti i mezzi a nostra disposizione», ha detto sempre a fine settembre, anche in questo caso lasciando intendere che tra i mezzi da usare potrebbero esserci anche armi non convenzionali, come l’atomica. Nello stesso discorso, Putin ha aggiunto: «Questo non è un bluff»; e Putin dispone dell’arsenale nucleare più grande del mondo, per cui anche la minima possibilità che il suo non sia davvero un bluff deve essere presa in considerazione.
L’hanno fatto gli Stati Uniti, che tramite Jake Sullivan, il consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente Joe Biden, hanno detto che in caso di attacco nucleare la Russia subirebbe «conseguenze catastrofiche». Questo tipo di retorica non si sentiva dai primi decenni della Guerra fredda.
Perché Putin potrebbe essere tentato dalle armi nucleari
La ragione principale per cui Putin potrebbe usare un’arma atomica è che sta perdendo sul campo di battaglia. Da settimane l’esercito ucraino continua ad avanzare a est e a sud, liberando territori occupati dai russi, e non è detto che i 300 mila coscritti che la Russia intende inviare al fronte arrivino in tempo (o siano preparati a sufficienza) per fermare l’avanzata degli ucraini. Avendo fatto della guerra in Ucraina una questione di vita o di morte, ed essendo incapace di vincerla con forze convenzionali, Putin potrebbe decidere di adottare armi non convenzionali, sperando che gli consentano di rovesciare a suo favore gli equilibri del conflitto.
«Siamo in una situazione in cui la superiorità di risorse e di armamenti convenzionali è a favore dell’Occidente», ha detto al New York Times Vasily Kashin, un esperto di cose militari della Scuola superiore di economia di Mosca. «Il potere della Russia è basato sul suo arsenale nucleare».
Per questo, il regime russo potrebbe considerare di usare un’arma nucleare se la situazione sul campo dovesse continuare a peggiorare, e se l’occupazione dell’oriente ucraino fosse messa definitivamente a rischio. Come ha notato l’analista del Financial Times Gideon Rachman, «in una situazione disperata, Putin potrebbe sperare che l’uso di armi nucleari costituisca uno sconvolgimento così profondo da obbligare l’Occidente a negoziati e concessioni».
Armi nucleari tattiche
Bisogna anzitutto precisare che nessuno, né da parte russa né da parte occidentale, immagina che la Russia possa usare bombe nucleari cosiddette “strategiche”, cioè le bombe ad altissimo potenziale distruttivo, che vengono abitualmente montate su missili balistici intercontinentali e sono capaci di devastare intere città.
In tutti gli scenari e le ipotesi, si parla esclusivamente di bombe nucleari cosiddette “tattiche”, cioè a minor potenziale distruttivo, spesso così piccole da poter essere montate su un missile d’artiglieria. Le nucleari “tattiche” sono comunque armi terribili: il loro utilizzo porterebbe a conseguenze disastrose e sarebbe un precedente ingiustificabile, ma non creerebbero quel tipo di distruzione generalizzata che spesso ci si immagina quando si parla di “bomba nucleare”.
Gli esperti immaginano tre scenari principali in cui la Russia potrebbe usare armi nucleari in questa guerra.
Il primo è un “colpo dimostrativo” che non uccide nessuno, e avrebbe come unico obiettivo quello di intimorire l’Ucraina e i suoi alleati occidentali. Questo colpo dimostrativo potrebbe essere un test nucleare, da effettuare sottoterra o in superficie, forse perfino in prossimità del territorio ucraino. Una possibilità è far esplodere un’arma nucleare sul mar Nero, oppure sopra il territorio ucraino a elevata altitudine: in questo caso non verrebbe ucciso nessuno ma l’esplosione potrebbe causare un impulso elettromagnetico che provocherebbe enormi problemi agli apparecchi elettrici.
Il secondo scenario è che la Russia colpisca un obiettivo in Ucraina. Gli esperti parlano soprattutto di obiettivi militari, come per esempio piste dell’aviazione, depositi di artiglieria e di mezzi pesanti, oppure obiettivi isolati ma di un certo valore simbolico, come l’isola dei Serpenti nel mar Nero. Quasi tutti escludono invece un attacco su una città, perché non porterebbe nessun vantaggio militare.
La terza possibilità, infine, è un attacco nucleare contro un paese della NATO, per esempio contro i centri logistici in Polonia e in altri paesi dell’est Europa che gestiscono e smistano l’invio delle armi occidentali in Ucraina. È considerata di gran lunga la più remota e irrazionale, e per la Russia equivarrebbe a un suicidio, perché provocherebbe la reazione certa delle superiori forze NATO.
A Putin conviene?
Per capire se alla Russia convenga o meno fare uso di armi nucleari bisogna valutare due elementi: anzitutto quali potrebbero essere i benefici sul campo di battaglia, e in secondo luogo che tipo di reazione potrebbe avere l’Occidente.
Per quanto riguarda i benefici militari, cioè se l’utilizzo di armi nucleari sarebbe in grado di cambiare gli equilibri del conflitto, varie analisi sembrano indicare che per la Russia sarebbero scarsi. Il primo scenario, quello del “colpo dimostrativo” che non uccide nessuno, non porterebbe ovviamente quasi nessun beneficio, ma anche il secondo, quello in cui la Russia sgancia una bomba nucleare su un obiettivo militare ucraino, avrebbe un’utilità relativamente ridotta.
È da mesi che la Russia bombarda l’Ucraina con artiglieria e bombardamenti aerei, e l’esercito ucraino in risposta è diventato agile e sfuggente: gli ucraini evitano grandi concentrazioni di soldati e mezzi, si muovono in contingenti piuttosto ridotti, e fanno di tutto per evitare di esporsi ai bombardamenti russi. Per la Russia potrebbe essere difficile infliggere grossi danni all’esercito ucraino con una bomba nucleare “tattica”, esattamente come è diventato difficile farlo con armi convenzionali.
Inoltre è ormai convinzione di molti esperti che, quando si tratta di usarle in un campo di battaglia per ottenere obiettivi militari specifici, le armi nucleari tattiche siano sorprendentemente poco efficaci: sono poco precise e la loro capacità distruttiva è tutto sommato limitata contro una forza militare capace di disperdersi e di prendere le dovute contromisure. Parlando con l’Economist, Ben Barry, esperto del centro studi International Institute for Strategic Studies, ha stimato che servirebbero ben quattro bombe nucleari tattiche per eliminare una brigata di soldati ucraini (tra i 3.000 e i 5.000 uomini), anche se fossero tutti concentrati in posizione per un attacco.
Come ha scritto in maniera colorita Mark Thompson sul sito del Project On Government Oversight, un’organizzazione americana, «a parte l’Armageddon, le armi nucleari non hanno una vera utilità militare». Anche per questo, i paesi della NATO hanno dismesso la gran parte delle loro armi militari tattiche, tenendone attive circa 200, perché ritengono che per scopi militari specifici le armi convenzionali moderne siano più efficaci (la NATO, e soprattutto l’America, mantiene comunque un grande arsenale di armi nucleari strategiche e di altro tipo). Al contrario, la Russia ha ancora circa 2.000 bombe nucleari tattiche, molte delle quali ereditate dal periodo sovietico.
Tutto questo senza contare che l’utilizzo di armi nucleari in Ucraina contaminerebbe il territorio che la Russia dice di voler liberare, e che potrebbe generare una nube di materiale radioattivo che, a seconda del vento, potrebbe finire sul territorio russo.
L’idea generale, dunque, è che per Putin avrebbe davvero senso usare le armi nucleari (indipendentemente dallo scenario del loro utilizzo) soltanto se fosse sicuro di ottenere quell’effetto paralizzante e quello «sconvolgimento» di cui parlava Gideon Rachman: se, cioè, davanti alla devastante possibilità di una guerra nucleare l’Ucraina e l’Occidente, terrorizzati e divisi, decidessero di rinunciare di opporsi alla Russia, o comunque di ridurre molto la resistenza, per poi scendere a compromessi e fare concessioni.
È un’ipotesi molto remota.
Al contrario, è probabile che l’utilizzo di un’arma nucleare provocherebbe reazioni enormi in tutto il mondo, negative per la Russia. È probabile anzitutto che alcuni paesi che finora hanno visto l’invasione russa dell’Ucraina con benevolenza o indifferenza, come la Cina o l’India, si allontanino dal regime di Putin, contribuendo al suo isolamento economico e militare. Soprattutto, è probabile che anziché rinunciare a combattere l’Ucraina e l’Occidente risponderebbero con forza.
Cosa può fare l’Occidente
Rispondere a una minaccia nucleare eccezionale ed esplicita come quella fatta dal regime russo è estremamente complesso. L’Occidente deve mantenere alta la deterrenza, e far capire a Putin che se userà armi nucleari pagherà un prezzo, ma al tempo stesso evitare il rischio di una escalation militare. Anche per questo, dopo che Jake Sullivan aveva promesso «conseguenze catastrofiche» contro il regime russo, l’amministrazione americana ha poi precisato che con tutta probabilità un’eventuale risposta avverrebbe con armi convenzionali, non nucleari, lasciando intendere che non saranno gli Stati Uniti ad avviare una guerra atomica.
Tra le possibili misure che potrebbero creare un effetto di deterrenza e dissuadere Putin dall’usare un’arma nucleare potrebbe esserci un’ulteriore restrizione delle sanzioni economiche contro la Russia, che potrebbero estendersi alle sanzioni cosiddette “secondarie” (in cui non è sanzionata direttamente la Russia, ma i paesi che fanno affari con la Russia in certi ambiti). L’Occidente potrebbe anche preparare gli ucraini a resistere a un attacco con armi nucleari tattiche, fornendo equipaggiamento e addestramento.
Un livello successivo nella risposta occidentale potrebbe riguardare nuovi tipi di armi da inviare all’esercito ucraino. Finora gli Stati Uniti e i paesi europei hanno evitato di inviare all’Ucraina certi tipi di armi, come i jet da guerra F-16 o artiglieria a lunga gittata capace di colpire obiettivi in Russia, perché temevano che il loro invio avrebbe potuto costituire una provocazione militare eccessiva. Ma se Putin decidesse di fare un test nucleare o un “colpo dimostrativo” nei pressi dell’Ucraina, le cose potrebbero cambiare.
Infine, nell’ipotesi remota in cui la situazione dovesse precipitare e la Russia dovesse davvero usare un’arma nucleare contro l’Ucraina o perfino contro un paese NATO, c’è sempre la possibilità di un intervento militare diretto.
L’invio di forze di terra NATO in Ucraina è considerato estremamente improbabile, mentre una possibilità considerata da analisti è quella di un bombardamento, magari con forze convenzionali, che danneggi significativamente le capacità militari della Russia. Ben Hodges, generale americano in pensione, ha ipotizzato per esempio che la NATO potrebbe bombardare e distruggere la flotta russa nel mar Nero, o distruggere tutte le basi russe in Crimea. A quel punto, però, la Russia potrebbe rispondere, e la situazione degenerare rapidamente.
Insomma, la maggior parte degli analisti ritiene che l’utilizzo delle armi nucleari da parte del regime russo sarebbe una mossa tutto sommato irrazionale. Ma lo stesso veniva detto dell’invasione dell’Ucraina prima che avvenisse, e Putin in questi mesi ha già dato segni del fatto che il suo processo decisionale non sia esclusivamente improntato sulla razionalità.