Il piano di Napoli per recuperare miliardi di euro di tasse non pagate
È molto ambizioso e punta a evitare il fallimento del comune che negli ultimi decenni ha accumulato debiti enormi
Il comune di Napoli ha pubblicato un bando di gara per realizzare un nuovo sistema informatico pensato per recuperare i soldi di moltissime tasse e multe non pagate negli ultimi anni. Il “piano triennale di conciliazione”, è stato chiamato così dal comune, era atteso da tempo e fa parte dell’accordo che l’amministrazione aveva firmato con il governo per rimettere in sesto i conti: il sindaco Gaetano Manfredi, eletto un anno fa, lo ha definito essenziale per investire in nuove opere e servizi pubblici senza rischiare il fallimento. Recuperare i soldi di tasse arretrate è una normale attività amministrativa, ma in questo caso l’obiettivo è davvero eccezionale e ambizioso: il piano prevede di recuperare circa 2,2 miliardi di euro.
Incassare i soldi di tutte le tasse arretrate e diminuire il debito sono i due impegni principali che il comune si è preso con il cosiddetto Patto per Napoli, inserito nella legge di Bilancio approvata dal Parlamento alla fine dello scorso anno. Il Patto per Napoli è un accordo tra l’amministrazione comunale e lo Stato per evitare il fallimento e prevede un sostanzioso aiuto economico statale – 1,3 miliardi di euro – a fronte di un impegno del comune che dovrà sanare i conti nel più breve tempo possibile.
Il piano di conciliazione prevede la sostituzione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, azienda controllata dallo Stato, nella gestione del recupero degli arretrati: in sostanza il servizio verrà affidato a una società esterna, privata, i cui guadagni sono in parte legati al recupero delle tasse non pagate. Prima, però, vanno sistemate tutte le banche dati comunali che al momento sono mal organizzate e soprattutto non comunicano tra loro.
Soprattutto dovranno essere aggiornati i dati catastali per capire quanti sono gli immobili, quanto sono grandi, e a chi appartengono: per farlo è prevista una ricognizione aerea che consentirà di individuare nel dettaglio tutte le modifiche fatte negli ultimi anni, legalmente e non. In questo modo si riuscirà a capire con una certa precisione gli importi di tasse come l’IMU, la tassa sugli immobili, e la TARI, la tassa per la raccolta dei rifiuti. Secondo le previsioni, oltre a recuperare tutti i soldi arretrati questo piano consentirà al comune di incassare stabilmente 71 milioni di euro in più ogni anno.
A giugno, durante la discussione che aveva portato all’approvazione del bilancio di previsione, l’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta aveva parlato con franchezza della preoccupante situazione economica di Napoli dovuta principalmente alla scarsa efficienza nella riscossione delle tasse. La percentuale di riscossione dell’IMU è al 28 per cento e negli ultimi 5 anni il comune non ha riscosso 310 milioni di euro. Soltanto il 2 per cento delle multe fatte dalla polizia locale è stato pagato e per questo sono stati accumulati mancati pagamenti per 830 milioni di euro. 264 milioni di euro non vengono invece incassati per l’affitto di case e stabili di proprietà del comune, con un tasso di riscossione del 15 per cento. Per la TARI il tasso è al 38%, ma con arretrati per 816 milioni di euro.
Alle tasse non riscosse si devono poi aggiungere i debiti accumulati negli ultimi decenni: secondo una stima del Sole 24 Ore sulle somme già accertate, il comune di Napoli ha un debito di 2.599 euro per ogni abitante. In realtà è difficile capire con esattezza a quanto ammonti il debito totale. Negli ultimi mesi sono state diffuse stime molto diverse: c’è chi ha parlato di 2,2 miliardi di euro, chi si è spinto fino a 5,2 miliardi di euro. Nella nota con cui è stata annunciata l’approvazione del bilancio si legge che i debiti hanno raggiunto i 2,8 miliardi di euro.
Già durante il primo mandato del sindaco Luigi de Magistris, dieci anni fa, a Napoli emersero vecchi debiti per 800 milioni di euro accumulati dalle amministrazioni precedenti e che non sono stati ancora pagati: il consorzio Cr8, incaricato dei lavori successivi al terremoto dell’Irpinia del 1981, attende ancora 100 milioni di euro, ma ci sono anche debiti più recenti, come i 50 milioni risalenti all’emergenza rifiuti del 2008. Dal 2012 il comune è in una situazione che tecnicamente viene definita di pre-dissesto, una procedura di riequilibrio finanziario autorizzata dalla Corte dei Conti e che consente di accedere a un fondo specifico per pagare i debiti.
Le condizioni stabilite dieci anni fa prevedevano un prestito da 220 milioni da restituire in dieci anni a fronte di un risanamento attraverso la vendita del patrimonio, soprattutto immobiliare, il taglio delle spese e un aumento delle entrate. De Magistris avrebbe voluto spalmare il debito in trent’anni: nell’aprile del 2021 il tentativo era stato bloccato dalla Corte costituzionale che lo aveva giudicato illegittimo.
Oltre a non avere a disposizione i soldi delle mancate riscossioni, con cui si potrebbe coprire una quota significativa dei debiti accumulati negli ultimi decenni, il comune è stato costretto a mettere da parte una somma equivalente in un fondo chiamato tecnicamente “fondo crediti di dubbia esigibilità”. È uno strumento pensato dallo stato per incentivare le amministrazioni a recuperare gli arretrati. «Nella sostanza una beffa doppia», ha detto l’assessore Baretta. «Non solo c’è il mancato incasso, ma l’ente deve sottrarre risorse alla città e convogliarle nel fondo per parare il colpo dei mancati incassi che devono essere comunque iscritti a bilancio».
Baretta ha spiegato che non ci sono alternative a questo piano perché con una riscossione scarsa i servizi continueranno a essere scarsi. «Migliorare i servizi, migliorare la riscossione. Le due cose si tengono. L’altra scelta condanna al degrado», ha detto, invitando gli abitanti che devono pagare tasse arretrate a farsi avanti per mettersi in regola. Il comune ha assicurato che ci saranno garanzie per le persone in difficoltà economiche: avere dati più accurati e aggiornati consentirà di distinguere tra le emergenze sociali e chi invece non paga le tasse pur potendoselo permettere. Saranno previsti piani di rientro con rate dilazionate nel tempo e, nei casi di provate difficoltà economiche, una riduzione delle somme dovute.
Finora l’amministrazione è stata piuttosto veloce, anche per via della pressione fatta dal governo per la firma dell’accordo per sistemare i conti, ma prima di dare il via al piano servirà ancora tempo: il bando di gara scade il 29 novembre e solo a quel punto si potrà capire quante aziende hanno partecipato e quali saranno i prossimi passaggi. Se tutto andrà secondo i piani, senza ricorsi o intoppi, i primi risultati di questo lavoro saranno visibili a partire dal 2025.