L’Europa deve decidere cosa fare coi russi che fuggono all’estero
Molti cercano di scappare per non essere arruolati, e la Commissione per ora ha suggerito di adottare un approccio restrittivo
Da quando il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la mobilitazione di circa 300mila riservisti da mandare a combattere in Ucraina, decine di migliaia di russi hanno cercato di lasciare il paese per evitare di essere arruolati. Molti sono andati nelle ex repubbliche sovietiche limitrofe alla Russia, come Georgia o Kazakistan, mentre tanti altri hanno cercato di raggiungere l’Unione Europea attraverso la Finlandia, paese che condivide con la Russia un lungo confine di terra.
I paesi europei si stanno però mostrando divisi su come comportarsi riguardo all’accoglienza dei cittadini russi. Venerdì sono arrivate dalla Commissione europea indicazioni che suggeriscono di adottare un approccio restrittivo, che invitano a provare a distinguere chi ha ragioni concrete per lasciare la Russia e chi no: un compito difficile e laborioso se i flussi dovessero aumentare significativamente. A quanto sembra, però, anche solo rendere più lunghe e farraginose le procedure di ingresso potrebbe essere considerato un risultato soddisfacente per le istituzioni europee, perlomeno per il momento.
La commissaria degli affari interni Ylva Johansson ha detto venerdì che gli stati membri dovrebbero fare «esami minuziosi quando valutano le richieste di visti da parte dei cittadini russi, e controlli rigorosi ai confini esterni dell’Unione». Secondo Johansson, in pratica, gli stati dovrebbero valutare caso per caso se i cittadini russi possono entrare: «avere un visto valido non è sufficiente per avere accesso all’area di Schengen o all’Unione europea».
Come ha spiegato Politico, quella di Johansson non è una direttiva ufficiale, ma sembra approvare le decisioni di quei paesi che hanno deciso nei giorni scorsi di introdurre restrizioni per i russi che vogliono entrare nell’Unione per turismo. Secondo Johansson va data priorità ai visti di giornalisti e dissidenti russi, limitando quelli per chi ufficialmente viaggia come turista.
Germania e Francia si sono mostrate finora più favorevoli a politiche di accoglienza: la ministra dell’Interno tedesca Nancy Faeser ha detto che «chiunque si opponga coraggiosamente al regime di Putin e quindi si trovi in grave pericolo può chiedere asilo per motivi di persecuzione politica».
In Francia, alcuni membri del Senato hanno sostenuto che l’Unione Europea abbia il dovere di aiutare chi fugge dal regime russo e hanno detto che rifiutarsi di farlo rischia di facilitare la retorica propagandistica di Putin sulle ostilità dell’Occidente nei confronti della Russia. Anche il presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, si è mostrato possibilista rispetto all’accoglienza dei russi: a Politico, in occasione dell’Assemblea Generale dell’ONU a New York, Michel ha detto che l’Unione Europea deve mostrarsi «aperta nei confronti di chi non vuole essere strumentalizzato dal governo russo».
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Ma altri paesi europei hanno adottato posizioni molto più chiuse e più dure, soprattutto i paesi baltici, cioè Lituania, Lettonia ed Estonia. Il ministro degli Esteri lituano Gabrielius Landsbergis ha detto che «i russi devono stare dove sono e combattere: contro Putin». Il suo omologo lettone, Edgars Rinkevics, ha detto che accogliere i russi pone «significativi rischi» per la sicurezza di tutta l’Unione Europea. Rinkevics ha anche criticato i russi per aver deciso di prendere una posizione contro la guerra solo adesso che rischiano di esserne personalmente danneggiati, dopo aver tollerato in tutti i mesi passati i crimini compiuti dal loro governo in Ucraina. Rinkevics ha aggiunto che «è pieno di paesi fuori dall’Unione Europea» in cui i russi possono andare. Anche il ministro dell’Interno estone Lauri Laanemets ha assunto posizioni simili.
Non è ancora chiaro se l’Unione Europea deciderà di affrontare questo problema definendo una posizione comune per i paesi membri. Nel frattempo sembra che Putin stia cercando di arruolare nuovi soldati anche nei territori ucraini occupati dai russi, forzando gli stessi ucraini che vivono in quei territori – soprattutto a Kherson, ma anche in Crimea – ad unirsi all’esercito russo che sta portando avanti l’invasione dell’Ucraina.
Per il momento, secondo quanto detto da un portavoce dell’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo a Politico, l’aumento delle richieste di protezione internazionale da parte di cittadini russi è stato «piccolo ma significativo»: sono state 7.300 tra gennaio e luglio. «L’Agenzia sta monitorando l’impatto della mobilitazione parziale di riservisti» ordinata da Putin, ha detto il portavoce.