I tribunali per i minorenni cambieranno in un modo che non piace ai magistrati minorili
In molti stanno protestando per come la riforma Cartabia limiterà l'apporto di psicologi e assistenti sociali nelle decisioni sui ragazzi
Il Consiglio dei ministri ancora in carica ha votato il 28 settembre l’approvazione finale ai decreti attuativi della riforma Cartabia sulla giustizia, e tra questi ci sono anche quelli che riguardano i tribunali per i minorenni e che dovrebbero entrare definitivamente in vigore nel giugno del 2023. È una parte della riforma contro la quale hanno protestato, anche nelle ultime settimane, molti magistrati minorili, ma le critiche erano iniziate fin da quando la proposta di riforma era stata presentata. Le più severe definiscono la riforma «reazionaria», destinata a «stravolgere il sistema della giustizia minorile».
In particolare, le critiche maggiori riguardano il fatto che il tribunale per i minorenni, che cambierà anche nome, perderà le sue caratteristiche di collegialità e multidisciplinarietà. Significa che non ci saranno più, o comunque il loro apporto sarà molto limitato, i giudici onorari, cioè quei professionisti esperti, psicologi, neuropsichiatri e assistenti sociali, che hanno sempre affiancato i giudici togati nell’esame dei casi da trattare e nelle decisioni riguardo ai minorenni.
«Abbiamo provato in ogni modo a far capire che la riforma ha criticità molto pesanti», dice Cristina Maggia, presidente dell’Aimmf, Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e per la famiglia, «ma non c’è stato nulla da fare. Eppure è il tribunale per i minorenni a vivere quotidianamente i problemi. Nei nostri uffici arriva tutto il peggio che l’umanità riesce a fare ai danni dei più piccoli».
Il tribunale per i minorenni non si chiamerà più così, bensì tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie. Ma le novità sono anche e soprattutto sostanziali. Il tribunale per i minorenni ha competenze amministrative, civili e penali. In campo amministrativo, si occupa di “misure applicabili ai minori per condotta e per carattere”. In pratica, quando un minore di 18 anni dà “manifeste prove di irregolarità della condotta o del carattere”, la procura per i minorenni, i genitori, i servizi sociali o il tutore possono chiedere al tribunale di prendere provvedimenti, e cioè affidare il minore ai servizi sociali, o collocarlo in una struttura.
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Per quanto riguarda il campo civile, le competenze del tribunale riguardano soprattutto la protezione del minore in situazioni di abbandono o di pregiudizio (situazioni di grave disagio o gravi fragilità genitoriali). Se vengono accertate queste condizioni, il tribunale può decidere limitazioni all’esercizio della responsabilità genitoriale fino alla decadenza, disporre il collocamento del minore fuori dalla famiglia o dichiararne l’adottabilità. Si occupa poi del riconoscimento di figli naturali, di autorizzazioni al matrimonio dei minorenni, della rimozione di un genitore dall’amministrazione dei beni, dell’autorizzazione ad avere informazioni sulle proprie origini da parte del minore adottato. E ancora, di tutto ciò che riguarda adozioni nazionali e internazionali e delle procedure di rimpatrio dei minori sottratti.
Infine, per ciò che riguarda le competenze penali, il tribunale per i minorenni è competente per tutti i reati commessi da coloro che al momento del fatto erano minorenni.
Il tribunale per i minorenni era stato concepito ed è sempre stato un tribunale ordinario in forma collegiale, composto da due giudici togati e due onorari. I giudici onorari non sono dipendenti pubblici, ma partecipano a un bando emesso ogni tre anni e poi vengono nominati dal ministero della Giustizia. Con la riforma, i giudici onorari rimarranno solo per alcune competenze marginali. Il tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie avrà quindi un giudice unico, togato: i giudici togati sono magistrati ordinari.
L’obiettivo, secondo i promotori della riforma, è quello di razionalizzare il sistema, di evitare la frammentazione delle competenze, di sveltire le procedure. «Con questa riforma, però», dice ancora Maggia, «si ottiene il risultato opposto. Ma soprattutto i minori, che erano destinatari di un ufficio giudiziario a loro dedicato, ora anche nel nome – tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie – sono schiacciati tra le persone e la famiglia. Nella nuova formulazione vengono posti al centro gli adulti e i loro diritti prima di tutto».
La riforma, secondo il parere dell’Aimmf, si è inoltre concentrata su norme che riguardano gli adulti che vivono esperienze di separazione o divorzio, e in particolare le donne che subiscono maltrattamenti all’interno di un rapporto di coppia. Il benessere dei bambini, che spesso vivono con sofferenza i conflitti dei genitori e subiscono maltrattamenti da entrambi, secondo le critiche viene di conseguenza meno considerato.
La nuova legge di fatto cancella la collegialità e la multidisciplinarietà del tribunale che, a detta dei magistrati minorili, erano fondamentali soprattutto nelle decisioni più delicate che possono portare all’allontanamento del minore e al suo inserimento in affido etero-familiare, cioè a una famiglia diversa da quella d’origine, o a una comunità. La riforma poi affida la responsabilità delle decisioni a un giudice monocratico, cioè a un solo magistrato. «È una scelta», sostiene Maggia, «che diminuisce la competenza del giudicante e si rivelerà certamente dannosa, soprattutto dal punto di vista di minori che hanno bisogno di giudici che li comprendano a fondo e sappiano prendere decisioni forti e urgenti. Si è deciso di fare a meno del contributo di chi ha il compito di saper vedere oltre le parole».
Dopo il caso di Bibbiano del 2019, quando amministratori e assistenti sociali furono accusati di aver redatto o agevolato relazioni false per allontanare bambini dalle loro famiglie e darli in affido, in alcuni casi, ad amici e conoscenti, l’allora ministro della Giustizia Alfonso Bonafede dispose una ricognizione sul sistema degli allontanamenti. Venne evidenziato come la percentuale di allontanamenti in Italia fosse la più bassa in Europa e che per il 70% fossero decisi dai tribunali per i minorenni. «È la prova che quelle trattate dai tribunali per i minorenni sono le situazioni più gravi e dolorose e che la mancata specializzazione dei giudici ordinari può incidere sulla capacità di riconoscere il disagio di un bambino e indurre il giudice all’inerzia, cioè alla protezione mancata».
In base alla riforma ogni minore di 12 anni coinvolto in una procedura deve essere ascoltato sempre e solo dal giudice togato. Viene quindi escluso l’apporto di un giudice onorario con competenza specifiche – magari uno psicologo o un neuropsichiatra infantile – che dovrebbe essere dotato delle capacità per avvicinarsi al bambino evitandogli traumi ulteriori. «Ci saranno giudici giovani, con poca esperienza, che si troveranno improvvisamente da soli», dice Maggia, «ad affrontare casi di allontanamento per motivi gravissimi».
In un documento presentato a un convegno dell’associazione Aimmf si parla anche di un problema più pratico:
Al di là delle inesistenti professionalità, proprio con riferimento alla obbligatorietà e non delegabilità dell’ascolto, sorgeranno difficoltà pratiche. Mettiamo infatti che l’ascolto di un bambino duri mezz’ora: è stato considerato il numero di bambini che il giudice circondariale potrà sentire e i tempi richiesti da questa attività? (…) Per un ascolto degno di questo nome, ci vuole calma, un luogo idoneo, un tempo adeguato e una disponibilità ad accogliere e comprendere modalità comunicative diverse da quelle degli adulti. Occorrono capacità tecniche e strumenti che i giuristi non possiedono.
Quello organizzativo è un altro aspetto che viene considerato critico. La riforma per quanto riguarda il tribunale per minorenni è a costo zero, non sono quindi previsti allargamenti di organico. Quanto al costo dei giudici onorari, sono meno di mille euro lordi al mese per un impegno di due-tre mattine a settimana con l’ascolto di tre persone al giorno. Hanno scritto in un documento i magistrati:
Già oggi operiamo con organici ampiamente sottodimensionati, con carichi di lavoro molto consistenti (a Milano, ad esempio, oltre 8.000 nuove segnalazione civili e 4.000 penali all’anno) ed in progressivo aumento a cui non riusciamo a far fronte sempre adeguatamente. Con la riforma aumenteranno le nostre competenze attraverso il trasferimento alle Procure minorili delle funzioni civili già spettanti alle Procure ordinarie, ma ciò non può avvenire “a costo zero”, senza un consistente ampliamento degli organici.
C’è infine un altro problema ed è quello dell’informatizzazione delle procedure che è previsto dalla riforma ma che avrà tempi piuttosto lunghi visto che a oggi, dicono i magistrati minorili, «viaggiamo ancora con la carta».