È stata archiviata l’inchiesta sulla morte di Imane Fadil
Era stata una delle testimoni nel processo “Ruby Ter”, ed era morta nel 2019 in circostanze inizialmente poco chiare
La giudice per le indagini preliminari (gip) del tribunale di Milano, Alessandra Cecchelli, ha archiviato l’indagine sulla morte di Imane Fadil, la modella di origine marocchina nota per essere stata una delle testimoni nel processo “Ruby Ter”, morta l’1 marzo 2019 in circostanze inizialmente poco chiare. Dodici medici erano indagati per omicidio colposo, ma alla fine la giudice ha rilevato che non c’è nessun responsabile per la morte della modella.
Della sua morte si parlò molto perché il processo “Ruby Ter” è quello sulla presunta compravendita di testimonianze da parte dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: nel processo, Berlusconi è accusato di avere corrotto le donne che parteciparono ad alcune cene nella sua villa ad Arcore allo scopo di indurle a mentire nei processi “Ruby” e “Ruby bis”. In un filone del processo Berlusconi è stato assolto, ma ce ne sono altri due ancora aperti.
Fadil era stata ricoverata il 29 gennaio del 2019 all’Humanitas di Milano in condizioni cliniche molto gravi. Era stata presa in carico da un gruppo multidisciplinare che aveva provato ogni intervento clinico possibile per la cura e l’assistenza della paziente, senza però riuscire a capire la causa della sua condizione.
Dopo l’apertura di un’inchiesta sulla sua morte, per giorni sui giornali erano circolate varie teorie sulla possibilità che Fadil fosse morta per avvelenamento da sostanze radioattive. Era un’ipotesi resa maggiormente suggestiva, almeno per i giornali, dal fatto che Fadil fosse stata testimone in uno dei processi sulla presunta compravendita di testimonianze che coinvolgeva Silvio Berlusconi.
A circa sei mesi di distanza dalla morte la procura aveva però fatto sapere che a quel punto c’era «la certezza» che Fadil fosse morta per aplasia midollare, e aveva chiesto l’archiviazione, escludendo anche eventuali responsabilità dei medici che l’avevano avuta in cura.
Nel gennaio del 2021, la gip Cecchelli aveva però chiesto ulteriori indagini sui medici per verificare se ci fosse un «nesso» tra la morte di Fadil e la «condotta dei sanitari» e per capire se «un accertamento più tempestivo della diagnosi della malattia» sarebbe stato possibile e avrebbe potuto impedire la sua morte.
L’archiviazione dell’inchiesta è stata decisa dopo che una consulenza di esperti e medici legali ha rilevato che non c’è «alcuna responsabilità professionale da imputare sotto il profilo penalistico a carico dei sanitari intervenuti» e che «non si ravvede come una gestione clinica differente della vicenda avrebbe senza dubbio scongiurato il verificarsi del decesso».