Quando gli uomini iniziarono a vestirsi “da uomini”
Accadde anche per le scelte di stile del precedente re inglese di nome Carlo, che voleva differenziarsi da Luigi XIV di Francia
Sui tappeti rossi degli eventi mondani si vedono sempre più spesso outfit poco convenzionali (alcuni esempi), ma nei contesti più comuni ancora oggi gli uomini occidentali si vestono “da uomini”, cioè con quella specie di uniforme fatta di pantaloni, camicia e giacca, mentre le donne hanno a disposizione molte più opzioni. Le differenze di genere nel modo in cui ci vestiamo però non sono sempre state quelle a cui siamo abituati, e secoli fa anche tra gli abiti maschili, almeno quelli di chi poteva permetterselo, c’era grande varietà.
Le cose cambiarono tra Settecento e Ottocento, con la Rivoluzione industriale e la nascita della società borghese, che portò alla codifica dell’abbigliamento maschile per come lo conosciamo oggi. È una delle cose che racconta Andrea Batilla, esperto di moda e consulente per varie aziende, nel suo ultimo libro Come ti vesti. Cosa si nasconde dietro gli abiti che indossi, pubblicato all’inizio del mese da Mondadori. Nel primo capitolo, di cui pubblichiamo un estratto, Batilla spiega che contribuirono al cambiamento anche le scelte di stile del re Carlo II d’Inghilterra, che volle distinguersi dalla sfarzosità di suo cugino Luigi XIV di Francia, allontanando la moda inglese da quella francese.
***
Chi avesse viaggiato da Parigi a Londra intorno alla fine del Settecento si sarebbe accorto che i modi di vestire erano molto diversi: i parigini che al tempo avevano come re nientedimeno che Luigi XVI (quello che verrà decapitato qualche mese prima della sua consorte, la famosa Maria Antonietta, durante la Rivoluzione) e che stavano faticosamente uscendo dallo stile rococò consideravano elegante un uomo che portava una lunga giacca di seta con bordi ricamati d’oro (vero) abbinata a braghe sotto al ginocchio (culotte) dello stesso tessuto, un gilet lungo sempre in seta e con bordi ricamati, un colletto di lino con fazzoletto da collo guarnito in pizzo, scarpe in velluto con tacco e con la suola rossa (eh sì, proprio come quelle scarpe lì…), una parrucca più o meno gigantesca cosparsa di cenere o farina e un trucco che al confronto il contouring di Kim Kardashian è da dilettanti.
Gli inglesi, invece, avevano un abbigliamento più pratico derivante essenzialmente dal fatto che abitavano molto più in campagna che in città e che cominciavano a frequentare fabbriche anziché palazzi nobiliari: un barone scozzese avrebbe messo un cappotto a redingote in lana con il colletto piano e le maniche aderenti, un gilet lungo con culotte in camoscio (vero), stivali da equitazione e capelli e viso al naturale. Su questo punto è fondamentale ricordare che il classico lord inglese che abbiamo ben fissato nel nostro immaginario stava in campagna non perché avesse aspirazioni bucoliche o si sentisse più romantico dei suoi colleghi francesi o tedeschi, ma perché i suoi possedimenti terrieri prima e le fabbriche subito dopo erano tutti lontano da Londra. Le residenze in mezzo alla brughiera non erano posti di vacanza, come forse molti credono, ma luoghi di lavoro prima dell’aristocrazia e poi della nuova borghesia imprenditoriale, che peraltro nel tempo si mescolarono grazie a matrimoni molto interessati da entrambe le parti: chi voleva un titolo, chi voleva i soldi. Questo stile di vita è stato uno dei principali motori di cambiamento del modo di vestirsi degli uomini dell’Ottocento oltre, ovviamente, a essere il centro narrativo della serie televisiva Downton Abbey.
Anche se ancora durante la Guerra dei sette anni, che si svolse tra il 1756 e il 1763 e coinvolse tutto il mondo all’epoca conosciuto facendo scontrare principalmente Francia e Inghilterra, alcuni ufficiali inglesi partivano alla volta dei campi di battaglia con kit da viaggio di cui facevano parte profumi, rossetti, ciprie, fard e mascara, questa non era più la norma per un gentleman o un borghese inglese. Per montare la parrucca a Sir Lumley Skeffington, estroso nobile che a tempo perso faceva il drammaturgo a inizio XIX secolo, ci volevano 6 camerieri, ma in generale il suo look esagerato era guardato con un certo disgusto soprattutto dagli appartenenti alla nascente classe borghese, che lo soprannominarono «French toy» cominciando a mettere in giro l’aggettivo «effeminato» in senso altamente dispregiativo. Nel 1795 in Inghilterra con il Duty on Hair Powder Act venne emessa dal Parlamento una legge che, per finanziare le guerre contro la Francia napoleonica, applicava una tassa salata sulla farina che uomini e donne mettevano sui capelli. Il termine Whigs (parrucche) designa proprio la parte progressista del Parlamento inglese che, vicino allo spirito della Rivoluzione francese, non ne faceva più uso. Poi ditemi che la moda non è una cosa seria.
L’uniforme borghese si forma quindi come un progressivo distacco da quella aristocratica e ognuno dei suoi tratti nasce come un rifiuto dell’estetica e dell’etica precedenti. Il concetto stesso di effeminatezza, come abbiamo detto, che non esisteva prima dell’Ottocento, viene creato e assume un’accezione negativa proprio in questo periodo per una semplice ragione di differenziazione tra maschi lavoratori e maschi nullafacenti, mentre la parola «omosessualità» appare per la prima volta nel 1869 grazie a Karl-Maria Kertbeny perché, come spiega molto bene Paolo Zanotti nel suo libro Il gay, dove si racconta come è stata inventata l’identità omosessuale, la borghesia dà un’importanza enorme alla sessualità come fattore identitario e la capacità di controllare istinti ritenuti bassi e sconvenienti viene considerata segno di superiorità. Tutto concorre alla creazione del nuovo paradigma dell’uomo integerrimo che si è fatto da sé e che tiene tutto sotto controllo.
Esiste peraltro un episodio semimitologico che racconta l’inizio di questa scissione tra la seria praticità del vestire inglese e gli ormai macchiettistici abiti ancien régime francesi. È la storia di Carlo II d’Inghilterra, cugino di quel Luigi XIV familiarmente noto come Re Sole.
Carlo II viene proclamato re d’Inghilterra il 30 gennaio 1649, il giorno in cui suo padre Carlo I viene decapitato dai ribelli antimonarchici guidati da Oliver Cromwell, che così facendo trasformano l’Inghilterra in una repubblica. Tra il 1646 e il 1650 Carlo II vive in realtà in un dorato esilio alla corte del cuginetto Luigi XIV, cercando poi di contrastare militarmente il regime di Cromwell e diventare il nuovo sovrano. Carlo trova un paese diviso dalla guerra, praticamente in preda all’anarchia e, come se non bastasse, nel 1665 gli capita la più grande epidemia di peste che abbia mai colpito Londra e l’anno successivo un incendio devastante che in pratica rade al suolo la città. Peggio non poteva andare e per questa ragione una delle prime cose che il nuovo re decide di fare è cambiare il suo modo di vestire, smettendo di imitare gli stravaganti usi e costumi francesi di stampo cattolico e aderendo ai molto più morigerati costumi dei ribelli, che erano una parte ortodossa dei protestanti e si facevano chiamare «puritani». Più o meno, oggi l’aggettivo ha ancora lo stesso significato, e se non sapete a cosa mi riferisco basta che vi guardiate The Village, bellissimo film del 2004 di M. Night Shyamalan, che parla proprio di una comunità puritana negli Stati Uniti del XIX secolo.
I puritani erano un gruppo religioso che oggi definiremmo di «estremisti ortodossi», perché osservavano alla lettera i comportamenti prescritti dalla Bibbia, professavano la totale libertà di culto e soprattutto detestavano ogni tipo di gerarchia. Quello che interessa a noi, però, è che i puritani per distinguersi dai ricchi nobili monarchici decidono, tra le altre cose, di smetterla con le parrucche e di tagliarsi i capelli alla paggetto. Vengono per questo chiamati in senso dispregiativo roundheads, teste rotonde, ma in realtà gettano i semi di una fortissima divisione estetica, che va verso una grande semplificazione del modo di apparire e diventerà uno dei tratti distintivi della nascente classe borghese.
Capendo qual era il pensiero dominante in patria, Carlo riduce il suo abbigliamento a tre pezzi: un gilet lungo, una giacca o cappotto in lana inglese e una camicia di lino (oltre, ovviamente, ai pantaloni). Un look lontanissimo da quello del più famoso e fastoso cugino, ma decisamente più vicino alle abitudini degli inglesi, più rispettoso della religione protestante (e puritana) e reale punto di origine di quello che diventerà il guardaroba dell’uomo moderno.
Edizione pubblicata in accordo con Donzelli Fietta Agency
© 2022 Mondadori Libri S.p.A., Milano