Si può davvero morire “di vecchiaia”?
Lo diciamo spesso quando muore una persona molto anziana e apparentemente in salute, ma è più complicato di così
Quando una persona molto anziana e apparentemente in salute muore si dice spesso che è “morta di vecchiaia”, con un implicito riferimento all’età avanzata come unica causa di morte. Lo si è detto di recente anche nel caso della regina Elisabetta II del Regno Unito, sulla cui morte a 96 anni la monarchia britannica non ha fornito alcun dettaglio. La morte di vecchiaia è comprensibilmente l’aspirazione di molti, ma non rientra strettamente nelle statistiche dei decessi, anche se in alcuni paesi con una popolazione molto longeva, come il Giappone, si inizia a discutere sulla possibilità di introdurla come possibile definizione di principale causa di morte.
Di solito, dopo il decesso di una persona, un medico provvede a compilare un certificato di morte, nel quale fornisce informazioni sulle condizioni di salute prima del decesso e sulle probabili cause di morte. In molti casi queste sono evidenti, per esempio se il decesso è avvenuto in seguito a un incidente o a una malattia già diagnosticata come un tumore, in altri sono più difficili da riconoscere e spesso legate a problemi di salute che non erano stati rilevati.
La causa ultima di un decesso è sempre la stessa: un arresto cardiaco che di conseguenza impedisce agli organi e ai tessuti di ricevere ossigeno e altre sostanze tramite la circolazione sanguigna. Una morte cerebrale, con la quale si perdono la capacità di respirare e di mantenere altre funzioni vitali, può anticipare la fine dell’attività cardiaca, ma è comunque quest’ultima a essere considerata nella maggior parte dei casi il punto di arrivo di un’esistenza.
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In linea di massima, i problemi di salute che causano la morte nelle persone molto anziane non sono molto differenti da quelli che si possono presentare nei soggetti più giovani, che riescono però a reagire meglio. Con l’invecchiamento aumenta infatti il rischio che con una malattia o un trauma si presentino complicazioni, che possono protrarsi a lungo rendendo più probabile lo sviluppo di malattie croniche. I processi di invecchiamento possono inoltre mascherare i sintomi di alcune malattie, rendendo difficile la loro diagnosi e l’avvio dei trattamenti per tenerle sotto controllo. Accade spesso che una persona anziana muoia a causa di uno o più problemi di salute che non sapeva di avere e caratterizzati da una lenta evoluzione, dovuta al rallentamento del metabolismo rispetto alla giovane età.
Proprio a causa di queste circostanze, un tempo l’indicazione sulla morte di vecchiaia era utilizzata di frequente dai medici, perché non c’erano molte possibilità di risalire alle cause effettive del decesso. Le minori possibilità di diagnosi facevano sì che queste rimanessero piuttosto confuse, spingendo a indicare per lo più l’arresto cardiaco. Oggi le principali istituzioni sanitarie sconsigliano di dare indicazioni così vaghe, perché da segnalazioni più precise sulle cause di un decesso si possono derivare informazioni importanti di carattere epidemiologico e di sanità pubblica.
In Italia, i certificati di morte vengono compilati partendo dalla causa iniziale e finendo con quella terminale, spesso legata all’arresto cardiaco. In ambito internazionale viene invece applicato un sistema inverso, con la presentazione della causa ultima e a risalire delle precedenti.
Durante la pandemia da coronavirus, diventata una delle principali cause di morte negli ultimi due anni e mezzo in molte aree del mondo, si era discusso sull’opportunità di indicare i decessi dei malati “per” o “con” COVID-19. Nel senso di stabilire se una persona fosse morta direttamente per il coronavirus, oppure se fosse morta per altre cause mentre era contagiata, o ancora perché l’infezione aveva peggiorato altri problemi di salute che avevano poi causato direttamente la morte. Al di là delle polemiche e delle strumentalizzazioni, il confronto aveva messo in evidenza quanto possa essere difficile identificare i processi di causa effetto che portano a un decesso, specialmente tra le persone anziane.
La pandemia ha comunque portato le istituzioni sanitarie a esplorare meglio il tema delle morti di vecchiaia. L’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), per esempio, a inizio anno ha pubblicato la nuova versione della classificazione internazionale delle malattie, incidenti e cause di morte (ICD-11), includendo per la prima volta la voce “Invecchiamento associato a un declino delle capacità intrinseche” dei pazienti. La formulazione faceva inizialmente riferimento all’età avanzata, ma era stata poi cambiata in seguito ad alcune critiche sull’utilizzo di termini che avrebbero potuto indurre a pensare che una persona fosse malata perché semplicemente anziana.
L’opportunità di indicare la vecchiaia come principale causa di morte è comunque discussa in ambito sanitario, considerato che l’età è un fattore di rischio molto rilevante associato alla progressiva perdita di alcune funzionalità dei tessuti del nostro organismo. Il Giappone, il paese con la più alta percentuale di persone sopra i 65 anni, contempla nelle proprie statistiche l’età come causa di morte. Negli ultimi anni la morte per vecchiaia è terza, preceduta da quella per problemi cardiovascolari e per cancro. Ogni dieci decessi nel paese, uno è segnalato come morte di vecchiaia.
L’indicazione è accettata nel paese, ma solleva qualche perplessità perché sembra indicare una condizione inevitabile, riconoscendo che non si potesse fare nulla per prolungare la vita della persona poi deceduta. D’altro canto, l’indicazione di una malattia nel certificato di morte di una persona molto anziana non aggiunge sempre molto, considerato che non tutti i trattamenti possono essere eseguiti su soggetti anziani e fragili, specialmente se invasivi e tali da compromettere la qualità della vita nell’ultimo periodo della loro esistenza.
Nelle indicazioni delle istituzioni sanitarie giapponesi, l’indicazione di morte di vecchiaia deve essere utilizzata come ultima risorsa, solo nel caso in cui non sia possibile specificare altre cause. Se una persona a causa della demenza senile e di altri problemi di salute non assume più regolarmente alcuni farmaci e sviluppa complicazioni, come una polmonite, sul certificato di morte dovrebbe essere indicata quest’ultima insieme all’indicazione del decesso a causa dell’età avanzata.
L’obiettivo è di trovare il giusto equilibrio tra le informazioni da inserire nei certificati per le statistiche e per i parenti della persona deceduta, senza aggiungere dettagli su altre condizioni di salute che potrebbero far pensare a una scarsa assistenza medica prima del decesso. Con questo approccio si possono mettere le cose in una prospettiva accettabile, facendo comprendere come quella che viene definita “morte di vecchiaia” sia in realtà il risultato di un processo più complesso, che non sempre può essere ricostruito in ogni suo dettaglio.