Dieci giorni di proteste in Iran
Le manifestazioni contro il regime si stanno concentrando soprattutto nel Kurdistan iraniano: intanto negli scontri con la polizia sono morte almeno 41 persone
In Iran vanno avanti ormai da dieci giorni le grosse proteste contro il regime iraniano provocate dal probabile omicidio di Mahsa Amini, una donna di 22 anni morta il 16 settembre in carcere a Teheran dopo essere stata arrestata dalla polizia religiosa per non aver indossato correttamente il velo. Le proteste contro la polizia e il regime, ritenuti responsabili della morte di Amini, erano cominciate in diverse città del paese quello stesso giorno, e sono proseguite fino a oggi.
Ufficialmente le persone uccise nelle manifestazioni finora sono 41 (soprattutto manifestanti e alcuni membri delle forze dell’ordine), ma secondo l’organizzazione per i diritti umani Iran Human Rights sarebbero almeno 57.
Nel corso delle proteste, i manifestanti hanno lanciato pietre, incendiato automobili, edifici e cartelloni pubblicitari per strada e intonato il coro «Morte al dittatore», rivolto ad Ali Khamenei, la Guida suprema dell’Iran, cioè la principale figura politica e religiosa del paese e rappresentante dell’ala più intransigente e conservatrice del regime. Hanno partecipato moltissime donne e uno dei loro gesti di protesta più ripetuti è stato quello di togliersi il velo: alcune lo hanno bruciato e altre si sono tagliate pubblicamente i capelli in segno di protesta.
La repressione è stata durissima: in alcuni casi la polizia ha sparato verso le finestre delle case e lanciato lacrimogeni negli appartamenti. Oltre ai manifestanti uccisi ci sono state centinaia di arresti, testimoniati anche da immagini e video che sono circolati nonostante un blocco di Internet in gran parte del paese: il presidente iraniano, l’ultraconservatore Ebrahim Raisi, ha fatto capire molto chiaramente di non essere intenzionato a cambiare approccio e di voler continuare a reprimere le proteste con l’obiettivo di annullarle.
Le proteste più dure e intense si stanno tenendo soprattutto nel Kurdistan iraniano, la regione da cui proveniva Amini e in cui le manifestazioni si sono trasformate in una rivolta contro le discriminazioni che da tempo il regime attua contro la minoranza curda: sono contestazioni che «non riguardano solo il velo», ha detto al New York Times Hana Yazdanpana, portavoce del gruppo paramilitare Partito della Libertà del Kurdistan: «I curdi vogliono la libertà».
Sembra che tra i manifestanti uccisi ci sia Hadis Najafi, una donna di circa 20 anni diventata nota nei giorni scorsi per un video circolato molto online che la mostrava senza hijab a Karaj, a circa 30 chilometri da Teheran, mentre si raccoglieva i capelli prima di unirsi alle proteste: la sua famiglia ha detto a Reuters che Najafi sarebbe morta a causa di alcuni colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia. La notizia però non è certa: lunedì mattina infatti un’altra donna, che non si chiama Hadis Najafi, ha detto a BBC di essere lei la persona ritratta in quel video, smentendo quindi di essere stata uccisa dalla polizia.
Hadis Najafi, an Iranian protester seen in a widely shared video tying her hair back before confronting security forces, has been killed, according to her family. She is said to have been shot multiple times.pic.twitter.com/a732uXmaID
— Kian Sharifi (@KianSharifi) September 25, 2022
– Leggi anche: Le proteste in Iran viste dai movimenti delle donne
A sostegno delle proteste in Iran negli ultimi giorni si sono tenute manifestazioni anche in molte altre città del mondo, tra cui Londra, Atene, Berlino, Bruxelles, Roma, New York, Parigi e Madrid.