Come si può barare a scacchi
La parte facile è trovare un programma che possa battere chiunque, la parte difficile è averci accesso durante una partita
Nella loro forma più arcaica gli scacchi esistono da quasi 1.500 anni, e per gran parte della loro storia chi voleva barare giocandoci doveva accontentarsi di poche e semplici alternative. Una era muovere i pezzi come, quando o dove non era consentito; un’altra era farsi consigliare con stratagemmi vari da uno spettatore complice e bravo a scacchi.
Negli ultimi decenni, tuttavia, Internet, i computer e le intelligenze artificiali hanno cambiato profondamente il gioco degli scacchi, aprendo tra le altre cose a nuove prospettive per chi voglia provare a barare. Il tutto quando è ormai certo che anche il più bravo scacchista al mondo è destinato a perdere contro un buon motore scacchistico (un’intelligenza artificiale che gioca a scacchi, dall’inglese chess engine) al quale può accedere da uno smartphone anche una persona che nemmeno sa come muovere un pedone.
Da ormai diversi giorni, il fatto che negli scacchi si possa barare è al centro della controversia che riguarda Magnus Carlsen, il miglior scacchista in attività e forse il migliore di sempre, e il diciannovenne statunitense Hans Niemann. Molto in breve, nelle ultime settimane Carlsen ha giocato due volte contro Niemann, la prima dal vivo e la seconda online. La prima volta Carlsen ha perso, parecchio a sorpresa, e poi ha abbandonato l’importante torneo all’interno del quale era arrivata la sconfitta; la seconda volta ha lasciato la partita dopo una sola mossa, di fatto perdendo di nuovo.
Tutto questo mentre Carlsen ha lasciato intendere che Niemann avesse barato, ricevendo nel frattempo il sostegno di alcuni altri importanti scacchisti e analisti.
Oltre al fatto che non tutti, tra chi si occupa di scacchi, credono che Niemann sia colpevole, la controversia è montata perché Carlsen non ha mai accusato in modo diretto il rivale e non ha nemmeno accennato a come Niemann potrebbe aver imbrogliato. In quella che fin qui è la sua unica intervista sull’argomento, in cui peraltro ha parlato del legame tra Niemann e un Gran maestro accusato di aver barato in passato, Carlsen si è limitato a dire: «Sfortunatamente non posso parlare di questo in particolare, ma il pubblico può trarre le proprie conclusioni e certamente l’ha già fatto».
Insomma, ancora non c’è modo di sapere se Niemann abbia barato, e se sì come ha fatto. Di certo, però, non mancano né gli strumenti per farlo né i precedenti di scacchisti, anche molti famosi, scoperti a imbrogliare o fortemente sospettati di averlo fatto.
Che i computer possano battere a scacchi il migliore scacchista al mondo è cosa piuttosto nota, visto che è ormai passato oltre un quarto di secolo da quando Deep Blue, un computer della IBM, sconfisse Garry Kasparov, campione del mondo in carica. Come ha fatto notare l’Atlantic, nonostante la forte «risonanza culturale», Deep Blue era comunque pur sempre un peculiarissimo supercomputer di quasi 1.500 chili, che per imparare a giocare a scacchi aveva necessitato del contributo di molti Gran maestri.
Eventi probabilmente ancora più significativi, anche se di minor impatto mediatico, arrivarono nei due successivi decenni: nel 2006, quando un normale programma su un normale computer sconfisse l’allora campione del mondo Vladimir Kramnik; e ancora di più nel 2017, quando AlphaZero, un’intelligenza artificiale sviluppata da Alphabet «divenne migliore di ogni altro programma esistente» e lo fece «in sole quattro ore, semplicemente giocando contro se stessa».
Con riferimento all’Elo, il punteggio usato per calcolare la forza di un giocatore di scacchi, sempre l’Atlantic ha scritto:
«Il massimo punteggio umano mai ottenuto (che Carlsen ha raggiunto due volte) è 2.882. L’Elo di DeepBlue era 2853. Un motore scacchistico chiamato Rybka fu il primo, nel 2007, a raggiungere i 3.000 punti e le stime più conservative dicono che Stockfish, il miglior motore scacchistico attualmente disponibile, è sopra i 3.500 punti. Vuol dire che Stockfish ha 98 probabilità su 100 di battere Carlsen a scacchi e, si stima, il 2 per cento di pareggiare».
Una vittoria di Carlsen contro Stockfish è considerata praticamente impossibile. Lo sa Carlsen e lo sanno tutti gli scacchisti professionisti, nelle cui pratiche di allenamento è ormai imprescindibile l’uso di motori scacchistici al fine di migliorare il proprio gioco e studiare le migliori soluzioni per determinate situazioni.
Per barare, insomma, basterebbe usare Stockfish o un programma simile durante una partita online. Oppure avere modo, durante una partita dal vivo, di comunicare con qualcuno che lo sta usando. Peraltro, nel caso di scacchisti forti, il contributo di un motore scacchistico non servirebbe in ogni singola mossa: basterebbe un’indicazione (anche generica, semplicemente legata a un singolo pezzo) su cosa fare in un paio di momenti cruciali. Un semplice ma determinante suggerimento potrebbe bastare, allo scacchista in grado di coglierlo, per spostare a suo favore l’inerzia dell’intera partita.
A vantaggio degli scacchisti che volessero barare c’è poi il fatto che, come ha scritto il Wall Street Journal, a meno che non li si colga in flagrante, è molto difficile dimostrare che certe mosse sono state “copiate” da un computer anziché pensate da un essere umano.
Appurato che la possibilità esiste, resta quindi da valutare la fattibilità della faccenda.
Per quanto riguarda le partite online, ci sono precauzioni di vario genere. Nei tornei con giocatori professionisti è richiesto per esempio che ci siano telecamere che mostrano il viso di chi gioca, la stanza in cui si trova e lo schermo che ha davanti. In tutte le altre partite, comprese quelle che chiunque può giocare gratuitamente sui tanti siti disponibili, esistono invece appositi programmi e algoritmi che analizzano le partite per capire se a farle è un umano o invece un umano che gioca come un computer, e che quindi con ogni probabilità è un computer.
I casi in cui qualcuno ha barato online giocando a scacchi ovviamente non mancano. Il sito Chess.com, per cui lavorano almeno venti persone espressamente dedicate a scovare gli imbroglioni, cancella mensilmente migliaia di profili. E lo stesso Niemann ha ammesso di aver barato online due volte in passato, ed è accusato da qualcuno di averlo fatto ben più di frequente.
Già nel 2020 Arkady Dvorkovich, il presidente della FIDE, la Federazione internazionale degli scacchi, scrisse che «gli imbrogli informatici» erano «la vera piaga degli scacchi contemporanei».
Le partite più importanti, tuttavia, sono quasi sempre quelle dal vivo, ed è proprio da una partita dal vivo che è nata la controversia riguardante Carlsen e Niemann. Anche in questo caso ci sono diversi precedenti di brogli accertati e di altri fortemente sospetti.
Nella maggior parte dei casi di cui si hanno notizie, per barare ci si è serviti dei migliori strumenti disponibili a seconda del periodo storico: da binocoli e radioline fino ad auricolari e videocamere senza fili e quanto più piccole possibili. In almeno un paio di occasioni gli scacchisti impegnati in una partita avevano inoltre complici che, da spettatori, comunicavano loro cosa fare in base a dove si posizionavano tra il pubblico.
Sono molti anche i casi in cui ci sono state certezze o perlomeno tanti ragionevoli dubbi sulla frequenza con cui certi scacchisti andavano in bagno durante le loro lunghe partite, per poi cercare un dispositivo nascosto da usare per farsi consigliare le mosse.
È però ragionevole pensare che, soprattutto in conseguenza di una serie di contromisure adottate da ormai qualche anno durante le partite più importanti, per barare servano più fantasia, più azzardo e soprattutto più tecnologia. È il caso di due ipotetici approcci all’imbroglio che sono circolati in questi giorni: uno prevede di usare un piccolissimo computer con i piedi; l’altro ha a che fare con le perline anali.
La tecnica del “computer” nelle scarpe è del programmatore James Stanley, che a luglio aveva raccontato sul suo sito di averla anche messa in pratica in alcune partite contro Owen, un amico contro cui a scacchi perdeva quasi sempre.
In breve, Stanley ha giocato a scacchi con in tasca un minicomputer portatile Raspberry Pi Zero. Il minicomputer, in cui c’era un motore scacchistico, era collegato a un marchingegno vibrante e dotato di pulsanti che Stanley teneva nella scarpa. Con le dita dei piedi Stanley comunicava al minicomputer nella tasca le mosse dell’ignaro Owen. Dopodiché il minicomputer comunicava, attraverso la vibrazione, quali mosse fare. Stanley – che ha avuto qualche problema a capirsi con il minicomputer – ha chiamato il tutto “Sockfish”, mettendo insieme la parola “sock” (“calzino”) e il nome Stockfish.
How To Be a Stinkin’ Chess Cheat — Sockfish:
[James Stanley] enjoys chess, isn’t terribly good at it, and has some dubious scruples. At least, that’s the setup for building Sockfish, a shoe-to-Pi interface to let you cheat at chess. We’re pretty sure on… https://t.co/qNc1RKPJNv
— linuxdevices (@linuxdevices) September 7, 2022
Parte da premesse simili la teoria, girata soprattutto per via di un tweet poi ripreso da Elon Musk (in un messaggio poi cancellato), secondo cui uno scacchista potrebbe mettersi nell’ano un qualche piccolo oggetto elettronico in grado di vibrare per segnalare o comunicare – magari in codice Morse e con l’aiuto di un complice – determinate mosse. Non ci sono ovviamente prove a riguardo e anche questo sistema dovrebbe aggirare l’ostacolo rappresentato dal fatto che molte partite dal vivo ora sono mostrate con diversi minuti di ritardo, così da evitare facili suggerimenti in tempo reale.
Un’altra ben più semplice teoria dice che Niemann – comunque uno dei cento più forti scacchisti al mondo – potrebbe aver battuto Carlsen solo perché è riuscito in qualche modo a scoprire, recuperare o farsi dare il “piano di gioco” di Carlsen, cioè la serie di mosse con cui intendeva iniziare e impostare la partita contro di lui.
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