Le accuse contro la proprietà dei Phoenix Suns
Il proprietario della squadra di basket NBA era stato sospeso a inizio mese per cattive condotte: ora vuole vendere tutto
Una settimana dopo essere stato sospeso e multato per comportamenti inappropriati avuti nel corso degli anni, il proprietario di maggioranza dei Phoenix Suns, una delle squadre più competitive del campionato di basket NBA, ha deciso di lasciare definitivamente incarichi e proprietà, il tutto a meno di un mese dall’inizio della nuova stagione.
Il 13 settembre Robert Sarver, imprenditore immobiliare e proprietario dei Suns da diciotto anni, era stato sospeso per un anno dai suoi incarichi e multato di 10 milioni di dollari, la massima sanzione a disposizione dei dirigenti della NBA. Le sanzioni erano arrivate in seguito alla pubblicazione di un’indagine indipendente realizzata da uno studio legale sulle condotte tenute da Sarver nell’arco di quasi un ventennio.
L’indagine, commissionata dalla lega dopo una lunga serie di segnalazioni e dopo un articolo pubblicato su ESPN un anno fa, aveva ricostruito e descritto nei dettagli oltre un decennio di cattive condotte sul posto di lavoro imputate allo stesso Sarver o, più in generale, all’ambiente da lui creato. Tra i comportamenti inappropriati citati nel rapporto c’erano «insulti razzisti, atteggiamenti sessisti abitudinari e un diffuso trattamento iniquo delle dipendenti».
Come conseguenza delle indagini, Adam Silver, commissario della NBA, aveva inflitto a Sarver la multa più alta prevista dalla lega per un proprietario, e un anno di sospensione dagli incarichi. Ad alcuni, tuttavia, queste sanzioni non erano sembrate sufficienti, compresi sponsor importanti come PayPal e alcuni influenti giocatori di NBA, tra cui LeBron James e Chris Paul, ex presidente del sindacato dei professionisti che gioca proprio nei Phoenix Suns.
— Phoenix Suns (@Suns) September 21, 2022
Questa settimana Sarver ha deciso di lasciare definitivamente incarichi e proprietà, a suo dire per non creare distrazioni intorno alla squadra, ancora tra le più quotate del campionato dopo essere stata finalista nel 2021 e semifinalista di conference nella passata stagione.
Sarver, però, ha fatto anche capire di ritenere ingiuste ed eccessivamente severe le reazioni nei suoi confronti. Nel comunicato in cui ha annunciato la messa in vendita della proprietà ha scritto che la sospensione di un anno «gli avrebbe permesso di fare ammenda e riflettere meglio su sé stesso e i suoi comportamenti», ma questo non gli è stato concesso «in un clima spietato che non perdona e ignora tutte le cose buone fatte nel corso degli anni».
A Sarver e alla sua organizzazione viene infatti riconosciuto il merito di aver sostenuto le Phoenix Mercury, squadra femminile che sotto l’attuale gestione è diventata una delle più forti e seguite della WNBA, il campionato di basket femminile nordamericano. Sarver si è inoltre difeso citando i suoi contributi recenti a sostegno delle cause riguardanti giustizia sociale e razzismo negli Stati Uniti, temi molto presenti in una realtà come quella della NBA dove la rappresentanza afroamericana è prevalente.
Il caso di Sarver ricorda sotto molti aspetti quello di Donald Sterling, ex proprietario dei Los Angeles Clippers che nel 2014 fu sospeso a vita dalla lega dopo che alcuni suoi commenti razzisti furono resi pubblici. Allora le reazioni furono molto più estese e, in seguito a una perizia medica che dichiarò Sterling, allora ottantenne, «mentalmente incapace», la proprietà della squadra finì sotto il controllo della moglie, che in breve tempo approvò la cessione all’ex amministratore delegato di Microsoft, Steve Ballmer. Nel caso di Sarver, la NBA non ha risposto a chi come il New York Times ha chiesto se ci siano state pressioni sulla proprietà per la messa in vendita della squadra.
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