Una canzone dei Glasvegas
E la città scozzese che tanto ha dato a questa newsletter
Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
C’è una bella canzone nuova – un pezzo soul – dei 1975, band inglese di grandi ammirazioni e successi negli ultimi dieci anni, il cui disco nuovo esce il mese prossimo (la canzone vera e propria inizia a 3.15 del video).
Trent’anni fa uscì Creep dei Radiohead, probabilmente la canzone più “eterna” degli anni Novanta ( qui il pezzo del Post di dieci anni fa): se la batte con One degli U2.
E due altre cose dal Post: una anzi è dalla rivista Passenger , sui grandi festival musicali di Barcellona , l’altra è sul declino di senso delle t-shirt delle band .
Nick Cave ha inaugurato una mostra di sue opere in ceramica a Tampere, in Finlandia: ce ne sono anche di Brad Pitt. Entrambi hanno carriere artistiche più riuscite, direi.
Daddy’s gone
Glasvegas
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Non è solo una cosa italiana quella delle anomalie nei nomi degli abitanti di determinate città, nomi che svicolano del tutto o in parte da quelli delle città a cui si aggiunge un semplice suffisso (gli eporediesi, i nisseni, gli ingauni): gli abitanti di Glasgow, città scozzese che tanto ha dato a questa newsletter, si chiamano glaswegians . E benché circolino anche altre interpretazioni sul nome della band, l’assonanza del suo nome Glasvegas si associa al fatto che anche loro siano in effetti di Glasgow. Forse, a pensarci, la città che ha dato più band di tutte a questa newsletter: dovrei fare una ricerca.
Ma non la farei lunga in chiacchiere e diversivi, questa sera, e ci buttiamo in un pezzone rock di gran bellezza, sempre ricordando il nome della newsletter e la nostra inclinazione per il melodico: Daddy’s gone fu una delle cose che diede loro la prima fama, dopo che ci provavano da qualche anno, e la misero nel primo disco del 2008, quello che andò molto forte e creò grandi attese sul futuro della band, che invece un po’ si perse (ha fatto un quarto disco l’anno scorso, dopo otto anni dal precedente, senza più le attenzioni di allora).
Ma questa canzone in particolare fu molto celebrata, sia per il suo testo appassionato e drammatico sul rapporto mancato tra un figlio e un padre inadeguato, sia per i suoi suoni che mescolano alcune cose un po’ Beach Boys ( wall of sound , falsetti) su un ballatone rock da rock scozzese barocco (ce n’era una versione più precipitosa, prima, ma il trattamento le ha fatto molto bene). E un inizio già fortissimo: “Oh-oh!”.
( qui dal vivo )
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