Come un podcast ha contribuito ad annullare una condanna per omicidio
Nel 2014 “Serial” rese celebre il caso giudiziario di Adnan Syed, e nel farlo cambiò anche i podcast
All’inizio di questa settimana una giudice del Maryland ha annullato la condanna all’ergastolo per omicidio di Adnan Syed, un cittadino statunitense di origine pachistana che nel 1999 era stato accusato di aver ucciso a Baltimora la sua ex fidanzata Hae Min Lee. Syed, che all’epoca aveva 17 anni, si è sempre dichiarato innocente.
La notizia ha avuto un grosso rilievo sui media americani e non solo, perché Syed era stato il protagonista di Serial, un podcast di giornalismo investigativo pubblicato nel 2014 che rese famoso il caso, e che per primo sollevò grossi dubbi sull’esito del processo. Serial ebbe un successo enorme e fu uno dei primi podcast a diventare un fenomeno di massa, paragonabile a una serie TV di cui tutti parlano e commentata un po’ ovunque: nei fatti la sua influenza fu talmente grande da contribuire alla riapertura del caso di Syed a molti anni di distanza.
Syed, che è stato scarcerato lunedì, è stato messo agli arresti domiciliari. Entro trenta giorni dalla decisione si saprà se sarà chiesto per lui un nuovo processo.
Serial è un podcast ideato e raccontato da Sarah Koenig, una giornalista americana che oggi ha 53 anni e che prima del 2014 aveva lavorato al quotidiano Baltimore Sun ed era stata tra i produttori di un programma radiofonico di grande successo, This American Life. Koenig cominciò a lavorare alla storia di Syed più o meno un anno prima dell’uscita del podcast, dopo una segnalazione ricevuta per email, e di fatto la sua lunga inchiesta giornalistica sul caso non è ancora finita: anche se il podcast si è concluso con il dodicesimo episodio, continuano a uscirne altri a cadenza irregolare con aggiornamenti più puntuali sui nuovi sviluppi della vicenda (online si trovano tre stagioni di Serial, ma la seconda e la terza sono incentrate su altre storie).
I dodici episodi di Serial uscirono dall’ottobre al dicembre del 2014 con cadenza settimanale, e ottennero un enorme successo negli Stati Uniti ma anche in molti paesi europei: quelli nuovi erano sempre molto attesi e quelli appena passati molto discussi. Duravano tutti fra mezz’ora e un’ora e avevano una struttura simile: Koenig ricostruiva la storia dell’omicidio, intervallandola con interviste e testimonianze, registrazioni di telefonate fatte con Syed e interrogatori della polizia. Lo faceva in un modo molto narrativo e avvincente, che oggi siamo abituati ad associare ai podcast di genere “crime” ma che all’epoca era decisamente una novità.
La trama narrativa partiva dalla scomparsa di Hae Min Lee, una ragazza diciassettenne di origini coreane, il 13 gennaio 1999 a Baltimora, nel Maryland. Il suo corpo era stato ritrovato pochi giorni dopo vicino alla scuola che frequentava e ne era stata stabilita la morte per strangolamento. Dell’omicidio fu accusato quasi subito Adnan Syed, dopo che un amico di entrambi, Jay Wilds, testimoniò incolpandolo e dicendo di averlo aiutato a disfarsi del corpo della ragazza.
Syed fu arrestato praticamente solo sulla base della dettagliata ricostruzione di Wilds: lui ha sempre detto di essere innocente, ma non aveva un alibi per dimostrarlo e non ricordava esattamente cosa avesse fatto il giorno dell’omicidio. Inoltre, dai registri delle telefonate di Syed risultava quel giorno che si trovava nell’area del parco dove era stato seppellito il corpo di Lee. Nel 2000 fu condannato all’ergastolo per omicidio di primo grado, rapina, rapimento e sequestro di persona.
Koenig decise di approfondire la storia dopo essere stata contattata da un’amica di Syed. Koenig all’epoca aveva già deciso di realizzare un podcast su una storia raccontata in più puntate, e quella le sembrò adatta. Non lavorò da sola al podcast, che iniziò come spin-off ed esperimento del programma radiofonico This American Life.
Era un progetto assai ben strutturato e che aveva dietro una produzione consolidata: aveva un sito (lo stesso attuale) con un blog che aggiungeva commenti agli episodi, e su cui venivano pubblicati di volta in volta documenti, mappe, ricostruzioni dell’omicidio e riassunti della vicenda. Nel 2014 però i podcast erano ancora lontani dal diventare il formato diffusissimo che sono oggi, e Koenig e i suoi si aspettavano di rivolgersi a un pubblico di nicchia, molto più piccolo rispetto a quello del programma radiofonico a cui erano abituati a lavorare.
Per presentare la storia dell’omicidio raccontata nel podcast, Koenig scrisse un post sul blog di Serial un paio di settimane prima dell’uscita del primo episodio. Diceva che una volta che avevano cominciato a indagare, avevano realizzato che la storia era «assai più incasinata e complessa – e più interessante – di quello che la giuria poté sentire. Speriamo ne sarete risucchiati come lo siamo stati noi».
Quando cominciò a essere trasmesso, Koenig e gli altri produttori non conoscevano già tutta la storia che avrebbero raccontato: avevano abbastanza materiale per fare una grande serie e un certo numero di puntate, ma nel mentre avrebbero continuato a indagare. Insomma, nemmeno loro sapevano come sarebbe andata a finire, e questo fu uno degli elementi che contribuì al grande successo di Serial, che fu incentrato fin da subito sul dubbio.
Il primo episodio si apriva con Koenig che diceva: «Nell’ultimo anno ho trascorso ogni giorno di lavoro a cercare di capire dove si trovasse un ragazzo delle superiori per un’ora dopo la scuola in un giorno del 1999».
Koenig e la sua redazione portarono avanti una rigorosa inchiesta giornalistica che pian piano cercava di risolvere le questioni più misteriose, e che metteva in dubbio la condanna di Syed senza mai cedere all’attivismo in suo favore. Nel sesto episodio, intitolato “Il processo contro Adnan Syed”, venivano elencate tutte le prove che potevano concorrere a stabilire una sua colpevolezza.
Nel corso dei dodici episodi, alla fine il podcast arrivava a svelare l’esistenza di un alibi per Syed: la testimonianza di una donna – all’epoca dell’omicidio una ragazza – che diceva di trovarsi con Syed in biblioteca il giorno in cui Lee fu uccisa. La donna disse anche che sarebbe stata disposta a testimoniare, ma che la prima avvocata di Syed, Maria Cristina Gutierrez, non l’aveva mai contattata. Gutierrez fu radiata dall’albo l’anno dopo la condanna di Syed, nel 2001, e morì nel 2004 per sclerosi multipla.
Il podcast metteva anche in dubbio l’affidabilità dei ripetitori telefonici che erano stati usati in sede processuale per dimostrare che il giorno dell’omicidio Syed si trovava nell’area in cui poi sarebbe stato ritrovato il corpo. Rivelò anche che le prove materiali raccolte nel 1999 non erano mai state analizzate per trovare il DNA di Syed.
Nel primo anno dall’uscita, Serial superò i cento milioni di download (oggi sono trecento), diventando in brevissimo tempo uno dei podcast di maggiore successo di sempre e stabilendo diversi record di ascolti sulle varie piattaforme. Il caso fu ripreso dalle televisioni e commentato in centinaia di articoli, nacquero altri podcast solo per discutere degli episodi che uscivano e milioni di persone si appassionarono alla storia, attorno alla quale nacque anche un certo attivismo pro-Syed. C’erano persino parodie del podcast.
Nel febbraio del 2015 un tribunale del Maryland accolse un appello presentato l’anno prima dai nuovi avvocati di Syed, e a novembre fu concesso un nuovo processo in cui sarebbero state portate nuove prove. Nelle udienze che si svolsero, la difesa di Syed sostenne sostanzialmente le tesi del podcast: disse che al suo assistito non era stata garantita una difesa adeguata e presentò la testimonianza che gli forniva un alibi.
A giugno del 2016 si aprì un nuovo processo, tra le proteste della famiglia della ragazza uccisa, che si lamentò del fatto che il caso fosse stato riaperto e disse di continuare a ritenere Syed responsabile dell’omicidio. Nel mentre gli avvocati di Syed chiesero il suo rilascio su cauzione, ma fu respinto. Nel 2018 una Corte speciale d’Appello del Maryland riconobbe che l’uomo non aveva avuto un’adeguata difesa legale e annullò la condanna, rimandando il caso a un nuovo processo. Nel 2019 la Corte Suprema del Maryland ribaltò quella sentenza, e successivamente anche la Corte Suprema degli Stati Uniti si rifiutò di esaminare il caso.
In quello stesso anno, però, uscì un nuovo documentario dell’emittente televisiva HBO, che aggiunse ulteriori elementi alla possibile inconsistenza delle accuse contro Syed: scoprì per esempio che i test del DNA commissionati dai nuovi avvocati di Syed non trovarono alcun DNA sul corpo di Lee o sugli oggetti che aveva con sé il giorno in cui fu uccisa.
Si è arrivati così agli sviluppi più recenti: a marzo di quest’anno i procuratori hanno accettato di effettuare nuovi test del DNA, dicendo che il miglioramento fatto in questi anni dalla tecnologia di profilazione genetica poteva permettere di fare nuove scoperte. Nel Maryland intanto una nuova legge ha permesso di modificare le sentenze di persone condannate che avevano meno di 18 anni al momento del reato e che abbiano scontato almeno 20 anni di pena.
A settembre i procuratori hanno chiesto di annullare la condanna, sia per i problemi delle prove usate nel processo, sia perché un’indagine aveva scoperto il potenziale coinvolgimento di altre due persone sospettate dell’omicidio: la loro richiesta è stata accettata dalla giudice Melissa Phinn lunedì 19 settembre. Il giorno dopo è uscita una nuova puntata di Serial dal titolo «Adnan è fuori».
Il dato più importante che emerge da quest’esito è il riconoscimento del fatto che durante le indagini e il processo tra il 1999 e il 2000 furono commessi degli errori. Benché Sarah Koenig non abbia mai fatto mistero di avere molti dubbi sulla condanna di Syed, uno degli obiettivi principali del podcast era mostrare le incongruenze della storia: per ogni prova contro Syed su cui sollevava dei dubbi, Koenig spiegava le connesse fragilità del sistema giuridico che avevano portato a interpretarla nel modo sbagliato, anche se non arrivava necessariamente a una conclusione definitiva.
Nell’episodio del podcast uscito qualche giorno fa, Koenig ha ribadito che «i procuratori non stanno dicendo che Adnan è innocente», ma piuttosto «stanno dicendo che nel 1999 non investigammo abbastanza questo caso. Ci basammo su prove su cui non ci saremmo dovuti basare».
A questo proposito, Clémence Michallon ha scritto sull’Independent: «Dal punto di vista giornalistico, c’era qualcosa di nuovo, persino di liberatorio: e se la ricerca della verità si traducesse invece in maggiore incertezza? E se capire ciò che non si sa fosse la parte più importante di tutte? E se cercare risposte e trovare ore di materiale, ma nessuna risposta definitiva, fosse anche un potente atto di verità?».
Oltre a cambiare la storia della condanna di Adnan Syed, Serial è stato una grande novità giornalistica e ha inaugurato uno stile e un modo di fare i podcast che negli ultimi anni ha confermato il suo successo.
Koenig ricevette comunque anche diverse critiche per il suo approccio giornalistico, per esempio per il fatto di essersi concentrata spesso su elementi della storia che riguardavano pregiudizi razziali, islamofobia e giustizia sociale. In generale, ci sono anche molti ascoltatori del podcast che si convinsero della colpevolezza di Syed pur continuando ad appassionarsi alla storia. Altri lo criticarono sostenendo che lo stile narrativo indirizzasse il pubblico a empatizzare con Syed.