Putin ha annunciato una «mobilitazione parziale» in Russia
Verranno richiamati in servizio migliaia di riservisti, e secondo molti è la dimostrazione che la Russia non vuole la pace
In un atteso discorso televisivo, mercoledì mattina il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato una «mobilitazione parziale» in Russia, con l’obiettivo di trovare nuovi uomini da mandare a combattere in Ucraina. L’annuncio è molto significativo, visto che finora il regime russo si era rifiutato di avviare una mobilitazione per evitare di ammettere di stare combattendo una guerra vera in Ucraina: l’aveva sempre descritta come un’“operazione militare speciale”. Con la mobilitazione parziale saranno richiamati in servizio molti riservisti, cioè le persone che pur facendo parte dell’esercito perché hanno fatto il servizio militare in passato sono in congedo permanente, hanno altri lavori e, in tempo di pace, non partecipano ad attività militari.
La mobilitazione parziale rimane comunque una via di mezzo rispetto alla mobilitazione generale di tutta la popolazione che prima del discorso alcuni avevano previsto: consente al regime russo di non dichiarare formalmente guerra (con le gravi conseguenze che questo porterebbe, come la possibile imposizione della legge marziale in tutto il paese) e di mantenere una parvenza di normalità per la maggior parte dei russi che non sono riservisti. È tuttavia possibile che migliaia di persone che finora hanno condotto una vita normale (e che hanno un’esperienza militare non amplissima) siano chiamate a combattere una guerra in cui la Russia, al momento, si trova in una posizione di debolezza.
Secondo informazioni fornite a Reuters dal ministero della Difesa russo, in totale i riservisti dell’esercito sono circa due milioni, e in questa «mobilitazione parziale» ne verranno richiamati in servizio 300 mila.
Nel suo discorso, Putin ha anche dato il suo sostegno ai referendum per l’annessione alla Russia proclamati dai funzionari russi e filorussi delle regioni ucraine di Luhansk, Donetsk, Kherson e Zaporizhzhia, tutte occupate militarmente dall’esercito russo e dai suoi alleati. I referendum erano stati annunciati martedì dalle autorità russe e filorusse, e dovrebbero tenersi tra il 23 e il 27 settembre.
I referendum saranno organizzati da forze di occupazione in territori ucraini occupati militarmente dalla Russia, e depopolati a causa della guerra: ci si aspetta dunque che anche il voto sarà manipolato e non credibile.
Annettere gran parte delle regioni dell’est e del sud dell’Ucraina, facendone dunque territorio russo, potrebbe consentire al regime di Putin di sostenere che l’Ucraina, nella sua controffensiva, sta attaccando direttamente la Russia, ottenendo così un pretesto per ampliare il conflitto militare. I referendum sono stati annunciati anche con una certa fretta, dopo che la controffensiva ucraina nel nord-est è riuscita nelle ultime settimane a recuperare ampi territori occupati.
Putin ha anche attaccato con durezza l’Occidente, usando la sua ormai abituale retorica bellicosa e aggressiva. Ha detto che «l’obiettivo dell’Occidente è di indebolire e distruggere la Russia», e ancora una volta ha avanzato la possibilità di utilizzare le armi nucleari nel corso del conflitto, dicendo: «Se l’integrità territoriale del nostro paese è minacciata, useremo tutti i mezzi a nostra disposizione per proteggere il popolo. Questo non è un bluff». È possibile che, se i referendum confermeranno l’annessione dei territori ucraini occupati alla Russia, anche quelli entreranno nella definizione di «integrità territoriale».
Sia la «mobilitazione parziale» sia l’appoggio ai referendum nei territori ucraini occupati costituiscono di fatto un grosso ampliamento del conflitto da parte della Russia e un segnale piuttosto chiaro del fatto che Putin non soltanto vuole proseguire la guerra in Ucraina e non ha nessuna intenzione di aprire un negoziato di pace, ma intende impegnare ancora più uomini e mezzi, benché finora i suoi obiettivi militari siano stati in gran parte delusi.