Perché Tolkien piace tanto all’estrema destra
Fin dagli anni '70 i giovani neofascisti italiani rimasero affascinati dal “Signore degli Anelli”, interpretato strumentalmente in chiave antimodernista
Nel 1977 l’organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano, il Fronte della Gioventù, organizzò un festival con musica dal vivo, radio libere e dibattiti su temi sociali e politici. In un campo della località Montesarchio, in provincia di Benevento, si radunarono centinaia di giovani di destra (tra cui il futuro sindaco di Roma Gianni Alemanno) dormendo in tenda, parlando di condizione femminile e teatro d’avanguardia e ascoltando band come gli Amici del Vento e la Compagnia dell’Anello. Tra le altre cose i militanti presenti tentarono di formare una grossa croce celtica umana, simbolo che era presente in molte bandiere e striscioni al campo.
Questo festival era chiamato “Campo Hobbit”, dal nome delle creature fantastiche inventate dallo scrittore inglese J.R.R. Tolkien, capostipite della narrativa fantasy moderna e autore della conosciutissima saga del Signore degli Anelli, pubblicata tra il 1954 e il 1955. Dopo quella del 1977 se ne fecero varie altre edizioni, ancora oggi ritenute l’esempio più eclatante della fascinazione dell’estrema destra italiana – ma anche, in misura minore, internazionale – verso Tolkien. Una fascinazione che è stata spesso contestata e criticata dagli amanti del fantasy e del Signore degli Anelli di sinistra o comunque che non si riconoscono nella destra radicale.
Quello tra estrema destra e universi fantasy è un incrocio che ha una storia lunga, iniziata con la prima traduzione del Signore degli Anelli apparsa in Italia nel 1970, pubblicata da Rusconi. In quell’edizione il testo era preceduto da una lunghissima prefazione dell’intellettuale italiano Elémire Zolla, esperto di storia delle religioni e di esoterismo. Zolla nella sua prefazione fornì una chiave di interpretazione tutta incentrata sul simbolismo della trilogia, e sul fatto che Tolkien, più o meno inconsapevolmente, aveva inteso tutta la storia come una metafora dell’antitesi tra mondo moderno e mondo antico, tra progresso e tradizionalismo.
A partire da questa interpretazione si sviluppò fin dai primi anni Settanta una critica di destra che accentuava questi significati attribuiti all’opera di Tolkien. All’epoca le destre radicali europee, specialmente quella italiana, stavano attraversando un lungo periodo di crisi in cui dovettero reinventarsi. Quasi ovunque erano state emarginate politicamente a seguito della sconfitta del nazifascismo: in Italia il partito erede di quella cultura politica, l’MSI, faticava a trovare un nuovo immaginario a cui rifarsi, mentre in Germania qualsiasi partito di estrema destra che cercava di costituirsi veniva dichiarato illegale.
Proprio per avviare la destra radicale verso un nuovo corso, il filosofo francese Alain de Benoist teorizzò una nouvelle droite (“nuova destra”) antimodernista, anticapitalista, nazionalista, contro l’immigrazione e a favore dell’omogeneità culturale europea. Questa nuova destra influenzò tutte le culture politiche europee, e nel caso italiano portò i militanti a sviluppare una nostalgia per il passato, per una sorta di fascismo primigenio, considerato più puro rispetto a quello degli ultimi anni e più vicino alle idee del barone Julius Evola.
Evola, uno degli intellettuali di riferimento dell’estrema destra italiana, non si occupò mai di letteratura fantasy, ma scrisse vari testi di critica al “mondo moderno” e al progresso. Esaltava invece la mitologia medievale e rinascimentale, i simboli antichi e le pseudoscienze come l’alchimia, di cui scrisse ampiamente nel suo libro La tradizione ermetica.
Sia una certa critica di destra che i militanti neofascisti, soprattutto quelli più giovani, erano in cerca di un nuovo immaginario di riferimento a cui rifarsi, quindi, influenzati dall’impianto filosofico di Evola, attribuirono al Signore degli Anelli significati simbolici fino a quel momento inediti. Probabilmente furono affascinati anche dal fatto che l’opera di Tolkien si ispira abbastanza esplicitamente alla mitologia norrena e a quella nordeuropea, un altro immaginario di riferimento dell’apparato simbolico neofascista: proprio in quegli anni il Fronte della Gioventù iniziò a usare le croci celtiche nelle manifestazioni, nere su campo rosso.
Secondo Paolo Pecere, scrittore e storico della filosofia, l’estrema destra italiana fece una vera opera di mistificazione di Tolkien. «Il sentimento all’epoca era “non ci piace il mondo di oggi, ci sentiamo esclusi”» dice Pecere, autore insieme a Lucio Del Corso di un libro sulla questione intitolato L’anello che non tiene. Tolkien fra letteratura e mistificazione. «Quindi visto che Tolkien favoleggia di un passato mitico e antichissimo, ancorato alle tradizioni, ai re, l’hanno reso la loro bandiera: ma è un’operazione facile, perché un’opera letteraria non prende direttamente posizione sugli eventi storici, quindi puoi attribuirle i significati che vuoi».
«Secondo la loro visione nell’opera c’è una netta divisione tra bene e male che sarebbe metafora di tradizione contro modernità, di valori spirituali contro valori materiali» dice Pecere. «Però a ben guardare i personaggi più significativi della trilogia non sono solo gli eroi dell’una e dell’altra parte, ma sono molto importanti anche i personaggi neutri, come per esempio Barbalbero». Secondo Pecere, insomma, la destra ha utilizzato strumentalmente un’opera di fiction che aveva ben altre intenzioni rispetto a quelle che le sono state attribuite, e che non aveva nessun particolare valore politico.
La critica di destra è andata avanti fino ad anni recenti con queste interpretazioni: nei primi anni Duemila Gianfranco de Turris (uno degli esponenti più noti di questo filone), scriveva che Mordor, il tetro regno «dai neri cancelli» e brulicante di orchi, è «simbolo evidente della Modernità […]: una fusione della dittatura materialista orientale e dell’ipercapitalismo, della tecnologia massificante occidentale».
Nonostante le accuse di fascismo nei confronti dell’autore, poi, legate appunto alle interpretazioni che si fecero della sua opera, è noto che Tolkien fosse in realtà un cristiano conservatore, e che in più occasioni dimostrò la propria contrarietà al fascismo. In una lettera criticò l’impianto razziale del regime nazista, e più volte parlò male di Hitler (una volta lo paragonò a Sauron, il signore oscuro che contribuì a forgiare gli anelli del potere e che governa gli eserciti degli orchi).
«La produzione letteraria di Tolkien è molto variegata» spiega Pecere. «Si presta a interpretazioni molto diverse, a volte opposte». Ad esempio, molto prima dei Campi Hobbit, Tolkien era diventato assai popolare anche nella controcultura hippie statunitense. «Ma non è che se i personaggi si fumano l’erba pipa allora Tolkien voleva che ci facessimo le canne, né la presenza di re e cavalieri indica necessariamente che un autore sia monarchico».
I Campi Hobbit furono organizzati in varie forme fino agli anni Novanta. Oggi l’identificazione tra universi fantasy e ambienti politici conservatori è meno marcata rispetto a quegli anni, anche perché dal 2010 in poi una critica meno connotata politicamente si è interessata all’opera di Tolkien, cambiandone la percezione in Italia. Alcune tracce di questo tentativo di appropriarsi di immaginari fantasy comunque resistono ancora: la più grande manifestazione giovanile di Fratelli d’Italia si chiama Atreju, dal nome del protagonista della Storia Infinita di Michael Ende. La stessa Giorgia Meloni, la leader di Fratelli d’Italia, si è dichiarata più volte fan delle saghe fantasy e in particolare di Tolkien.
Alcuni incroci tra estrema destra e Signore degli Anelli, su scala minore, ci furono anche fuori dall’Italia: all’inizio degli anni Duemila, quando uscirono i celebri film di Peter Jackson sulla trilogia, il noto (ora ex) suprematista bianco Derek Black tentò di usare proprio quei film per attirare i fan della saga verso posizioni estremiste di destra. Al New York Times Black ha raccontato che sul suo forum online, Stormfront, creò una chat dedicata ai film proprio per questo scopo, pensando che chi fosse esaltato da quel «mito così bianco» poteva di conseguenza avere interesse nel «nazionalismo bianco».
In parte è una discussione che si è ripresentata – in termini e contesti molto diversi – di recente, con l’uscita della serie Amazon Gli Anelli del Potere, ambientata nello stesso universo del Signore degli Anelli ma migliaia di anni prima. Oltre che per le grandi aspettative e attese, se n’è parlato anche perché nel cast ci sono varie persone non bianche, un aspetto che ha attirato critiche e minacce razziste sui social network contro gli attori in questione, al punto che la produzione ha dovuto diffondere un comunicato in loro solidarietà.
We stand in solidarity with our cast. #YouAreAllWelcomeHere pic.twitter.com/HLIQdyqLmr
— The Lord of the Rings on Prime (@LOTRonPrime) September 7, 2022
Negli Stati Uniti la polemica online è stata alimentata da media e politici di destra, secondo cui Amazon avrebbe voluto inserire nella serie temi legati alle politiche identitarie di area progressista a scapito della bravura degli attori e della bontà della storia. Secondo alcuni commentatori, inoltre, l’opera di Tolkien sarebbe basata sulla cultura europea e quindi i suoi personaggi erano concepiti di pelle bianca dall’autore.
Come ha osservato il ricercatore Craig Franson nel podcast American Id, la polemica contro gli attori neri è stata utilizzata per fare propaganda e introdurre nel dibattito alcune idee fondamentalmente di estrema destra, un po’ come avvenuto anche di recente con la Sirenetta della Disney.
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