Le indagini sulle cause dell’alluvione nelle Marche
Sono state aperte due inchieste: si indaga soprattutto sull'efficacia del sistema di allerta della Protezione Civile
Martedì è cominciato il quinto giorno di ricerche delle ultime due persone che risultano disperse dopo le gravi alluvioni che hanno colpito le Marche nella notte tra il 15 e il 16 settembre e che hanno causato 11 morti: sono un bambino di 8 anni, Mattia Luconi, e una donna di 56 anni, Brunella Chiù. Le zone che hanno subito i danni maggiori sono nella provincia di Ancona e in quella di Pesaro e Urbino: la situazione è particolarmente grave a Senigallia, in provincia di Ancona, dove il fiume Misa ha rotto gli argini e ha invaso gran parte del centro cittadino. Ci sono ancora zone allagate e detriti nelle strade, e da giorni Protezione Civile, Vigili del Fuoco e volontari sono al lavoro per ripulire la città.
Nel frattempo si sta cercando di capire quali siano state le cause dell’alluvione, se sarebbe stato possibile prevedere un evento di questa gravità e se ci siano colpe da parte della Protezione Civile e delle autorità locali. Ci si interroga soprattutto sull’efficacia del sistema di allerta meteo della Protezione Civile.
Sono state aperte due inchieste, una da parte della procura di Ancona e una da quella di Urbino. Lunedì la procuratrice capo di Ancona, Monica Garulli, ha detto che le indagini sono in una fase molto iniziale e che «tutte le ipotesi ricostruttive sono prese in considerazione». La procura al momento ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando i reati di omicidio colposo plurimo e inondazione colposa; sta cercando di capire soprattutto se ci sia stata una mancata allerta da parte della Regione nei confronti dei comuni, ha detto Garulli.
Garulli fa riferimento al fatto che nel pomeriggio del 15 settembre il dipartimento delle Marche della Protezione Civile aveva diramato un bollettino meteo in cui non era segnalata nessuna allerta che facesse pensare a una pioggia in grado di provocare un’alluvione grave come quella avvenuta. Nel bollettino non era prevista nessuna criticità idraulica e idrogeologica (che riguardano alluvioni, frane, crolli ecc.): era segnalata allerta verde, quindi nessun pericolo, in tutta la regione.
Era invece stata diramata un’allerta gialla, cioè un livello di criticità ordinario, per i temporali, in due sole zone delle Marche: le aree interne delle province di Pesaro e Urbino e di Ancona. Secondo i sindaci delle zone interessate dall’alluvione, il bollettino non segnalava alcuna indicazione che facesse pensare a una pioggia ingente.
«Dal punto di vista della dinamica degli eventi quello che si riscontra in questo momento è che non c’è stata un’allerta da parte della Regione Marche nei confronti dei comuni», ha detto Garulli. «La principale preoccupazione della procura è di assicurare fonti di prova che possano essere di ausilio nella ricostruzione dei fatti».
La procura di Urbino ha invece aperto un’inchiesta con la sola ipotesi di reato di inondazione colposa. Nei comuni della provincia di Pesaro e Urbino non ci sono stati infatti morti, a differenza di quanto accaduto nella provincia di Ancona. I comuni più colpiti sono stati quelli di Cantiano, Frontone, Serra Sant’Abbondio e Pergola. Anche in questo caso la procura indaga per «ricostruire, in primo luogo, le fasi e le tempistiche degli allertamenti dei comuni interessati dall’esondazione e lo stato di manutenzione dei corsi d’acqua straripati».
Per quanto riguarda la questione dell’allerta, lunedì Paolo Sandroni, responsabile del centro funzionale multirischi della Protezione Civile delle Marche, ha spiegato che «dai nostri modelli eravamo confidenti che l’allerta gialla fosse il livello più idoneo. Se a un meteorologo venissero date nuovamente in mano le carte che aveva quel giorno, anche oggi rifarebbe la stessa previsione. Previsione che è stata fatta in scienza e coscienza».
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