Dove internet è più veloce in Europa
Soprattutto in Francia, mentre in Italia c'è ancora un netto divario tra le grandi città e le aree interne
Nell’Essonne, un dipartimento francese a sud di Parigi, la velocità media di download dei dati delle connessioni a internet è di 255,28 Megabit per secondo (Mbps): è la più alta segnalata nell’ultimo aggiornamento dei dati relativi agli speedtest, strumenti che servono a misurare la velocità delle connessioni. Il primato dell’Essonne è un segnale piuttosto evidente del grande lavoro infrastrutturale realizzato in Francia, il paese europeo dove la velocità delle connessioni a internet è cresciuta in modo più significativo negli ultimi tre anni: dal primo trimestre del 2019 al secondo trimestre del 2022 c’è stato un aumento del 196 per cento.
Una buona connessione a internet è ormai considerata un servizio essenziale: e non solo in situazioni di emergenza come i lockdown dovuti alla pandemia – quando ha permesso a molti di continuare lavorare, studiare e intrattenere relazioni sociali – ma in generale per accedere a servizi e intrattenimenti che hanno un impatto determinante sulla qualità della vita delle persone.
Fino a qualche anno fa la maggior parte delle connessioni in Europa raggiungeva una velocità di 30 Megabit per secondo, una soglia a partire dalla quale la connessione viene chiamata “banda larga”, mentre da qualche anno quasi tutte le offerte degli operatori riguardano la banda chiamata “ultralarga”, cioè da oltre 100 Megabit per secondo. Nelle grandi città, dove la concorrenza tra operatori è più forte, la velocità garantita è più alta, fino a 1 Gigabit per secondo, mentre nelle aree cosiddette “interne” (cioè lontane dai grossi centri) è più difficile avere connessioni performanti.
Questo divario si può notare anche osservando i dati dei paesi europei, ricavati da un’indagine dell’European data journalism network (Edjnet) che ha analizzato i dati degli speedtest di Ookla, una società di servizi di diagnostica di internet: i paesi del sud est hanno una velocità media di download molto inferiore rispetto al resto del continente.
Come si può notare, i paesi con le connessioni più veloci sono la Francia, la Spagna e la Svizzera, ma anche il Portogallo, l’Ungheria e la Romania sono messi bene. Questi dati sono importanti per misurare quanto saranno efficaci gli interventi finanziati per i prossimi anni dall’Unione Europea e dai singoli paesi alla luce degli obiettivi europei sulla connettività. Secondo il piano chiamato “Europa a banda larga”, infatti, tutti i cittadini europei devono avere accesso a una rete ad almeno 100 Megabit al secondo entro il 2025. Il piano della Commissione europea chiamato “Bussola per il digitale”, invece, prevede il raggiungimento di una connessione ad almeno 1 Gigabit al secondo entro il 2030.
Anche in Italia ci sono molte differenze tra la velocità segnalata nelle città e nelle aree interne. Secondo i dati di Edjnet, in molte province c’è stato comunque un miglioramento negli ultimi tre anni: a Cremona la velocità media delle connessioni è cresciuta del 393 per cento e ha raggiunto i 129 Megabit al secondo, ma ci sono stati aumenti significativi anche a Campobasso, Chieti, Terni, L’Aquila e Trento. Le province dove la velocità è più bassa sono Mantova, Verbano-Cusio-Ossola, Belluno e Fermo.
Da tempo in Italia si discute della necessità di creare un’unica società per migliorare le qualità delle connessioni internet ultraveloci, la cosiddetta rete unica. Alla fine di maggio Cassa Depositi e Prestiti, Tim e Open Fiber hanno autorizzato la firma di un accordo preliminare per integrare le infrastrutture della rete italiana a banda larga di Tim e Open Fiber, per velocizzare la sostituzione delle vecchie reti con un’unica rete ultraveloce in fibra.
La lentezza nello sviluppo della rete è da sempre legata a Tim: la società è “verticalmente integrata”, cioè proprietaria della rete telefonica in rame, fino a non molti anni fa l’unica infrastruttura fisica di telecomunicazione dell’Italia, ed è anche venditrice al dettaglio delle connessioni al pubblico. Il risultato di questa anomalia è che Tim ha investito prevalentemente nella tecnologia FTTC (Fiber-to-the-cabinet), il collegamento in fibra fino agli armadi stradali, senza portare la fibra direttamente nelle case come prevede la tecnologia FTTH (Fiber-to-the-home), il modello scelto da Open Fiber.
L’idea della rete unica si basa anche sulla necessità di non duplicare gli investimenti infrastrutturali: l’obiettivo è di concentrare gli investimenti in un’unica società e in questo modo rendere più efficiente e capillare la connessione a internet in tutto il territorio.
Dopo la firma di un accordo preliminare, nei mesi estivi la trattativa tra Cassa Depositi e Prestiti, Tim e Open Fiber ha avuto molti problemi principalmente per via del prezzo: come ha rivelato il Sole 24 Ore, Vivendi, primo azionista di Tim, avrebbe chiesto 30 miliardi di euro per la cessione della rete, mentre Cassa Depositi e Prestiti sarebbe pronta ad offrirne al massimo 20. Secondo le ricostruzioni, l’offerta definitiva sarà presentata la settimana successiva alle elezioni.