Il ritorno degli altoparlanti nelle strade di Hanoi
La capitale del Vietnam vuole rimetterli in funzione come strumento di comunicazione e propaganda: risalgono al periodo della guerra
L’amministrazione municipale di Hanoi, capitale e seconda città del Vietnam con otto milioni di abitanti, ha approvato un piano per reinstallare o rimettere in funzione la rete di altoparlanti delle strade cittadine. Gli altoparlanti furono installati negli anni Sessanta e Settanta, quando vennero utilizzati per comunicare annunci e allarmi relativi alla guerra contro il Vietnam del Sud e contro gli Stati Uniti. Secondo i progetti dovrebbero essere usati per comunicare con la popolazione, come già successo durante i due anni della pandemia nel caso di quelli ancora attivi.
Il piano ribalta una decisione del 2017, quando l’allora sindaco Nguyen Duc Chung annunciò lo smantellamento della rete, che aveva «completato la sua missione storica». Quest’opinione sembra essere condivisa anche dalla maggioranza dei cittadini di Hanoi: in un recente sondaggio si sono detti contrari (per oltre il 70 per cento) al ritorno a pieno regime delle comunicazioni attraverso gli altoparlanti.
Hanoi è una città particolarmente rumorosa per colpa del traffico, dei numerosissimi cantieri e in generale di un’alta densità abitativa. Gli altoparlanti sono ritenuti un’ulteriore, anacronistica e fastidiosa sorgente di inquinamento acustico. Ma l’amministrazione cittadina, e il Partito Comunista nazionale (che sarebbe il principale ispiratore della misura), vedono gli altoparlanti come un metodo affidabile e a costi contenuti per comunicare con un pubblico ampio.
Il sistema degli altoparlanti, i loa phuong, fu installato negli anni Sessanta e durante la guerra veniva utilizzato per annunciare possibili bombardamenti aerei, per comunicare notizie ottimistiche dal fronte, per consolidare lo spirito patriottico. Dopo il ritiro definitivo degli americani continuarono a essere utilizzati per consigli di comportamento, canzoni patriottiche, avvertimenti a chi era in ritardo con il pagamento delle tasse, comunicazioni governative e locali. Le Dung, editorialista del giornale vietnamita VnExpress ricorda che anche in tempi recenti la programmazione prevedeva due sessioni di quasi un’ora, «alle 5.30 del mattino e alle 5 del pomeriggio, momenti in cui era impossibile parlare in casa, se abitavi vicino a un altoparlante».
Negli ultimi anni erano stati segnalati episodi di sabotaggio, con il taglio delle connessioni alla rete elettrica, o il posizionamento dell’altoparlante verso l’alto, in modo che raccogliesse l’acqua piovana e risultasse inutilizzabile. Nel 2017 era stata annunciata la loro completa dismissione, ma durante gli anni della pandemia e in particolare durante il lockdown sono tornati a essere utilizzati: diffondevano messaggi per ricordare di indossare le mascherine e rispettare il distanziamento, ma anche canzoni motivazionali registrate appositamente.
Il progetto del nuovo sindaco di Hanoi Tran Sy Thanh, eletto a luglio con il 100 per cento dei voti del Comitato del Popolo di Hanoi, è di rimettere in funzione gli altoparlanti esistenti e installarne una nuova rete per coprire l’intera città entro il 2025: la scelta è stata accolta con sorpresa e forti critiche, considerata anche l’esistenza in ogni quartiere della capitale vietnamita di chat e gruppi di informazione online attraverso le quali potrebbero essere effettuate le stesse comunicazioni. Negli ultimi anni annunci di temporanei blackout o della necessità di procedere con la campagna vaccinale sono stati effettuati con messaggi di testo sui telefoni cellulari.
Gli altoparlanti potrebbero essere utilizzati come strumento per diffondere continui messaggi di propaganda, nonché per aumentare potere e controllo delle autorità locali e delle strutture politiche di quartiere.
Anche in Myanmar, altro paese del sud-est asiatico, la giunta militare ha riproposto alcuni strumenti di propaganda che sembravano superati, affiancandoli alla diffusione di fake news e disinformazione sui social media: in alcune regioni meno raggiunte dalle connessioni internet ha lanciato volantini contenenti messaggi contro l’opposizione da elicotteri e aerei militari.
Anche il Vietnam, che con quasi 100 milioni di abitanti è uno dei quindici stati più popolosi al mondo, è una dittatura nonostante si svolgano elezioni: è uno dei pochi stati monopartitici rimasti al mondo, dominato dal Partito comunista vietnamita. Le elezioni non sono libere e l’Assemblea Nazionale, in ogni caso, ha poteri molto limitati. Le libertà di espressione e opinione sono ufficialmente garantite dalla costituzione del paese, ma non hanno una reale applicazione.
– Leggi anche: Le elezioni in Vietnam, con un solo partito