Draghi non vuole fare di nuovo il presidente del Consiglio
E l'ha detto in una maniera che non lascia molti dubbi
Durante la conferenza stampa per presentare i contenuti del decreto Aiuti ter, che destina 14 miliardi di euro per aiutare famiglie e imprese ad affrontare i rincari del costo dell’energia, il presidente del Consiglio Mario Draghi, assieme al ministro dell’Economia Daniele Franco, il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli, ha risposto alla domanda della giornalista Giselda Vagnoni di Reuters, che gli ha chiesto se fosse disponibile per un secondo mandato come presidente del Consiglio. La risposta è stata molto netta e piuttosto secca: «No».
Draghi aveva già detto varie volte di non essere disponibile a un secondo incarico, ma le forze politiche e alcuni commentatori sui giornali non hanno mai smesso di fare il suo nome. In particolare Carlo Calenda e Matteo Renzi, i due leader del “Terzo Polo”, per tutta la campagna elettorale hanno sostenuto di voler difendere i valori e le iniziative politiche della cosiddetta “agenda Draghi”, e sono arrivati perfino a sostenere che il loro obiettivo è un suo secondo mandato come presidente del Consiglio.
Con un «no» molto deciso, Draghi ha cercato di mettere fine a tutte queste ipotesi.
Durante la conferenza stampa ci sono state anche domande sulle dinamiche della campagna elettorale e il presidente del Consiglio si è fatto sfuggire qualche commento notevole.
Per esempio, sulla modifica del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, un tema di cui si discute molto in campagna elettorale e che fa parte delle promesse della presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, ha detto che sono poche le cose che eventualmente si potrebbero cambiare perché è stato «quasi tutto bandito» e quindi «c’è poco da rivedere». In più ha detto: «non riesco a capire come possa diventare una questione così dirimente per il futuro politico del paese».
A chi gli ha chiesto delle sanzioni alla Russia ha risposto: «Funzionano». E sui dubbi espressi più volte dal leader della Lega Matteo Salvini, secondo cui non starebbero funzionando e sarebbero addirittura dannose solo per l’Occidente, ha detto: «È una visione che il governo attuale non condivide».
Draghi ha fatto anche un accenno velato al capo del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che di recente ha cambiato posizione su varie questioni: «Per quanto riguarda l’Ucraina e l’invio delle armi non si può votare l’invio e dire poi non sono d’accordo. Oppure, ancora peggio, inorgoglirsi dell’avanzata ucraina dopo che si è votato e si è contro l’invio delle armi», ha detto.
Conte negli scorsi mesi ha fatto più o meno come ha detto Draghi: nella prima fase dell’invasione russa il M5S aveva votato a favore dell’invio di armi, e in seguito Conte aveva di fatto cambiato idea, criticando fortemente gli aiuti dell’Europa all’Ucraina. Ma pochi giorni fa, dopo la sorprendente e vittoriosa controffensiva ucraina nel nord-est, si è contraddetto ulteriormente dicendosi «orgoglioso» dell’avanzata ucraina.