Chi sono questi Democratici Svedesi
Il partito più votato della coalizione che ha vinto le elezioni fu fondato dai neonazisti, ma negli ultimi dieci anni è riuscito a costruirsi un'immagine diversa
Alle elezioni parlamentari che si sono tenute domenica in Svezia il secondo partito più votato è stato quello dei Democratici Svedesi, una formazione di estrema destra, diretta discendente dei neonazisti svedesi. Se fino a poco tempo fa, e per molti anni, i Democratici Svedesi venivano ostracizzati e marginalizzati dagli altri partiti, ora con più del 20 per cento delle preferenze complessive sono diventati anche il partito più votato della coalizione di centrodestra di cui facevano parte e che ha vinto le legislative.
La loro affermazione è stata molto graduale, ma nell’ultimo decennio hanno aumentato con costanza i propri consensi finendo per stravolgere il tradizionale assetto politico svedese. Abbandonando o mascherando i legami più evidenti col proprio passato di estrema destra, e basando la propria propaganda sull’opposizione all’immigrazione e sull’euroscetticismo, avranno probabilmente un grande peso nel prossimo governo svedese.
I Democratici Svedesi furono fondati nel febbraio del 1988 da un gruppo di attivisti che facevano parte di vari circoli e partiti dichiaratamente neonazisti o di suprematisti bianchi. All’inizio, come ha spiegato in una lunga analisi Johan Martinsson, professore di scienze politiche all’Università di Göteborg, ai Democratici Svedesi appartenevano anche persone che erano state attive nei partiti nazisti svedesi degli anni Trenta e Quaranta, o che come volontarie erano state nelle SS tedesche durante la Seconda guerra mondiale. Il primo vero leader del partito, Anders Klarström, era iscritto a sua volta al Nordiska rikspartiet, il Partito del Reich Nordico, dichiaratamente neonazista e fondato in Svezia alla fine degli anni Cinquanta.
In questo primo periodo, i Democratici Svedesi rimasero piuttosto ai margini del dibattito non riuscendo né ad avere molti sostenitori né ad ottenere l’interesse dei media. Nel 1995, dopo la sostituzione di Anders Klarström con Mikael Jansson alla guida del partito, i Democratici Svedesi cominciarono a scegliere linguaggi e pratiche sempre più simili a quelle dei partiti politici più tradizionali e istituzionali, avviando così un’operazione di “normalizzazione” che via via li portò ad allargare la loro base di sostenitori e ad aumentare gradualmente i consensi.
Con Jansson venne ad esempio vietato l’uso delle uniformi naziste alle riunioni, il partito prese formalmente le distanze dall’ideologia neonazista e cominciò progressivamente ad allontanare i membri più estremisti. Nel 2005, Jansson venne sostituito dall’attuale leader del partito, Jimmie Åkesson, che all’epoca aveva 26 anni e che, circondandosi di un gruppo dirigente di giovani più capaci e attenti alle dinamiche della comunicazione, riuscì infine ad attirare l’attenzione dei media. Åkesson proseguì allontanando chi non si adattava alla nuova immagine più rispettabile del partito: tra il 2014 e il 2018 vennero espulsi circa quaranta membri a causa di dichiarazioni razziste o di legami con organizzazioni razziste. Rinnovò poi il simbolo sostituendo con un fiore la fiamma che conteneva la bandiera della Svezia e, abbandonata l’adesione al parlamento europeo al gruppo Europa della Libertà e della Democrazia diretta (EFDD, quello di Nigel Farage), si unì al gruppo degli euroscettici moderati ECR.
A più di trent’anni dalla nascita, e nonostante gli sforzi di normalizzazione, i Democratici Svedesi sono comunque guardati da buona parte dell’elettorato con grande sospetto e timore, e sono accusati di essere una minaccia per la democrazia, a causa della loro storia e delle loro origini ideologiche. Lo pensa la maggior parte dei loro oppositori politici, ma durante l’ultima campagna elettorale anche i partiti di centrodestra alleati con i Democratici Svedesi si erano detti contrari a sostenere un governo guidato da Åkesson, o che includesse membri del suo partito nei ministeri più importanti. Tuttavia, la questione delle origini ideologiche del partito o di quel che sostengono oggi non sembra essere così importante per l’opinione pubblica.
I Democratici Svedesi basarono fin da subito la loro propaganda politica sulla difesa di una presunta uniformità etnica svedese e sull’ostilità alla religione musulmana, con toni apertamente razzisti. Nel tempo, hanno rimpiazzato la difesa della “razza” con quella della tradizione, fondando il proprio nazionalismo su identità, lingua e cultura comuni. Il partito si oppone fermamente al multiculturalismo: afferma di non essere contrario all’immigrazione in generale, ma dice che le persone possono restare in Svezia a patto che si assimilino agli svedesi, e che l’immigrazione stessa «non costituisca una minaccia» per la loro «identità nazionale», il loro «benessere» e la loro «sicurezza». Nel loro programma i Democratici Svedesi hanno comunque proposto di negare asilo alle persone che chiedono protezione per motivi religiosi o di orientamento sessuale.
Il partito è poi contro la libertà e l’autodeterminazione delle donne, insiste su temi come la sicurezza o il decoro ed è scettico verso l’Unione Europea, ma ha abbandonato l’idea di organizzare un referendum per lasciarla, che in molti avevano già soprannominato “Swexit”. Come altri movimenti populisti di destra, anche i Democratici Svedesi hanno cercato di presentarsi come il partito che difende la gente comune da un’élite corrotta.
Alle prime elezioni a cui si presentarono, le parlamentari del 1988, i Democratici Svedesi ottennero solo lo 0,02 per cento dei voti. A lungo rimasero nell’ordine di pochi decimi, finché nel 2002 superarono per la prima volta l’1%, raccogliendo voti soprattutto nel sud del Paese. Elessero alcune decine di rappresentanti a livello comunale, e ottennero le prime attenzioni sui media. Ma fu soprattutto dal 2010 in poi che la crescita del partito cominciò ad aumentare significativamente: con il 5,7% dei voti, entrarono al Riksdag con 20 parlamentari su un totale di 349. Nel 2014 raddoppiarono ancora arrivando quasi al 13 per cento e riuscendo a eleggere 49 parlamentari.
Il risultato dal 1988 al 2014 dei Democratici Svedesi alle elezioni legislative.
Nel 2018 il partito ottenne poco meno del 18 per cento modificando, di fatto, l’assetto tradizionale dello spazio politico svedese, che fino alla fine degli anni Ottanta si era fondato sull’esistenza di cinque grandi partiti, diventati successivamente sette: ma comunque sempre divisi in due blocchi principali, uno di destra e uno di sinistra. I Democratici Svedesi hanno stravolto il bipartitismo della politica svedese, cominciando a rappresentare, all’interno del sistema dei partiti, un terzo blocco.
Le ragioni dietro alla crescita della destra populista in Svezia sono simili a quelle di altri paesi, e hanno a che fare soprattutto con l’immigrazione. La Svezia è uno dei paesi che in Europa hanno accolto più rifugiati in proporzione al numero di abitanti, e i consensi dei Democratici Svedesi sono cresciuti parallelamente all’intensificarsi della crisi migratoria cominciata nel 2015: quell’anno arrivarono in Svezia, un paese da dieci milioni di abitanti, 163mila migranti.
Sempre in quegli anni, hanno iniziato a imporsi nel dibattito pubblico il tema della criminalità e dell’ordine pubblico e i problemi del paese con le gang criminali, molto cavalcati dai Democratici Svedesi e che hanno costretto anche i partiti tradizionali a irrigidire le loro posizioni. La criminalità nel paese continua comunque a essere molto bassa e diversi studi hanno mostrato come non sia così scontato che il problema delle gang sia collegato alla crisi migratoria degli ultimi anni. Similmente a quanto accade in altri paesi, compresa l’Italia, la narrazione mediatica della criminalità ha dunque creato un problema che non è confermato dai dati e ha fatto crescere un partito che ha messo il tema della criminalità al primo posto.
Le analisi elettorali dicono che i Democratici Svedesi sono votati soprattutto da uomini, da persone che non hanno lavoro o faticano a trovarlo, da persone poco istruite, con redditi medi o bassi. L’elettorato del partito, dicono le ricerche, ha un atteggiamento contrario all’accoglienza dei rifugiati e a una società basata sulla parità di genere, è favorevole all’uscita della Svezia dall’Unione Europea, alla riduzione delle tasse ed è sfiduciato nei confronti della politica tradizionale.