Cosa sta succedendo tra Armenia e Azerbaijan
Nei bombardamenti di questa settimana sono morti circa 100 soldati, e ora si teme una ripresa dei conflitti
Gli scontri armati al confine tra Armenia e Azerbaijan, cominciati lunedì notte, hanno provocato la morte di circa 100 soldati tra i due eserciti, stando alle informazioni riferite dai governi dei due paesi. I bombardamenti erano stati interrotti martedì mattina, anche se non completamente, dopo l’intervento di mediazione della Russia per concordare un cessate il fuoco.
Le ragioni delle ostilità tra Armenia e Azerbaijan sono dovute al fatto che i due paesi si contendono da decenni il controllo del Nagorno-Karabakh, un territorio separatista interno all’Azerbaijan dove la maggioranza della popolazione è armena. I recenti scontri sono stati i maggiori da quando i due paesi concordarono una tregua a novembre del 2020, dopo una guerra durata sei settimane vinta dall’Azerbaijan e al termine della quale l’Armenia fu costretta a fare pesanti concessioni territoriali.
Anche in quel caso fu decisiva la mediazione della Russia, che da quel momento ha inviato migliaia di soldati nel Nagorno-Karabakh per preservare la pace (e sono ancora lì).
A differenza della guerra del 2020, gli scontri di lunedì notte sono avvenuti in alcune zone lungo il confine tra i due paesi, per quanto non lontane dal Nagorno-Karabakh. Non è ancora chiaro come siano cominciati, dal momento che i due paesi si accusano a vicenda di aver attaccato per primi, anche se il grosso dei bombardamenti è avvenuto all’interno del territorio armeno: l’Armenia ha detto di aver risposto ai bombardamenti di alcune sue città che si trovano lungo il confine orientale, dove sono posizionati gli avamposti militari armeni.
Secondo l’Azerbaijan invece è stata l’Armenia a cominciare i bombardamenti, e un portavoce militare azero ha detto che nell’ultimo mese ci sono stati diversi spostamenti dell’esercito armeno lungo il confine che dimostrerebbero come si stesse preparando a «una provocazione militare su larga scala».
Il primo ministro armeno, Nikol Pashinyan, ha detto che secondo una prima stima – non definitiva – negli scontri di lunedì notte sarebbero morti almeno 49 soldati armeni. Il ministero della Difesa dell’Azerbaijan invece ha comunicato 50 morti tra i membri del suo esercito.
Benché la Russia abbia annunciato il successo della sua mediazione che ha portato al cessate il fuoco, Pashinyan ha detto che in realtà gli scontri non sono del tutto finiti, anche se la loro intensità è molto diminuita, e che martedì l’Azerbaijan ha continuato a portare avanti attacchi «su uno o due fronti».
Dall’inizio delle ostilità la Russia è stata una mediatrice fondamentale tra le due parti: è un alleato storico dell’Armenia, che fa parte dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva, un’alleanza militare di sei stati guidata dalla Russia, ma mantiene anche rapporti buoni con l’Azerbaijan, che è un importante fornitore di materie prime.
Solo due settimane fa Pashinyan aveva incontrato a Bruxelles il presidente azero Ilham Aliyev, per discutere un trattato di pace che andasse oltre la tregua temporanea stipulata poco meno di due anni fa. L’Azerbaijan chiede che l’Armenia riconosca la sua sovranità sul Nagorno-Karabakh, così come indicata dai confini internazionalmente accettati, mentre l’Armenia vuole garanzie di una maggiore indipendenza per i suoi connazionali che vivono nella regione.
L’Economist ha ipotizzato che l’Azerbaijan stia approfittando dell’attuale situazione internazionale per costringere l’Armenia ad accettare un accordo alle proprie condizioni: la maggior parte delle energie e delle attenzioni della Russia infatti in questo momento è rivolta all’Ucraina, e se le tensioni tra Armenia e Azerbaijan dovessero peggiorare per la Russia sarebbe difficile intervenire con azioni concrete.
Inoltre, sempre a causa della guerra in Ucraina, di recente è molto aumentata la dipendenza dei paesi europei dalle esportazioni di gas dell’Azerbaijan, che in questo modo potrebbe fare pressioni per avere un maggiore sostegno internazionale.
Il Nagorno-Karabakh è una zona montuosa dell’Azerbaijan abitata in grande maggioranza da armeni e cristiani (il cristianesimo è la religione prevalente in Armenia, mentre l’Azerbaijan è a maggioranza musulmana). Si autoproclamò indipendente nel 1991, nel periodo in cui si dissolse l’Unione Sovietica: fino a quel momento era nell’orbita della musulmana Repubblica Socialista Sovietica Azera, che come l’Armenia faceva parte dell’Unione Sovietica.
La proclamazione dell’indipendenza (che tuttora non è riconosciuta a livello internazionale) provocò gravi scontri, che presto sfociarono in un primo conflitto armato tra Armenia e Azerbaijan, tra il 1992 e il 1994. Nei decenni successivi la situazione è rimasta precaria e ci sono stati scontri continui, fino alla ripresa della guerra di due anni fa.