In Francia si riparla di fine vita
Macron ha avviato una consultazione pubblica che potrebbe portare all'approvazione di una nuova legge, e ci sono varie aperture
Martedì 13 settembre, in Francia, è stato reso pubblico un parere piuttosto atteso sul tema del fine vita, quello del Comitato Etico Consultivo Nazionale (CCNE). Nel parere si apre alla possibilità di un’assistenza attiva alla morte, ma nel rispetto di «un rigido quadro normativo». Il giorno prima, Emmanuel Macron aveva annunciato di voler «modificare il quadro giuridico» sull’eutanasia e il suicidio assistito: «Sono convinto che dobbiamo muoverci perché ci sono situazioni disumane che persistono e alle quali dobbiamo dare risposte», aveva detto.
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Ora, a seguito del parere del Comitato, il governo ha confermato l’inizio di una consultazione aperta a cittadini, operatori sanitari e esperti di bioetica: inizierà a ottobre, durerà sei mesi, e secondo quanto indicato dallo stesso Macron potrebbe portare a una nuova proposta di legge entro la fine del 2023. Il presidente non ha escluso di sottoporre poi la riforma a un referendum.
Nel giugno del 2021 il CCNE aveva istituito un gruppo di lavoro per riflettere sulle questioni etiche del fine vita. Alain Claeys, presentando le conclusioni della discussione in conferenza stampa, ha detto: «Esiste una via per un’applicazione etica all’assistenza attiva alla morte, a determinate condizioni rigorose con le quali appare inaccettabile scendere a compromessi».
Durante la campagna elettorale per essere eletto nuovamente alla presidenza della Francia, Emmanuel Macron aveva dichiarato di voler avviare un «nuovo metodo», per «ridare vita alla democrazia» e coinvolgere di più, nelle future decisioni sul paese, politici e cittadini, sindacati e associazioni. Questa iniziativa, aveva spiegato, sarebbe diventata il tratto distintivo del suo secondo mandato e tra le questioni di cui occuparsi aveva citato esplicitamente la riapertura della discussione sul fine vita, «il diritto a morire con dignità». Aveva detto di desiderare un dibattito pacifico e che tenesse conto delle diverse opinioni.
Macron si è detto favorevole a un modello simile a quello del Belgio, dove a condizioni molto precise e in presenza di una sofferenza fisica o psichica insopportabile, l’eutanasia è consentita. Ma aveva anche detto che, fondamentalmente, la sua opinione personale non avrebbe avuto importanza.
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Oggi in Francia il fine vita è regolato dalla legge Claeys-Leonetti del 2016. Si fonda sul principio del rifiuto dell’eutanasia attiva (che avviene quando il medico interviene direttamente somministrando il farmaco necessario a morire) e del suicidio assistito (cioè la procedura con la quale la persona malata assume autonomamente il farmaco per morire). Ma si fonda, anche, sull’opposizione altrettanto categorica all’accanimento terapeutico. La normativa prevede dunque il divieto di accanimento terapeutico, la possibilità di esprimere le proprie volontà in anticipo, di interrompere le cure su richiesta del malato e di garantire a tutti l’accesso alle cure palliative. E consente la «sedazione profonda e continua fino alla morte» per malati terminali.
L’accesso alla sedazione profonda e continua prevede che la persona coinvolta revochi il consenso ai trattamenti di idratazione e nutrizione artificiali. Dopodiché si procede con la sedazione e vengono staccati i trattamenti di sostegno vitale. La sedazione profonda e continua e il suicidio assistito hanno in comune la volontà libera e consapevole della persona che ne fa richiesta e l’esito finale. La differenza sostanziale riguarda le modalità di esecuzione e di coinvolgimento di terzi, e poi i tempi: col secondo la morte è immediata, mentre con la sedazione profonda e continua il percorso che porta alla morte può durare anche diversi giorni.
In Francia, scrive Libération, il dibattito sul fine vita dura da molto tempo. Al CCNE venne chiesto un primo parere nel 1991 nel quale, in modo molto netto, si disapprovava un «testo legislativo o normativo» che legittimasse «l’atto di dare la morte a un malato». Nel 1998 vi fu una piccola apertura. La Commissione si dichiarò «favorevole a un sereno dibattito pubblico sul problema dell’accompagnamento al fine vita, compresa, in particolare, la questione dell’eutanasia».
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Due anni dopo, il CCNE parlò di «impegno per la solidarietà» e di ricorso all’eutanasia solo in alcuni «casi eccezionali». Dopo che nella legge del 2002 sui “diritti dei pazienti” (nota come legge Kouchner), il fine vita non venne menzionato, nel 2005, con la legge Leonetti “relativa ai diritti dei pazienti e al fine vita” venne vietato l’accanimento terapeutico e la possibilità di sospendere le cure, tra cui nutrimento e idratazione. Approvata all’unanimità, questa legge non fermò comunque il dibattito, tanto che l’allora presidente del CCNE, Didier Sicard, continuò a sostenere che in Francia «si muore male».
Nel frattempo, ci sono stati diversi casi molto noti che hanno continuato a tenere viva la discussione, come quello di Vincent Lambert, un uomo in stato vegetativo dal 2008, morto nel 2019 a seguito della sospensione delle procedure che lo tenevano in vita, dopo anni di cause legali, appelli e ricorsi su cui si era pronunciata anche la Corte europea dei diritti umani.
Nel giugno del 2013 il CCNE diede parere negativo sulla legalizzazione dell’eutanasia, raccomandando però un ampio dibattito pubblico, attraverso l’organizzazione dei cosiddetti “Stati generali del fine vita”. Le conclusioni: sì alla legalizzazione del suicidio assistito, no all’eutanasia, ma con alcune eccezioni, per «casi speciali che non possono rientrare nel quadro del suicidio assistito».
Nel 2016 è stata approvata la legge attualmente in vigore, la Claeys-Leonetti, che aggiornando quella del 2005 introduceva la possibilità della sedazione profonda e continua. Al parlamento sono state fatte diverse proposte di legge per aggiornarla, ma nessuna è mai stata approvata. Forse, scrive Libération, il nuovo e più recente parere del CCNE e la volontà dimostrata da Macron saranno un punto da cui ripartire. Una nuova legge sul fine vita potrebbe portare a un accordo di maggioranza tra la sinistra e parte del centro, mentre verrebbe ostacolata dalla destra e dall’estrema destra.
In Italia l’eutanasia è illegale. Grazie a una sentenza della Corte Costituzionale del 2019 è invece possibile richiedere, ad alcune precise condizioni, il suicidio assistito; e grazie alla legge 219 del 2017 è anche possibile procedere con la sospensione delle cure. Lo scorso marzo, la Camera aveva approvato un testo per regolamentare quanto previsto dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 2019 e cioè che, a determinate condizioni, non fosse punibile l’assistenza al suicidio. Dopo la caduta del governo Draghi, l’esame del testo al Senato è stato però interrotto.
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