L’ultima volta che morì un sovrano del Regno Unito
I funerali di Giorgio VI si tennero nel 1952 nove giorni dopo la sua morte, e per seguirli molte persone comprarono la loro prima tv
L’ultima volta che morì un sovrano del Regno Unito era il 1952, la nazione apprese della notizia attraverso gli annunci radiofonici della BBC e i funerali di Giorgio VI, cui seguì l’anno dopo l’incoronazione di Elisabetta II, contribuirono alla diffusione delle televisioni nelle case delle migliaia di britannici che vollero seguirli da lontano. Il contesto politico, sociale e internazionale era, come è facile immaginare, completamente diverso, ma molti dei rituali del protocollo per la morte di un sovrano rimarranno immutati, settanta anni dopo.
Il regno di Giorgio VI, nato Albert Frederick Arthur George e padre della futura Elisabetta II, durò poco più di 15 anni ed ebbe come evento centrale la Seconda guerra mondiale, durante la quale il re con il suo comportamento e con l’esempio si guadagnò affetto e rispetto dei sudditi. La sua morte, a 56 anni, non fu totalmente inattesa, viste le cattive condizioni di salute: fumatore incallito, nel settembre del 1951 gli era stato diagnosticato un tumore ai polmoni che lo costrinse a farsi asportare l’intero polmone sinistro. Nello stesso periodo sviluppò una forma di aterosclerosi, una malattia vascolare cronica e progressiva. Fu trovato morto alle 7:30 della mattina del 6 febbraio 1952 nel suo letto a Sandringham House, la residenza della famiglia reale nel Norfolk, nell’Inghilterra orientale. La causa del decesso fu in seguito individuata in una trombosi coronarica.
Buckingham Palace, residenza reale a Londra e sede amministrativa della monarchia, fu avvertita via telefono e attraverso la formula in codice “Hyde Park Corner”. La principessa Elisabetta era impegnata con il principe Filippo in un viaggio ufficiale, un tour del Commonwealth, svolto proprio in sostituzione del padre: fu raggiunta dalla notizia in Kenya e organizzò l’immediato ritorno in patria.
La notizia diventò di dominio pubblico con un annuncio ufficiale dato dalla stazione radio della BBC alle 11:15: lo stesso fu ripetuto sette volte a distanza di un quarto d’ora prima che le trasmissioni fossero interrotte da cinque ore di silenzio. Le campane della cattedrale di St. Paul e di Westminster Abbey suonarono ogni minuto per due ore, mentre la campana di Sebastopoli del Castello di Windsor, utilizzata solo in caso di decesso di un reale, fece 56 rintocchi, uno per ogni anno di vita di Giorgio VI.
Alle 5 del pomeriggio il Consiglio di Adesione confermò Elisabetta II come regina e fu dichiarato il lutto nazionale, mentre nel castello di Sandringham cominciava il protocollo che avrebbe portato al funerale nove giorni dopo. La bara di Giorgio VI, costruita con il legno di una quercia cresciuta nei terreni della residenza, venne posizionata nella Chiesa di Santa Maria Maddalena, sempre a Sandringham. Rimase lì fino all’11 febbraio, quando cominciò il trasferimento verso Londra.
Come da tradizione, la bara fu trasportata fino alla vicina stazione ferroviaria di Wolferton sopra un affusto, la base con ampie ruote normalmente utilizzata per trasportare i cannoni, spinto da alcuni militari. In precedenza veniva trainato da cavalli, ma un incidente durante il funerale della regina Vittoria aveva convinto a cambiare il protocollo. In questo primo tratto di percorso la bara era accompagnata dal fratello, il principe Henry, e dal genero, il principe Filippo, mentre la regina Elisabetta seguiva in auto.
I tetti delle locomotive del treno utilizzato fino alla stazione londinese di King’s Cross (ne furono usate due per un’inversione necessaria in una stazione intermedia) erano dipinte di bianco, come da tradizione, mentre prima dell’arrivo a Londra sulla bara fu collocata la corona imperiale di stato. Un altro affusto di cannone trasportò la bara fino al Palazzo di Westminster e alla Westminster Hall dove la attendevano i membri del parlamento britannico e dove era prevista l’esposizione pubblica della salma.
La processione fu trasmessa in televisione per la prima volta nella storia e l’evento causò una prima crescita nella vendita degli apparecchi televisivi nel Regno Unito. Westminster Hall fu tenuta aperta al pubblico per tre giorni: arrivarono 304.000 persone e le cronache del tempo parlarono di code lunghe più di sei chilometri.
Il funerale avvenne nella mattina del 15 febbraio, con un altro trasferimento su un affusto di cannone e poi in treno dalla Stazione di Paddington fino al Castello di Windsor. Il corteo funebre era guidato dalle bande musicali della Royal Air Force e delle Guardie Gallesi e ospitava rappresentanze militari di Rhodesia (l’attuale Zimbabwe), Ceylon (l’attuale Sri Lanka), Pakistan, India, Sudafrica, Nuova Zelanda, Australia e Canada. La bara era seguita dalla carrozza reale che ospitava Elisabetta II e i membri femminili della famiglia reale, mentre i quattro duchi reali accompagnavano il corteo a piedi.
Circa venti sovrani stranieri presero parte al corteo, in cui erano presenti anche quasi altrettanti capi di stato stranieri o loro rappresentanti (il presidente americano Harry Truman aveva inviato il segretario di stato Dean Acheson in sua rappresentanza). Per l’Italia c’era il presidente della Camera Giovanni Gronchi, che in seguito sarebbe diventato Presidente della Repubblica (1955-1962), l’Unione Sovietica inviò l’ambasciatore Georgy Zarubin, mentre non ci furono delegazioni della Cina e dell’Albania: quest’ultima non aveva rapporti diplomatici con il Regno Unito. Fra le assenze si fece notare anche quella del re del Belgio Baldovino, dopo una dura polemica che aveva opposto suo padre Leopoldo III al primo ministro britannico Winston Churchill: Churchill aveva criticato il sovrano per essere rimasto nel paese occupato dai nazisti.
Alcuni sovrani e principi reali in esilio non parteciparono al funerale a Londra ma all’interramento, in forma privata e non ripreso dalle televisioni, nel castello di Windsor, ultima tappa del corteo funebre. La cerimonia nella cappella di San Giorgio fu officiata dagli arcivescovi di Canterbury e di York. George Villiers, conte di Clarendon e Lord Chamberlain (lord ciambellano), ufficiale della corte inglese nonché segretario privato del sovrano, portò avanti la tradizione di rompere simbolicamente il “bastone del comando”, piazzandone metà sulla bara prima dell’interramento.
Elisabetta II fu incoronata ufficialmente solo il 2 giugno 1953: l’organizzazione della cerimonia durò 14 mesi, una commissione per l’incoronazione era stata istituita nell’aprile 1952 a guida del marito di Elisabetta, il principe Filippo.
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