La richiesta di censura di un episodio di Peppa Pig
L'hanno fatta politici di centro e di destra, perché contrari a mostrare una famiglia con due mamme: ma è soprattutto propaganda
Da alcuni giorni nella politica italiana si sta discutendo di un episodio del cartone animato Peppa Pig, andato in onda lo scorso martedì nel Regno Unito, che mostra per la prima volta nella storia del cartone una coppia omosessuale: si tratta delle due madri di un personaggio da poco introdotto nella serie, Penny Polar Bear, amico della protagonista. Diversi politici italiani di destra hanno criticato l’episodio di Peppa Pig e hanno chiesto preventivamente alla RAI – sulle cui reti va in onda la versione italiana della serie – di non trasmetterlo.
Ne è nato un dibattito non tanto sul cartone animato in sé, quanto piuttosto sulle idee dei partiti in merito ai diritti delle coppie omosessuali e sull’opportunità che queste abbiano dei figli: in giorni di campagna elettorale, per molti politici è stata l’occasione di posizionarsi su un tema importante. Oltre alle polemiche però c’è stato poco di concreto, anche perché l’episodio non è mai andato in onda in Italia e al momento non è in programma: la RAI, che non ha commentato ufficialmente la questione, non può trasmetterlo perché non è ancora scaduta l’esclusiva della piattaforma Disney+ sugli episodi usciti più di recente (l’episodio non compare nemmeno nella versione italiana di Disney+).
Peppa Pig è un cartone animato britannico rivolto soprattutto a bambini che ancora non hanno l’età per andare a scuola: è diffusissimo in molti paesi e nel suo genere è uno dei più famosi e apprezzati al mondo.
Si è iniziato a parlare di questa storia da quando venerdì scorso il responsabile Cultura di Fratelli d’Italia – il deputato Federico Mollicone, che è candidato alla Camera in un collegio plurinominale del Lazio – aveva chiesto alla RAI di non pubblicare l’episodio «su nessun canale o piattaforma web», dopo aver definito «inaccettabile la scelta degli autori del cartone animato Peppa Pig di inserire un personaggio con due mamme». Mollicone aveva commentato la notizia rilanciando una richiesta dell’associazione Pro Vita & Famiglia (che ha una lunga storia anche nei movimenti antiabortisti italiani).
Mollicone, che è anche membro della Commissione parlamentare di vigilanza della RAI, non aveva però avviato alcuna vera azione per bloccare l’episodio di Peppa Pig.
Domenica lo hanno fatto invece due ex parlamentari, Carlo Giovanardi e Luisa Santolini, che hanno inviato un esposto al Comitato per l’applicazione del Codice di autoregolamentazione media e minori: è un organo del ministero dello Sviluppo economico composto da rappresentanti delle istituzioni, delle emittenti e degli utenti, che si occupa di far rispettare alcune regole sulla programmazione per tutelare i minori che guardano la televisione.
Le regole sono contenute nel Codice di autoregolamentazione media e minori, e valgono per tutte le emittenti italiane: se il Comitato accerta una violazione, può sanzionare un’emittente, chiederle di modificare o sospendere un programma, oppure imporre che venga data notizia in certi tempi e spazi (in un telegiornale, per esempio) della violazione commessa.
Questi provvedimenti per la verità non sono molto frequenti, anche se l’ultimo è di poco tempo fa: a giugno il Comitato aveva giudicato alcune scene di una puntata della serie 911, su RAI 2, come «di inaudita violenza» e «mandate in onda senza l’adozione di opportuni accorgimenti rafforzati», sempre dopo una segnalazione di Giovanardi e Santolini. Le conseguenze però erano state piuttosto modeste ed erano arrivate sei mesi dopo la trasmissione dell’episodio: a RAI 2 era stato imposto di dare notizia di questo giudizio in un «notiziario di massimo ascolto».
Il caso dell’episodio di Peppa Pig però è ancora diverso, perché non è mai stato trasmesso in Italia (e non è detto che succeda), mentre le competenze del Comitato riguardano soltanto i programmi che sono già andati in onda: si possono inviare segnalazioni infatti solo se riferite a «un programma trasmesso non oltre 40 giorni prima» e bisogna indicarne il titolo, il canale e la data di trasmissione.
Contattato dal Post, Giovanardi – che nella sua lunga carriera politica è stato ministro dei Rapporti con il Parlamento e sottosegretario con delega alle Politiche per la famiglia – ha in effetti confermato che l’esposto inviato da lui e da Santolini è stato fatto arrivare al presidente del Comitato per email, e non attraverso una segnalazione formale: «Lo facciamo in senso preventivo», ha detto Giovanardi, poi spetterà al Comitato verificare se ci siano gli estremi per una «diffida preventiva». Non è chiaro quindi che genere di risposta possa dare il Comitato a questo esposto e se possa condizionare in qualche modo una futura decisione della RAI di mandare in onda l’episodio, ma stando al sito del governo non sembra rientrare fra le sue competenze.
Giovanardi ha anche detto di non aver visto l’episodio di Peppa Pig in questione, ma di aver deciso di inviare l’esposto dopo che molti giornali avevano dato notizia della possibilità che fosse trasmesso.
Il testo ha avuto comunque una certa visibilità sui giornali, dopo essere stato diffuso attraverso le agenzie di stampa. All’interno si dice che un episodio del genere violerebbe il Codice di autoregolamentazione media e minori perché conterrebbe riferimenti a pratiche che in Italia sono illegali: in Italia alle coppie omosessuali, così come ai single, è vietato il ricorso alle tecniche di procreazione assistita, che permettono di fare figli a chi non riesce ad averli in modo naturale.
Per poter fare un figlio, le coppie omosessuali e i single italiani devono andare all’estero, con percorsi lunghi e molto costosi.
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Il testo del Codice di autoregolamentazione però non contiene riferimenti così specifici, è composto da articoli che sono interpretabili e che non sono facilmente applicabili alla sceneggiatura di un cartone animato. A questo proposito l’esposto fa riferimento anche all’articolo 414 del codice penale, che riguarda l’istigazione a commettere reati, ma non viene spiegato chiaramente in che modo l’episodio di Peppa Pig compierebbe questa istigazione.
L’esposto di Giovanardi e Santolini dice solo che in Italia «la fecondazione eterologa è permessa soltanto tra un uomo ed una donna mentre il ricorso al cosiddetto utero in affitto è reato penalmente perseguibile: pertanto non possono esistere né in natura né legalmente due mamme, mentre nella realtà per concepire un figlio esiste un padre di cui si è utilizzato il patrimonio genetico».
Le famiglie omogenitoriali però esistono nei fatti anche in Italia, dove nonostante gli inviti della Corte Costituzionale non c’è ancora una legge sul riconoscimento del legame di parentela tra i figli e il genitore intenzionale (quello che non ha legami biologici e/o genetici col figlio ma che ha firmato il consenso informato per il suo concepimento).
Proprio su questo argomento c’è uno sviluppo recente che va nella direzione del riconoscimento di questo legame di parentela: giovedì scorso il tribunale di Bari ha respinto la richiesta della famiglia della madre di una bambina nata all’estero in una coppia omogenitoriale di cancellare dall’atto di nascita il nome dell’altra madre, quella con cui la bambina non aveva legami genetici.
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