Cento anni che si corre a Monza
La pista più veloce della Formula 1 fu costruita in pochi mesi nel 1922 e ospita il Mondiale fin dalla sua prima edizione
di Pietro Cabrio
È arrivato anche quest’anno il momento in cui la Formula 1 corre all’autodromo di Monza il Gran Premio d’Italia. Se le cose per la Ferrari non vanno benissimo, a Monza si attende un fine settimana speciale per via delle ricorrenze, dato che quest’anno l’autodromo dentro il Parco di Monza compie cento anni.
Con settantuno Gran Premi ospitati, è la pista dove la Formula 1 ha corso più volte nella sua storia, la terza più vecchia al mondo e l’unica tra queste in cui la Formula 1 corre ancora oggi. Da quando esiste il Mondiale non si è corso solamente nel 1980, anno in cui il Gran Premio d’Italia fu organizzato all’Autodromo di Imola.
Per la storia, le caratteristiche tecniche del circuito e per le decine di migliaia di tifosi che ogni anno riempiono gli spalti di Monza, il Gran Premio d’Italia è uno dei più attesi e importanti dell’intero Mondiale.
La pista dell’autodromo è la più veloce del campionato, con le auto che arrivano a tenere una velocità media sul giro di circa 260 chilometri orari. I suoi 5,7 chilometri di lunghezza vengono percorsi in circa 1 minuto e 21 secondi (1:21,046 è il record stabilito da Rubens Barrichello nel 2004) per un totale di 53 giri. In altre parole, si tiene il piede sull’acceleratore fino in fondo per quasi tutto il tempo del giro. Inoltre i lunghi rettilinei presenti nel tracciato, e qualche brusca frenata necessaria, permettono più o meno agevolmente i sorpassi.
Nello stesso anno del record di Barrichello, durante le prove, fu il pilota colombiano Juan Pablo Montoya, alla guida della Williams FW27, a raggiungere la velocità media più alta nella storia della Formula 1 in un weekend di gara ufficiale. Montoya percorse il circuito di Monza a una media di 262,24 chilometri orari.
Nella sua forma originale — molto meno complessa di quella attuale — venne costruito in poco più di tre mesi, e fu il terzo al mondo realizzato appositamente per l’automobilismo sportivo, dopo Brooklands nel Regno Unito e Indianapolis negli Stati Uniti. Aprì ufficialmente il 3 settembre 1922 e ospitò il primo Gran Premio d’Italia appena una settimana dopo.
Uno dei punti del circuito più noti e amati tra gli appassionati è la cosiddetta curva “parabolica”, l’ultima curva prima del rettilineo del traguardo e dopo un altro lungo rettilineo parallelo a quello finale. È da sempre una curva fondamentale dal punto di vista tecnico perché percorrerla bene, e il più velocemente possibile, permette ai piloti di ottenere un buon tempo in due diversi giri: quello che si conclude e quello che comincia (uscire presto dalla curva, in piena accelerazione, permette di raggiungere prima la velocità massima possibile sul lungo rettilineo del traguardo).
La curva parabolica – creata e introdotta nel tracciato di Monza a partire dal 1955 – si chiama così perché la parte finale riproduce parzialmente un arco di parabola. Il disegno della curva, nella sua parte finale, segue quello delle due curve ad alta velocità del complesso appartenente al vecchio tracciato, completamente abbandonato per ragioni di sicurezza a partire dal 1969. Sulla pista di Monza utilizzata in quegli anni, per capirci, c’erano curve sopraelevate la cui pendenza crescente verso l’esterno raggiungeva in alcuni casi un’inclinazione di più 30 gradi rispetto al piano orizzontale.
Velocità e pendenze tipiche del vecchio circuito contribuirono nel corso degli anni a un gran numero di incidenti. Durante il secondo giro del Gran Premio del 1961, per esempio, proprio all’ingresso della curva parabolica la Lotus dello scozzese Jim Clark toccò la Ferrari del tedesco Wolfgang von Trips, che finì fuori pista ad altissima velocità sfondando le reti di protezione e travolgendo la parte esterna del circuito, dove si trovavano decine di spettatori. Nell’incidente morirono quindici persone, tra cui lo stesso von Trips. Per numero di persone coinvolte e di morti, è considerato il più grave incidente nella storia della Formula 1.
Gli incidenti non sono mancati neanche nel tracciato moderno. La gara del 1993 fu vinta dal britannico Damon Hill, che guidava la Williams, la più performante in quella stagione. Non fu una gara memorabile se non per il clamoroso ritiro del campione francese Alain Prost a causa della rottura del motore – guidava l’altra Williams e partiva dalla pole position – e, soprattutto, per un bizzarro incidente che capitò sulla linea del traguardo tra le due macchine della vecchia Minardi. Quella dell’italiano Pierluigi Martini, ormai praticamente sicuro del settimo posto, fu toccata da quella del compagno di squadra brasiliano, Christian Fittipaldi, che decollò letteralmente dalla pista per riatterrare dopo una “capriola” completa. In questo modo tagliò regolarmente il traguardo, all’ottavo posto.
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