Perché lo chiamiamo re Carlo e non Charles
Per una vecchia consuetudine con i nomi stranieri, di cui ora ci stiamo liberando
Con la morte della regina Elisabetta II nel Regno Unito è diventato re suo figlio Carlo, col nome di Carlo III. Naturalmente Carlo non si chiama Carlo, ma Charles: così come Elisabetta si chiamava Elizabeth. Ma in Italia i loro nomi sono probabilmente gli ultimi ad avere conservato una antica consuetudine – risalente a quando le lingue straniere erano più estranee e le culture straniere meno accessibili – di traduzione dei nomi propri dei personaggi famosi (più visibile ancora nei nomi propri delle città straniere, per esempio: Londra, Parigi, eccetera). Ci sono molti esempi storici che non riguardano solo i reali e non solo i nomi propri, spesso resi eterni dalle targhe lapidee sui nomi delle vie delle città italiane: Abramo Lincoln, Tommaso Moro, Beniamino Franklin, Giorgio Washington, Calvino, Giovanna D’Arco, Copernico, Leone Tolstoj, Martin Lutero, Maria Stuarda, Giuseppe Stalin, e tanti altri (esistono anche occorrenze di “Guglielmo Shakespeare”).
Da quando la globalizzazione anche culturale ha reso più permeabili le singole culture e aumentato la circolazione delle informazioni e delle lingue, è diventato più familiare l’uso dei nomi originali nelle lingue rispettive, e anche quello dei rappresentanti delle famiglie reali: gli eredi della regina Elisabetta e del principe Carlo (che ha avuto due mogli i cui nomi non è stato necessario italianizzare, Diana e Camilla) sono noti anche da noi coi loro nomi di William e Harry, così come le loro mogli Kate e Meghan.
Ciò nonostante, in ragione del fatto che il principe Charles è sempre stato chiamato Carlo in Italia per i motivi suddetti, i mezzi di informazione italiani – e anche il Post – lo chiameranno ora re Carlo III.