Ci sono dubbi sull’ultima iniziativa politica di Macron
Il presidente francese ha aperto il Consiglio nazionale per la Rifondazione, per coinvolgere nelle grandi decisioni politici, cittadini e associazioni
Durante la sua campagna elettorale per essere eletto nuovamente alla presidenza della Francia, ad aprile, Emmanuel Macron aveva dichiarato di voler avviare un «nuovo metodo», per «ridare vita alla democrazia» e coinvolgere di più, nelle future decisioni sul paese, politici e cittadini, sindacati e associazioni. Questa iniziativa, aveva spiegato, sarebbe diventata il tratto distintivo del suo secondo mandato. Dopo essere stato rieletto, e a distanza di mesi da quelle dichiarazioni, Macron ha avviato oggi quel nuovo spazio di discussione inaugurando il Consiglio Nazionale per la Rifondazione (CNR).
Ancor prima di cominciare, l’iniziativa è stata però criticata e boicottata da alcuni dei soggetti che erano stati invitati, a cominciare dai partiti di opposizione e da qualche sindacato. In generale, non è molto chiaro che cosa sia questo Consiglio Nazionale per la Rifondazione, come lavorerà o a che cosa concretamente porterà.
Senza dare molti dettagli, la creazione del CNR era stata annunciata da Macron lo scorso giugno. Secondo le sue dichiarazioni iniziali l’iniziativa avrebbe dovuto «riunire la nazione» intorno a grandi temi e priorità come scuola, salute, transizione ecologica, vecchiaia, piena occupazione e industrializzazione. E avrebbe dovuto coinvolgere tutte le forze politiche, economiche, sociali, associative, i rappresentanti eletti dei territori e alcuni cittadini scelti tramite sorteggio. Il CNR, aveva poi chiarito il portavoce del governo Olivier Véran, sarà un «nuovo metodo» più che una nuova «struttura».
Il nome scelto e soprattutto l’acronimo CNR, ha spiegato tra gli altri Libération, fanno riferimento al Consiglio Nazionale della Resistenza, che durante la Seconda guerra mondiale coordinò i vari movimenti della resistenza interna francese e che rappresenta un simbolo della storia del paese. «Viviamo in un tempo simile. Siamo in un’epoca storica che richiede un profondo cambio di modello, e poi la guerra è arrivata», aveva detto Macron presentando il CNR a giugno e facendo riferimento alla guerra della Russia contro l’Ucraina.
La scelta del nome era stata fin dall’inizio molto criticata: «Un paragone pericoloso», aveva ad esempio commentato Loïc Blondiaux, politologo e professore di scienze politiche a Parigi. Non è comunque la prima volta che Macron fa parallelismi storici così espliciti e rischiosi: dopo mesi di proteste organizzate nel 2018 dai “gilet gialli”, il presidente aveva indetto un “grande dibattito nazionale” chiamandolo «cahiers de doléances», facendo riferimento in quel caso ai registri nei quali le assemblee incaricate di eleggere i deputati agli Stati Generali, convocati nel 1789 da Luigi XVI, annotavano critiche e lamentele della popolazione, che avevano soprattutto a che fare con la richiesta di limitare il potere del sovrano attraverso leggi che istituissero un parlamento.
Molti giornali sono concordi nel dire che questo nuovo spazio di discussione è sicuramente il tentativo di Macron di introdurre, per questo suo secondo mandato, una maggiore “orizzontalità” e collegialità nel processo decisionale. I primi cinque anni della sua presidenza erano stati infatti molto criticati per quella che i suoi avversari politici e i giornali avevano definito “verticalità”: e cioè la mancanza di un confronto e di un dialogo.
I lavori del CNR sono cominciati oggi a Marcoussis, poco a sud di Parigi e all’interno del Centre national du rugby, il cui acronimo è sempre CNR.
Sono presenti il partito del presidente, La République en Marche, e i loro alleati centristi, MoDem: il leader François Bayrou è stato anzi nominato segretario generale del CNR e probabilmente presiederà i dibattiti. L’ex primo ministro francese Edouard Philippe (che nel frattempo ha fondato un partito che ha chiamato Horizons) è ufficialmente in Québec e dunque ha mandato un suo rappresentante. Ci sono tre organizzazioni sindacali e le principali associazioni dei funzionari locali eletti: quella che rappresenta i sindaci e l’assemblea dei dipartimenti e delle regioni. Entrambe, dopo molte perplessità, hanno accettato di partecipare dopo un incontro privato con Macron lo scorso lunedì.
Ma è forse più significativo, spiegano i quotidiani francesi, dire chi ha deciso di non partecipare: i partiti di opposizione, innanzitutto, da Rassemblement national di Marine Le Pen a La France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon, passando per i socialisti e gli ambientalisti. Non solo hanno scelto di non sedersi al tavolo, ma hanno anche boicottato l’iniziativa. Gérard Larcher, di Les Républicains, presidente del Senato e dunque terza figura dello Stato, ha rifiutato l’invito per Marcoussis: «Penso che questo organismo non possa realizzare il rinnovamento della democrazia a cui lei aspira», ha scritto in una lettera ufficiale a Macron.
Tra i sindacati che non partecipano c’è la CGT, una delle più grandi confederazioni sindacali del paese. Lunedì 5 settembre il segretario generale Philippe Martinez ha mandato una lettera a Emmanuel Macron in cui parlava di «mancanza di rispetto»: diceva di essere stato avvertito troppo tardi dell’incontro, che non era stato dato alcun dettaglio su partecipanti, modalità, forma e aspettative. Martinez ha anche ricordato che nel 1943 la CGT si schierò con il CNR, il Consiglio Nazionale della Resistenza, «prima che questa sigla venisse svuotata dal suo significato».
Tra le opposizioni, nell’opinione pubblica e persino all’interno della maggioranza presidenziale, il Consiglio Nazionale per la Rifondazione, dice Le Monde, «fatica a convincere», soprattutto perché gli altri tentativi simili voluti e organizzati in passato da Macron, come il “grande dibattito nazionale” del 2019, non hanno di fatto avuto né un grande impatto né conseguenze significative. Non è poi chiaro quali saranno gli esiti dei dibattiti, se referendum, decreti, trattative con le parti sociali o altro. «Questo nuovo tentativo è come un petardo bagnato: una promessa di concertazione e di presa in considerazione della società che non è più credibile», ha detto il politologo Loïc Blondiaux.
L’iniziativa, inoltre, si inserisce in un nuovo contesto istituzionale: alle elezioni legislative dello scorso giugno, Macron ha perso la maggioranza assoluta all’Assemblea nazionale. Da allora, il parlamento «ha ritrovato una forma di centralità nel dibattito politico e può apparire come un luogo in cui l’espressione di opposizione e controproposta diventa nuovamente possibile», spiega Loïc Blondiaux. «Il riequilibrio istituzionale sminuisce l’interesse e l’apparente utilità del CNR» che rischia anzi di trasformarsi nella volontà di scavalcare il parlamento stesso. E ancora: se «si manterrà questa vaghezza intorno al modo di operare, alla composizione precisa e all’agenda del CNR, il potere farà ciò che ha fatto finora, cioè selezionare ciò che gli interessa e ciò che è già in linea con i suoi orientamenti strategici».
Alcuni giornali francesi scrivono infine che alcuni partecipanti hanno rifiutato di farsi filmare e che l’incontro si sta dunque svolgendo a porte chiuse e senza la presenza della stampa. Questo non solo ha tolto a Macron l’occasione di dare visibilità alla sua stessa iniziativa ma appare in contrasto con l’obiettivo dell’iniziativa stessa: rilanciare un processo democratico partecipato e trasparente.
In mattinata, prima dell’inizio della discussione, Macron ha tenuto un breve discorso. Ha annunciato che la prossima settimana sarà avviata una «larghissima consultazione nazionale» online e sul territorio per coinvolgere i francesi «nelle grandi scelte della nazione»: «Voglio che ci siano dibattiti sul campo, che possano essere online, che possano essere aperti. Tutto questo merita trasparenza, apertura», ha detto. Continua però a non essere chiaro l’obiettivo concreto della discussione. Il presidente della Repubblica ha solo detto di non escludere che le proposte del CNR possano «portare a dei referendum»: «Se il processo che stiamo avviando oggi ci consentirà un seguito, lo faremo».
Emmanuel Macron ha infine criticato chi non ha accettato di partecipare all’incontro: «Gli assenti hanno sempre torto», ha detto. «Sono state invitate cinquantadue persone in rappresentanza di forze politiche, sindacati e funzionari eletti, quaranta ci sono. I dodici che non ci sono hanno torto». Macron, assicurando che comunque «la porta sarà sempre aperta», ha spiegato che per gli assenti sarà più complicato continuare ad accusarlo di non essere abbastanza orizzontale nel processo decisionale.