Una canzone dei Fountains of Wayne

“Metti che ci ripensi”

(Kevin Winter/Getty Images)
(Kevin Winter/Getty Images)
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Le Canzoni è la newsletter quotidiana che ricevono gli abbonati del Post, scritta e confezionata da Luca Sofri (peraltro direttore del Post): e che parla, imprevedibilmente, di canzoni. Una per ogni sera, pubblicata qui sul Post l’indomani, ci si iscrive qui.
Oggi mi ha scritto Matteo Bordone per parlarmi di Corey Hart, di cui mi ricordavo a malapena il nome, due canzoni , e i capelli dritti in testa: credo che le ragioni dell’interesse di Matteo saranno in uno dei suoi prossimi podcast mattutini.
C’è un disco nuovo dei Mountain Goats, ispirato da classici del film d’azione ( qui su Spotify ) e con una copertina da poliziottesco : a me non ha eccitato granché, salvo la ” title track ” che se ne va confortevole e allegra, malgrado il protagonista sia un personaggio da film che finisce morto in una pozza di sangue.
Della totale inutilità – anzi offensiva per l’originale – della ” canzone ” di Elton John e Britney Spears vi sarete accorti da soli.
Invece è uscita una collaborazione tra gente brava – tuttora brava – due settimane fa: una canzone dei National assieme ai Bon Iver (o “a” Bon Iver).
Ho visto la serie ambientata a Chicago che si chiama The Bear , di quelle coi personaggi simpatici abbastanza da compensare la trama con pochi sviluppi e imprevisti. E piena di gran canzoni, almeno due delle quali passate da questa newsletter, una due .
Mentre in Frances Ha il film di Noah Baumbach che non avevo mai visto per cui ho capito perché tutti dicevano di lui “il nuovo Woody Allen” (il vecchio Woody Allen, sarebbe stato più corretto) c’è un bell’uso di una canzone molto meno raffinata – e molto meno snob delle musiche di Woody Allen – come Every1’s a winner degli Hot chocolate.

Hackensack
Fountains of Wayne

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Il tema di fuggire dalla provincia pigra, deprimente e priva di opportunità (o nel migliore dei casi confortevole e paralizzante) ha ispirato letteratura e arti per decenni e ormai secoli in ogni posto del mondo, Italia compresa: essendo nei fatti un pezzo della vita di tantissime persone, che quella fuga sia avvenuta o no. Letteratura e arti di solito raccontano di chi è fuggito, dei suoi ricordi, dei suoi successi, o dei suoi fallimenti: si tratta di storie di migranti, in fin dei conti, alleviate dal non dover affrontare lingue diverse e persone diverse. Lou Reed e John Cale hanno descritto con particolare sprezzo la fuga da una Small town di Andy Warhol.

When you’re growing up in a small townYou know you’ll grow down in a small townThere is only one good use for a small townYou hate it and you’ll know you have to leave

Poi c’è chi non è fuggito, ed è rimasto: a volte con serena soddisfazione, o persino felicità, altre con rimpianti, o semplici curiosità di cosa avrebbe potuto essere. Anche nelle canzoni chi è rimasto è meno rappresentato, ma c’è: la canzone più travolgente che mi viene in mente è di Springsteen, gran raccontatore di fuggiti, ed è Bobby Jean , storia di chi scopre che qualcuno di caro l’ha fatto, se n’è andato, e che ha probabilmente fatto bene. Ma magari poteva salutare.

I Fountains of Wayne sono una band newyorkese durata una quindicina d’anni tra gli anni Novanta e il decennio successivo: di quelle che prosperavano allora soprattutto tra i pubblici giovani e universitari americani, rock bianco di chitarre, vivace e melodico con voci candide e senza essere troppo ribelli: un loro disco andò forte, nel 2003, e aveva dentro Hackensack .
Hackensack è una città di meno di cinquantamila abitanti a ridosso di New York, nel New Jersey già di simili narrazioni springsteeniane: la canzone racconta di lui che è rimasto e lavora con fatica e frustrazioni nell’impresa di costruzioni del padre, ma vede le foto e i film di lei che ha avuto successo in California (che può essere un lui, come anche in Bobby Jean ) e si ricorda di loro due insieme da ragazzi. L’autore stesso ha detto una volta che è una specie di remake “pulito” di Centerfold della J.Geils Band: che aveva pensieri più espliciti su di lei ed ebbe qualche successo internazionale negli anni Ottanta.
Hackensack è una bella canzone dolce e malinconica su un andamento canticchiabile ma malinconico anche lui, che sfrutta il suono niente male della città del titolo ed è capace di una rima saporita come
I saw you talking
to Christopher Walken

Poi tutto può essere metafora, e magari lei/lui l’abbiamo solo perduta/perduto e non ci abbiamo mai messo una pietra sopra. “Se per caso torni a Hackensack” può essere una bella espressione per dire “metti che ci ripensi”.
Uno dei due fondatori e compositori della band è morto per complicazioni da Covid nel 2020, e gli altri hanno si sono ritrovati a suonare Hackensack per lui (c’era stata pure una cover di Katy Perry, nel 2009).

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