La controffensiva ucraina a Kherson sarà lunga
Procede lentamente e mira a obiettivi di scala ridotta, anche se avrebbe bisogno di mostrare agli alleati progressi più significativi
Questa settimana alcuni funzionari ucraini hanno diffuso qualche informazione in più su come stia andando la controffensiva a Kherson, nel sud del paese, dopo che per giorni le notizie ufficiali erano state molto poche. Gli ufficiali ucraini hanno detto di aver riconquistato due piccole città e hanno smentito quelli russi, che avevano definito la controffensiva un «fallimento». Sembra però che l’esercito ucraino non stia guadagnando molto terreno e si voglia concentrare più che altro su obiettivi di scala ridotta, in parte per la mancanza di risorse e soldati e in parte perché la sua strategia è di affaticare le linee nemiche colpendo i rifornimenti a distanza, rendendo difficile per i russi mantenere le proprie posizioni.
L’affidabile centro studi statunitense Institute for the Study of War, che segue quotidianamente l’andamento della guerra, ha scritto che la controffensiva a Kherson sta «danneggiando in maniera tangibile la logistica e la capacità amministrativa russe nell’Ucraina del sud».
Kherson si trova nella parte meridionale del paese, lungo il fiume Dnepr, e fu conquistata dalla Russia nei primi giorni dell’invasione. Al suo interno i russi stanno compiendo violenze, intimidazioni e tentativi di assimilazione forzata della popolazione ucraina. Lunedì, dopo che erano cominciate a circolare le notizie sull’andamento della controffensiva ucraina, le autorità locali hanno annunciato che un referendum sull’annessione della regione alla Russia sarebbe stato posticipato per motivi di sicurezza. La notizia è stata accolta come un sintomo del fatto che la controffensiva ucraina sta preoccupando le autorità russe nella città occupata.
Kherson è importante soprattutto perché è una via di accesso alla città portuale di Odessa, obiettivo russo dall’inizio della guerra, e di conseguenza al mar Nero. La regione in cui si trova contiene inoltre acquedotti e canali che trasportano acqua verso la penisola ucraina della Crimea, controllata dai russi.
Marc Champion su Bloomberg scrive che la controffensiva di Kherson sta andando più o meno allo stesso ritmo di quella russa nel Donbass, ma le dimensioni delle rispettive operazioni sono molto diverse. A Kherson l’esercito ucraino sta impiegando molte meno risorse e munizioni, e sta subendo meno perdite. Anche la quantità di territorio è imparagonabile: nel Donbass si combatte su un fronte lungo centinaia di chilometri, a Kherson è di poche decine.
Questo significa che gli ucraini non hanno bisogno di enormi conquiste territoriali per ottenere risultati: «Le circostanze delle due campagne sono così differenti che quello che conta come un fallimento nel Donbass può essere un successo a Kherson», ha scritto Champion sentendo un esperto militare.
Entrambe le parti sembrano aver realizzato di non poter muovere un’offensiva troppo estesa, per paura di perdere troppi uomini e mezzi. L’Ucraina per il momento si sta limitando a utilizzare i lanciarazzi HIMARS forniti dagli Stati Uniti, danneggiando sistematicamente le linee di rifornimento nemiche e lasciando le truppe al fronte senza i mezzi necessari. Questa strategia fa comodo all’esercito ucraino perché gli permette di conservare risorse, ma gli fa anche perdere molto tempo e questo potrebbe allungare la durata della controffensiva: con l’autunno e le piogge la regione di Kherson, molto ricca di acque, diventa un acquitrino fangoso e impraticabile.
Tuttavia, scrive Champion, l’Ucraina ha bisogno di mostrare ai paesi occidentali alleati un progresso significativo sul campo di battaglia, per rendere più sopportabili le conseguenze economiche della guerra che questi paesi stanno subendo ed evitare la cosiddetta war fatigue, ossia la “stanchezza” per il prolungarsi dei combattimenti che potrebbe far venire meno l’assistenza fornita agli ucraini. È un sentimento che invece la Russia sta tentando in tutti i modi di suscitare, interrompendo pretestuosamente le forniture di gas all’Europa e provocando un rincaro eccezionale dei prezzi di energia e carburante.
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